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24/30: Andrew Wiggins e la grande occasione della sua carriera agli Warriors

FOCUS NBA
©Getty

Il n°22 di Golden State, arrivato lo scorso febbraio in cambio di D’Angelo Russell, porta in dote con sé un contratto pesante e la speranza di diventare in casa Warriors il comprimario ideale per ricominciare a vincere. Un’opportunità di rilancio unica anche per lo stesso Wiggins, finora sempre al di sotto delle aspettative in NBA

Deludente, al di sotto delle aspettative, incompiuto. Si potrebbe popolare con tanti altri aggettivi e giudizi il lungo elenco di valutazioni a cui è stato sottoposto Andrew Wiggins sin dal suo arrivo in NBA - dirottato in Minnesota come pedina di scambio utilizzata dai Cavaliers nella trattativa per arrivare a Kevin Love. Da grande prospetto che avrebbe sconvolto la lega - ricordiamo tutti i video che mettevano in mostra il suo atletismo, la capacità di salto, le doti da “adulto” nel corpo di un ragazzo di 18 anni - a chimera e deludente giovane talento di cui i T’Wolves si sarebbero voluti disfare. Wiggins ha così accumulato delusioni, passi falsi e soprattutto sconfitte in carriera, naufragando con Minnesota ogni volta che ha puntato a conquistare un posto al sole. La prima scelta assoluta del Draft 2014 ha giocato 5 partite totali ai playoff nei suoi primi sei anni da professionista: tutte nel 2017-18, mettendo a referto 7 triple complessive in post-season. Di certo non gli obiettivi che sperava di raggiungere quando ha lasciato Kansas nel lontano 2014. Un percorso che ha subito una brusca variazione lo scorso febbraio, uno scossone di cui c'era bisogno, arrivato quando i capricci di Karl-Anthony Towns hanno convinto i Timberwolves a liberarsi di lui per portare in squadra D’Angelo Russell - “l’amico” del centro di Minnesota, nella speranza che mischiando le carte possa cambiare il risultato finale. Wiggins dunque ancora una volta è diventato poco più che merce di scambio, il giocatore non desiderato spedito però in questa occasione alla corte di una delle migliori organizzazioni della storia recente in NBA. Da parte sua il n°22 ex-T’Wolves può certamente garantire continuità - dote non da poco per una squadra falcidiata dagli infortuni negli ultimi 18 mesi: sempre nella top-20 della lega per minuti giocati nei primi cinque anni di carriera, il vero problema che Wiggins porta in dote con sé è il contratto. Ben 27.5 milioni nel 2019-20, che diventano prima 29.5, poi 31.5 e infine 33.6 nel 2022-23. Un macigno enorme sul salary cap di Golden State, che a quelle cifre spera di ricavare da lui un rendimento che si avvicini almeno a quello di una scelta in lottery.

La prima partita al fianco di Steph: “Dovrò imparare a usare quello spazio"

Tom Thibodeau, che Wiggins lo conosce bene dopo averlo allenato a Minneapolis, ha sottolineato a inizio marzo: “Sembrerà un giocatore migliore sfruttando tutto lo spazio generato dall’attacco Warriors”. Un’opportunità che andrà valutata nei prossimi mesi, anche se la prima e unica partita in cui ha diviso il parquet con Steph Curry - la sconfitta contro Toronto nella gara che ha segnato il ritorno in campo del n°30 di Golden State - ha dato delle indicazioni interessanti. Per Wiggins non è stata delle più efficienti: 21 punti con 20 tiri tentati, tendenza in parte normale in un contesto così nuovo anche per lui. “So di dover lavorare per diventare un tiratore più affidabile, anche perché Steph è un enorme catalizzatore di attenzioni. Già da oggi (riferito alla partita contro i Raptors, ndr) ho avuto tante occasioni per tirare, diverse conclusioni aperte e con spazio. Non sono riuscito a trovare il fondo della retina, ma dovrò iniziare a farci l’abitudine e a lavorare su questo aspetto”. Segnare quei canestri infatti è una delle chiavi che possono portare enormi margini di sviluppo nel suo gioco e più in generale per l’intero attacco Warriors. I cronisti che seguono da vicino Golden State da anni lo chiamano “Steph Effect”, la capacità unica del due volte MVP di attirare attenzioni e far ruotare in maniera innaturale le difese - generando una reazione a catena che spesso permette agli altri di avere spazio e tempo per attaccare il canestro. Sotto osservazione dunque è finito il 33.9% con cui Wiggins ha tirato dalla lunga distanza nelle 12 partite disputate in maglia Warriors. Lavorare su quello e aumentare l'efficacia sarà il suo obiettivo nel medio-lungo periodo, anche se in carriera al momento l’ex Timberwolves non è mai riuscito ad andare oltre il 35.6% dalla lunga distanza del 2016-17. Dopo sei stagioni e a 25 anni è complicato immaginare che magicamente si trasformi in un giocatore differente da quello che è stato nella prima parte della sua esperienza NBA, ma la speranza degli Warriors è che faccia un deciso passo in avanti quando si tratterà di colpire da lontano.

Diventare l’ala “di ruolo” che manca a Golden State

La paura (o forse l’ambizione, ripensando al titolo del 2015 e alle 73 vittorie della regular season 2016) è quella di diventare il nuovo Harrison Barnes degli Warriors, con quasi un lustro di ritardo. Non solo per una questione di estetica del tiro - che un po’ ricorda quello dell’attuale giocatore dei Kings per stile e traiettoria - ma soprattutto nella speranza che, al netto degli alti e bassi realizzativi, Wiggins possa diventare un tassello importante per una squadra che vuole tornare a vincere. C’è un aspetto che fa ben sperare gli Warriors e coinvolge ancora una volta il già citato Barnes: nel caso della settima scelta assoluta di Golden State al Draft 2012, i suoi progressi al tiro rispetto alle stagioni a North Carolina. Da 52.4% di percentuale reale del college al 57.3% raccolto nell’anno del titolo NBA del 2015 con gli Warriors. Percorso inverso rispetto a quello tracciato da Wiggins: a Kansas viaggiava con il 56.3% e in NBA non è mai riuscito ad andare oltre il 54, mantenendo una media del 52.2% di percentuale effettiva. Questione di etica del lavoro? Può darsi, ma certamente anche di opportunità. Vedere Wiggins all’opera al fianco di Curry e Thompson potrebbe dimostrare - come già accaduto a tantissimi tiratori (e non solo) nell’ultimo decennio passati da San Francisco - che al fianco degli Splash Brothers parecchie cose diventano più semplici, smettendo così di rappresentare un “peso” che grava sul salary cap dei vice-campioni NBA in carica e trasformandosi in un giocatore utile alla ripartenza di Golden State.