L'ala di Golden State non usa mezze parole per descrivere il disastroso avvio di stagione degli Warriors, sconfitti nettamente da Clippers e Thunder. "Sapevamo non sarebbe stata più la stessa cosa ma non ci aspettavamo di farci prendere a calci nel sedere in questo modo"
Il record dei Golden State Warriors è eloquente, ma non è certo la parte peggiore della storia. Due gare giocate, due sconfitte. Ci potrebbe — al limite — anche stare: la prima gara, in casa è vero, ma contro i Clippers (per molti tra i favoriti al titolo), la seconda sul campo mai facile di Oklahoma City. Quello che non ci sta è il come sono maturate queste sconfitte. Non per la squadra vice-campione in carica, non per chi ha disputato le ultime 5 finali NBA. Ok l’addio di Kevin Durant. Ok l’assenza di Klay Thompson. Ma la caporetto degli Warriors lascia senza parole. Mai davanti nel punteggio in questo avvio di stagione. La bellezza di 261 punti subiti. Svantaggi di 31 punti contro i Clippers (sconfitta di 19), addirittura di 42 contro i Thunder (-28 il divario finale). Il -47 sommato con cui si sono chiuse le prime due partite è il peggior risultato mai fatto registrare da una squadra finalista solo l’anno prima. E ancora: sette quarti su 8 in cui gli Warriors hanno concesso almeno 30 punti (fa eccezione solo l’inutile ultimo periodo contro i Thunder). Parziali di 14-0 per iniziare la gara contro L.A e di 15-3 contro OKC, quando Curry e compagni hanno tirato 5/33 dalla lunga distanza. Dati sconcertanti per la squadra della Baia, riassunti come al solito meglio di tutti da uno che non è mai stato timido nel dire quello che pensa, Draymond Green: “La realtà è che adesso come adesso facciamo davvero schifo”. Senza peli sulla lingua, come suo solito, il n°23 degli Warriors analizza il pessimo avvio di stagione della sua squadra: “Andiamo subito sotto nel punteggio, la speranza è quella di poter rimontare ma la verità è che al momento non siamo capaci di farlo. Mi piacerebbe vederci giocare con più intensità, la speranza è che alla lunga ci siano dei miglioramenti, e sicuramente continueremo a lavorare per ottenerli, ma la realtà è che adesso come adesso non siamo una buona squadra. Non so come dirlo in altro modo: potrei provare in spagnolo, ma non so parlare lo spagnolo, per cui questo è il modo migliore in cui riesco a spiegarlo”. I grandi cambiamenti estivi — compresi gli addii ad Andre Iguodala e Shaun Livingston — avevano messo in guardia sulle possibilità difficoltà dei californiani, ma parlare di ricostruzione l’anno in cui si inaugura il nuovissimo (e costosissimo) Chase Center nel cuore di San Francisco è quasi una bestemmia dalle parti della Baia. “Succede a tutti, prima o poi, di passare attraverso una fase di rebuilding - forse solo Tim Duncan ne è stato immune. Ma vi posso assicurare una cosa: fa schifo. Non avrei mai pensato che potesse finire così male. Certo, sapevamo che non sarebbe stata più la stessa cosa, ma di certo non mi immaginavo di farci prendere a calci nel sedere in questo modo: è davvero tremendo”. A San Francisco qualcosa deve cambiare. E in fretta. Prima occasione utile già nella notte, sul campo dei Pelicans. Il riscatto dei "Guerrieri" può partire da lì.