Il n°2 dei Raptors è stato il bersaglio dalla contestazione dei tifosi texani, che gli hanno urlato di tutto dagli spalti dal riscaldamento fino alla sirena finale. Il rispetto dei suoi ex compagni e da parte di Gregg Popovich invece è rimasto immutato. Almeno a parole e nei gesti
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Per la prima volta da quando Kawhi Leonard è partito direzione Toronto, gli Spurs sono riusciti a togliersi una soddisfazione. Almeno quella di batterlo al suo primo ritorno in Texas, visto che sul parquet la sua assenza continua a pesare eccome. “Non abbiamo difeso in maniera decente, gli Spurs hanno fatto un grande lavoro nell’alzare il ritmo, trovando spesso e volentieri dei tiri aperti e in ritmo”: questo il primo commento stringato del grande ex di giornata, che non può far finta di non aver sentito i tantissimi fischi e le urla rivolte dagli spalti contro di lui. Una reazione che non lo ha colto di sorpresa e verso la quale non ha nulla da recriminare: “Era probabile che succedesse. È una cosa che ho dovuto affrontare e che mi farà crescere”. I fischi lo hanno accompagnato sin dal momento in cui ha messo piede sul parquet nel riscaldamento, seguiti poi dalla contestazione più rumorosa durante la presentazione e in ogni spezzone del match in cui Leonard si è ritrovato a essere protagonista. “I giornalisti hanno fatto un ottimo lavoro a mettere in testa alle persone una certa visione e una lettura della situazione – commenta lanciando una stoccata a chi gli sta attorno – per quello sapevo già cosa sarebbe successo e immaginavo il modo in cui i media avrebbero trattato la cosa”. A fine partita Leonard si è subito diretto verso coach Popovich, che prima lo ha abbracciato a lungo in mezzo al campo, iniziando a parlare a lungo con lui. Immagini golose per le TV che si sono fiondate con le telecamere su di loro, che a quel punto hanno preferito dirigersi verso la panchina degli Spurs per restare più riparati e dove l’ex giocatore dei texani si è fermato a salutare anche Chip Engelland – storico trainer dei nero-argento – oltre che buona parte dei suoi ex compagni. Con loro il rapporto è rimasto di stima e rispetto, nonostante tutto quello che è successo nei mesi e passati. E nonostante i fischi.
Il video tributo e il "saluto" prima della palla a due
La gente che lo aveva osannato per anni, sostenuto durante la cavalcata che ha portato l’ultimo titolo NBA agli Spurs (con Leonard MVP delle Finals), ha puntato per tutta la serata il dito contro di lui. I cori più gettonati sono stati “Quitter”, ossia una persona che si arrende facilmente, e soprattutto “Uncle Dennis” – riferimento allo zio di Leonard che ha avuto una grossa influenza su di lui nelle scelte fatte nell’ultimo anno passato agli Spurs. Il n°2 dei Raptors ha abbozzato anche un sorriso in panchina subito dopo aver colto il senso del coro e soprattutto dopo essere rimasto a testa bassa durante la presentazione che gli Spurs hanno riservato alla coppia di ex. Oltre a Leonard infatti si celebrava anche il ritorno da avversario di Danny Green, salutato da un boato riconoscente e felice di rivedere un volto amico. Un preludio che rende quindi ancora più stridenti le immagini e il rumore dei fischi che travolgono Leonard non appena lo speaker annuncia “From San Diego State…”. Neanche il video tributo con tutte le imprese degli anni vincenti trascorsi a San Antonio era riuscito pochi istanti prima a cambiare lo stato d’animo di una tifoseria ferita. Di un pubblico che non vede nei giocatori dei professionisti, ma solo le pedine della propria passione. Scene che vengono criticate da molti giocatori sui social (Isaiah Thomas e Spencer Dinwiddie, giusto per citarne un paio), ma che non sono certo una novità in NBA.