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NBA: Minnesota saluta Butler, e a questo punto anche Tom Thibodeau?

NBA

I T'wolves hanno chiuso con difficoltà due mesi pieni di colpi di teatro in uno spogliatoio sempre più diviso e incapace di vincere. Il principale responsabile del disastro è l'allenatore di Minnesota, finito sul banco degli imputati e in aperta polemica con il proprietario Taylor

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“Adesso abbiamo modo di ripartire: non ci sono più scuse”. Così Derrick Rose commenta lo scambio che ha portato via da Minneapolis Jimmy Butler. Una notizia arrivata mentre la squadra era in volo da Sacramento e stava rientrando dopo l’ennesima sconfitta. D’improvviso, un po’ come accaduto per tutti gli appassionati NBA in giro per il mondo, nel futuro del n°23 dei T’wolves sono apparsi i Sixers: seduto al suo fianco sul volo c’era Taj Gibson, scosso da una notizia attesa, ma tante volte rimandata. “So bene che tutto è business, ma la situazione è stata abbastanza surreale. Non è una questione legata a chi ha chiesto la cessione: nel momento in cui capisci di essere stato ceduto, tutto assume un sapore diverso a prescindere”. Un addio che secondo molti potrebbe fare bene a Andrew Wiggins, in una posizione migliore per iniziare a essere decisivo. Il canadese – almeno a parole – la vede in un altro modo, convinto che l’assenza di Butler non lascia spazio libero, ma soltanto un vuoto che sarà complicato colmare da Minnesota: “Ho imparato un sacco di cose da lui, abbiamo fatto i playoff per la prima volta; traguardo che mancava da troppo alla squadra. Per questo non può che essere positiva la sua esperienza con noi”. E Towns? Be’, almeno lui tornerà a respirare a pieni polmoni sul parquet, dopo aver trattenuto frasi, lamentele e spesso conclusioni dal campo per lasciarle al compagno. Come spesso accade quando ci si trova di fronte a un lutto, anche dopo una trade tutti diventano dei bravi ragazzi: “Lui è un giocatore fantastico, non so quanti Jimmy Butler ci siano al mondo; per questo penso che lui ci mancherà molto”. Towns nelle ultime settimane aveva sempre rispedito al mittente  le illazioni su possibili frizioni con Butler, nonostante tra loro non ci siamo mai stata la giusta chimica e intesa sul parquet. Un problema che Minnesota può finalmente lasciarsi alle spalle.

La scelta di Taylor e la messa in discussione dell'allenatore

Restano però un bel po’ di grane da risolvere, a partire da quella dell’allenatore. Tom Thibodeau infatti ha orchestrato in prima persona un teatrino deleterio per la squadra. È stato lui a consigliare al proprietario Glen Taylor di rifiutare l’offerta forte fatta da Miami per Butler, convinto che Pat Riley sarebbe ritornato con una proposta migliore che invece non c’è stata. A quel punto il proprietario dei T’wolves ha preso in mano la situazione e chiuso lui in prima persona l’affare con Philadelphia, perdendo in un colpo solo un All-Star e soprattutto la fiducia nel suo allenatore e nel GM Scott Layden. Una scelta obbligata che ha rafforzato una contender per il titolo e forzata nel momento in cui era chiaro che Butler non avrebbe più potuto restare ancora a lungo in spogliatoio. Un’altra partita in gruppo avrebbe reso ancora più complicato giustificare i suoi colpi di testa. La speranza recondita di Thibodeau era quella di giocarsi i playoff quest’anno, tirare a campare oltre la fine del mercato di febbraio e portare Butler ad ammorbidire la sua posizione  e trovare magari un accordo con Minnesota. L’ex coach di Chicago ha sottovalutato l’impatto devastante sulla squadra di un teatrino che ha logorato soprattutto i giovani, messi di fronte alle continue giustificazioni che hanno permesso al n°23 dei T’wolves di fare il bello e il cattivo tempo. No, adesso basta. E l’addio a Butler sembra anticipare di poco quello che arriverà anche per l’allenatore, che Taylor aveva già pensato in estate di mandare a casa assieme al GM Layden – quando la bomba Butler non era ancora esplosa. Un’ipotesi ritornata inevitabilmente d’attualità nelle ultime ore.

Le occasioni di mercato perse e l’accordo con Philadelphia

Adesso la posta in gioco se possibile si è alzata ancora di più, con la dirigenza chiamata a dimostrare che questa trade è stata in qualche modo favorevole anche per loro. La trade del 2017 per Butler fu una decisione salutata da molti come positiva, ma facilmente riconducibile a Thibodeau: Butler era il suo uomo e il progetto è naufragato nel giro di una stagione. Un peso di cui doversi liberare. Tra le trattative intavolate nei giorni scorsi c’era anche quella con i New Orleans Pelicans, disposti a discutere per aggiungere al fianco di Anthony Davis un altro All-Star che avrebbe dato una diversa prospettiva al loro progetto. Una trade nella quale non sono mai entrati né Jrue Holiday, né pacchetti appetibili di scelte che hanno reso impossibile per Minnesota accettare. I T’wolves infatti volevano spedire Butler nella Eastern Conference, ma Washington non ha mai preso in seria considerazione un possibile scambio con Bradley Beal. A quel punto, con Miami ancora indispettita, è rimasta soltanto Philadelphia. Una mossa ben calcolata dai Sixers che lo scorso settembre si erano già fatti avanti, prima di resistere all’insistenza di Minnesota di inserire nel pacchetto anche il pesante contratto da 48 milioni in tre anni di Gorgui Dieng. L’offerta iniziale prevedeva l’inserimento di uno tra Dario Saric e Robert Covington, ma quando Philadelphia ha aperto all’opportunità di rinunciare a entrambi la situazione si è sbloccata, arrivando poi a una rapida conclusione dopo il disastro visto in campo in casa T’wolves.

Che futuro per Butler e Thibodeau?

Butler adesso va a caccia di vittorie e soprattutto di un contratto pesante la prossima estate. Philadelphia è l’unica a poter mettere sul piatto un accordo da cinque anni, ma i punti interrogativi restano molti, a partire dalla sua tenuta fisica, messa a dura prova dal logorio a cui Thibodeau lo ha sottoposto negli ultimi anni. Alcuni GM in forma anonima hanno sottolineato come per Butler sia una sorta di ultima chiamata, dopo i fallimenti negli spogliatoi di Chicago e Minnesota. Se le cose non dovessero funzionare anche con Philadelphia, sarebbe la terza squadra in fila che deciderebbe di liberarsi di lui e questa cosa potrebbe pesare non poco sulla sua free agency, in cui le proposte saranno sicuramente numerosi, ma magari non cospicue come sperato. Un pianta-grane lo porti via a meno, soprattutto se gli altri iniziano a pensare che tu lo sia. L’imperativo adesso è quello di ripulire in qualche modo la sua immagine; la stessa sorte a cui è chiamato il suo storico coach. Il doppio lavoro di allenatore e dirigente mostra per l’ennesima volta tutti i suoi limiti (con Adam Silver che continua a chiedere di dividere gli incarichi). Il Thibodeau allenatore è rimasto inevitabilmente vittima della sua versione aziendalista da manager che ha provato a salvare nel breve periodo la sua panchina: andare all-in su Butler con la speranza che le vittorie sul parquet avrebbero risolto le questioni in palestra. Tutto invece gli è esploso in mano. E rischia seriamente di costargli non solo il rinnovo, ma anche il posto in panchina in questa stagione.