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NBA, cosa prevede il salary cap in caso di cancellazione di parte della regular season

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©Getty

La lega sta contrattando con la NBPA il modo migliore per gestire questo complicato momento di stallo, valutando una necessaria riduzione degli stipendi: in arrivo un taglio di circa il 25% dei salari dei giocatori, dovuto a una clausola che è meglio analizzare nel dettaglio

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Con la sospensione e la possibile cancellazione di parte della regular season, la clausola di forza maggiore - brutalmente tradotta dal nome alla sezione VII del contratto collettivo - corre in soccorso dei proprietari NBA per distribuire anche sui giocatori l’onere delle perdite dovute al lockdown. In caso di epidemie, pandemie e altre casistiche che impediscono il regolare svolgimento delle partite, bisogna ridisegnare anche la distribuzione degli stipendi ai giocatori. Al momento è un espediente a cui la lega non ha voluto ricorrere, garantendo lo scorso 15 marzo il pagamento di tutti gli stipendi (la stagione NBA era stata interrotta soltanto tre giorni prima); cosa che accadrà anche nelle prossime ore per il versamento del 1 aprile. Dal 15 di questo mese in poi le cose invece potrebbero cambiare: richiedere l’applicazione di questa clausola infatti permetterebbe alle squadre di non corrispondere ai giocatori poco più dell’1% del loro salario per ogni gara non disputata - una quota che verrebbe in quel caso trattenuta dai pagamenti futuri che ancora spettano agli atleti. All’appello al momento mancano 259 gare di regular season, più una media calcolata in anticipo di 5.6 partite di playoff per squadra. Il totale complessivo è di circa 23 match per giocatore (22.87 per la precisione), a prescindere da quante fossero in realtà quelle previste dal singolo calendario e dall’accesso o meno alla post-season della franchigia presa in considerazione. Una delle caratteristiche della clausola di forza maggiore infatti è questa: non prevede distinzione tra le squadre competitive e quelle ad esempio aritmeticamente fuori dai playoff. In base a questa suddivisione tutti i giocatori avranno le stesse perdite a livello percentuale sul proprio stipendio. Facendo un rapido calcolo dunque si scopre che mancano all’appello il 24.69% di partite stagionali. Quella è la quota che la NBA potrebbe decidere di trattenere nei prossimi giorni, evitando così di effettuare i pagamenti ai giocatori fino a quando la cifra non corrisposta non raggiunga quel valore a livello percentuale. Pronta eventualmente (e con piacere) a versarla in un secondo momento qualora la stagione dovesse ripartire.

Stipendi in 6, 12 e 18 mesi: come fare con quelli in scadenza?

Un meccanismo che funzionerà nella maggioranza dei casi ma, come sottolineato da Marc Stein del New York Times, per alcuni le cose potrebbe andare in maniera diversa. Di default i contratti NBA infatti prevedono un pagamento rateizzato in 24 semi-mensilità, incassate nell’arco dei 12 mesi (anche durante la off-season quindi), ma i singoli giocatori sono liberi di negoziare una diversa modalità per ricevere il proprio stipendio secondo schemi differenti e per loro più convenienti. Stando a quanto filtrato nelle ultime ore dalla NBPA, più di 400 giocatori ricadono all’interno della casistica classica - nessun anticipo e salario spalmato su 12 mesi con un versamento ogni 15 giorni: a loro dunque spetta ancora una porzione di stipendio superiora al 24.69% che la lega tratterà dai prossimi pagamenti e in quei casi non dovrebbero esserci criticità (ritornando poi a ricevere la restante parte una volta raggiunta la percentuale richiesta dai proprietari). Altri però hanno ottenuto un trattamento diverso, di maggior favore nei loro confronti: incassare il 50% del salario subito - in due parti, il 1 luglio e il 1 ottobre - e ricevere la restante in 12 semi-mensilità versate nella prima parte di stagione. Sempre stando alle notizie riportate da Stein, sarebbero meno di 20 i giocatori in una situazione del genere (ben nove appartengono alla Klutch sport di Rich Paul), in cui si potrebbe essere costretti a creare un precedente: chiedere indietro i soldi già versati ai giocatori.

Il caso LeBron James e quello Marc Gasol: dovranno restituire i soldi?

Uno dei giocatori a ritrovarsi in questa situazione è LeBron James, la cui struttura contrattuale è stata disegnata dai Lakers per andargli incontro in ogni aspetto: 50% dello stipendio già prima dell’inizio della regular season e il resto dei pagamenti ogni 15 giorni fino all’inizio della post-season. Oggi infatti James riceverà un versamento che porterà il totale dei soldi entrati sul suo conto corrente in questa stagione a 34.32 milioni di dollari rispetto ai 37.44 totali previsti. All’appello mancano dunque 3.12 milioni di dollari che i Lakers potranno trattenere - ben lontani dal 24.69% del suo stipendio però, quota superiore di circa 6.12 milioni che LeBron ha già incassato nei mesi scorsi. Come fare? Chiedere indietro i soldi già versati, partendo dal presupposto che nelle disponibilità del n°23 dei Lakers ci siano senza grossi problemi anche cifre così considerevoli. Oppure in alternativa trattenere in futuro il prossimo anno la cifra restante dallo stipendio 2020-21, in maniera tale da evitare una sgradevole richiesta di restituzione nell'immediato. Nel caso di Caldwell-Pope il discorso in parte cambia, perché il giocatore dei Lakers è in scadenza e in estate potrebbe firmare con un’altra squadra: qualora dovesse scegliere un'altra franchigia, spetterebbe alla dirigenza della nuova società sospendere i pagamenti per la quota mancante e girarli poi ai Lakers per “saldare il debito”. Ultimo, estremo e particolare esempio è quello di Marc Gasol: anche per lui le trattenute che partiranno nei prossimi giorni non riusciranno a compensare la porzione di stipendio che i Raptors non dovranno versargli. Il suo (pesante) contratto è in scadenza e il lungo spagnolo difficilmente rifirmerà in estate a quelle cifre: se neanche di fronte alla riduzione dello stipendio del prossimo anno le cose dovessero cambiare (e i conti tornare, visto che ballano diversi milioni di dollari), almeno nel suo caso una restituzione potrebbe diventare inevitabile.