L'allenatore dei Golden State Warriors in un'intervista ha parlato di quanto sia importante la personalità del numero 23 per la sua squadra, impegnata stanotte in gara-3 contro New Orleans: "È un giocatore fastidioso per definizione, l’antagonista definitivo. Quando sta con te, però, lo ami da impazzire"
In un modo o nell’altro, Draymond Green è stato l’assoluto protagonista delle prime due gare della serie contro i New Orleans Pelicans. Che fosse andando in tripla doppia (16 punti, 15 rimbalzi e 11 assist in gara-1) o sfiorandola (20+9+12 nel secondo episodio), Green in questi playoff ha completamente cambiato marcia, riuscendo anche ad andare sotto pelle a tutti gli avversari che gli capitavano a tiro. E non si è limitato solamente al campo: il numero 23 dei Golden State Warriors ha trovato il tempo di vincere una disputa fuori dal campo con Charles Barkley, costretto addirittura a chiedergli scusa pubblicamente. Una vittoria su tutti i fronti, che cercherà di aumentare portando a casa il punto del 3-0 stanotte in gara-2 sul campo dei Pelicans che metterebbe la più seria delle ipoteche sul passaggio del turno. Il suo impatto sui campioni in carica, d’altronde, è al di sopra di ogni schermaglia, polemica o scontro in campo, come ammesso anche con parole chiare dal suo allenatore Steve Kerr — con il quale il rapporto non è sempre stato semplicissimo. “Diciamocela tutta: se Draymond giocasse con un’altra squadra, nessuno alla Oracle Arena lo apprezzerebbe” ha detto con lodevole onestà in un’intervista con la radio KNBR 680. “E non starebbe simpatico a nessuno neanche nella nostra squadra. È un giocatore fastidioso per definizione, l’antagonista definitivo”. Quando però lo si ha dalla propria parte, le cose cambiano — e parecchio. “Quando sta con te, però, lo ami da impazzire. Compete in maniera così dura e genera un’enorme energia e desiderio competitivo. Porta una dimensione del tutto diversa al modo in cui giochi. Non avremmo vinto un singolo titolo senza Draymond, questo lo so per certo. Per noi è stato un enorme fattore in ogni serie che abbiamo giocato grazie alla sua versatilità. È uno di quei giocatori che indipendentemente da quello che succede si ritrova sempre in mezzo alla bufera. E adoro questa cosa, perché ne abbiamo bisogno”. Certo, poi può capitare che le sue emozioni prendano il sopravvento come nelle Finals del 2016, venendo sospeso per gara-5 e cambiando l’inerzia di una serie che sembrava finire. Ma quando si ha uno come Draymond Green è un rischio che bisogna accettare.