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La NBA si domanda: come si ferma una striscia di successi degli Houston Rockets?

NBA

Houston arriva al derby texano contro San Antonio (in diretta streaming su skysport.it domenica alle 21.30) reduce da 11 vittorie consecutive; la terza volta in stagione che i Rockets mettono assieme una striscia del genere. Chi è riuscito in questa regular season a battere i ragazzi di D’Antoni?

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A San Antonio ci stanno ragionando già da 24 ore, forti di un giorno in più di riposo in vista della sfida casalinga contro Houston. Il fattore campo, con gli avversari con un viaggio da smaltire (350 km, molto meno rispetto al solito, 55 minuti di volo) e poco altro. Un vantaggio di poco conto per provare a mettere i bastoni tra le ruote a una corazzata lanciata a pieni giri come i Rockets. Un dato su tutti: dal 6 gennaio a oggi Houston ha vinto 32 partite, perdendone soltanto due; contro i Pelicans il 26 gennaio nell’ultima gara stagionale di DeMarcus Cousins e il 9 marzo contro i Raptors (l’unica secondo le previsione di inizio 2018 in cui Harden e compagni partivano da sfavoriti). Già, se esiste una vera bestia nera nella stagione semi-perfetta di Houston sono proprio i canadesi, in grado di battere i texani sia al Toyota Center che nel pieno della striscia da 17 successi. Un 108-105 arrivato nonostante un super James Harden da 40 punti e 15/22 al tiro. Il Barba in quell’occasione riuscì a segnare per l’ennesima volta in questa regular season il canestro del pareggio a 130 secondi dalla sirena, prima di vedere DeRozan in isolamento affidarsi al suo marchio di fabbrica: il jumper dal palleggio dalla media nonostante l’uomo addosso. Quello della staffa, ma non l’unica arma utilizzato dai Raptors, bravi come nessuno a mettere sotto Houston sin dalla palla a due. Toronto infatti a fine primo quarto era avanti di 16 punti (32-16); lo svantaggio più ampio mai incassato dai ragazzi di D’Antoni dopo 12 minuti in queste prime 76 gare. Un margine utile per limitare il ritorno in partita dei texani, che chiusero con solo nove triple a segno. Ecco una delle vere chiavi: contenere la produzione dall’arco dei tiratori di Houston, incontenibili una volta che trovano ritmo dalla lunga distanza.

Le sconfitte a Los Angeles e il Natale nero dei Rockets

Prima delle 17 vittorie consecutive Houston era riuscita a metterne in fila 13 tra novembre e dicembre, dopo un primo mese pieno di scossoni. Le prime settimane infatti i Rockets hanno faticato a mettersi in carreggiata, orfani di Chris Paul dopo la gara d’esordio vincente contro gli Warriors e sconfitti da squadra più che alla portata. Se il ko casalingo contro i Sixers era in parte giustificabile da una partita in cui Philadelphia tirò con il 55% dal campo (D’Antoni al tempo concedeva ancora 35 minuti a Ryan Anderson, deleterio per le sorti della difesa), lasciano perplessi le due sconfitte nel giro di dieci giorni contro Memphis; unica squadra assieme ai Raptors e ai Clippers a poter vantare più di un successo in questa regular season contro i Rockets. I losangelini ci riportano alla seconda striscia più lunga di successi dei texani, interrotta al ToyotaCenter poco prima di Natale. Un cocente uno-due incassato in back-to-back contro Lakers e Clippers, nonostante Harden segnò 102 punti equamente distribuiti in meno di 48 ore. Il Barba giocò due delle sue migliori gare, ma evidentemente qualcosa si era inceppato in casa Rockets. Il sintomo di un malessere che i texani si portarono dietro per due settimane, battuti ben sette volte in nove partite. Boston, Washington, OKC, Golden State e Detroit le altre squadre in grado di compiere quella che non sembra più essere un’impresa. Sfide in cui Houston non riuscì mai a schierare il terzetto delle meraviglie Harden-Paul-Capela, prima a causa dell’assenza del lungo svizzero e poi per quella del Barba. Rimesso tutto a posto però, i Rockets non hanno smesso di macinare successi, mettendo insieme un record di 39-2 quando sul parquet possono godersi tutte e tre le punte di diamante. San Antonio ha fatto soltanto il solletico ad Harden e compagni nei tre precedenti in stagione. Questa volta bisognerà inventarsi qualcosa di nuovo, o sperare che uno dei Big-Three decida di non esserci.