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Come sostituire i giocatori infortunati o positivi? Le proposte della NBA

coronavirus
©Getty

La gestione della diffusione del coronavirus all’interno dei roster e dello staff delle franchigie resta il principale problema per affrontare la ripartenza della stagione NBA: queste alcune soluzioni al vaglio da parte della lega, che pensa a come dare l'opportunità alle franchigie di aggiungere giocatori al roster in caso di defezioni

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La NBA è a lavoro per regolamentare e gestire al meglio il modo di sostituire giocatori che risultino positivi al coronavirus o infortunati all’interno della bolla di Orlando. La discussione si sta concentrando sul modo in cui utilizzare i giocatori che hanno un two-way contract - che hanno l’opportunità di giocare per 45 giorni in NBA, prima di passare in G-League - senza sottovalutare gli aspetti sanitari e l’equilibrio da creare all’interno del “microclima” che si creerà a Disney World. In caso di infortunio o positività al Covid-19, non ci saranno limitazioni al numero di giocatori che una squadra potrà firmare per sostituirli, ma le restrizioni riguarderanno il numero di giocatori eleggibili per quel ruolo. Questo è uno dei punti della lista di cose che la NBA dovrà negoziare con la NBPA la prossima settimana, ma si andrà nella direzione in cui verrà permesso alle franchigie di pescare soltanto tra giocatori che in questa stagione hanno precedentemente firmato un contratto NBA, in G-League o che hanno fatto il training camp con una squadra. Insomma, ad esempio, Jamal Crawford resterà fuori dai rinforzi a cui chiedere una mano - oltre a tutti i giocatori internazionali che non hanno messo piede negli Stati Uniti nell’ultimo anno. I giocatori che risulteranno positivi verranno tenuti in quarantena per almeno 7 giorni - con la possibilità che diventino 10 e poi 14 - in base a diversi fattori medici che si analizzeranno di volta in volta.

Quanti giocatori saranno dentro la bolla?

Le squadre hanno già fatto presente in realtà come, di fronte alla positività di un giocatore chiave della squadra, non abbia molto senso fare ricorso a qualcuno in arrivo dalla G-League o fuori dal roster. In quel caso le squadre vorrebbero riservarsi l’opportunità di attendere il recupero, nella speranza che la malattia passi in fretta e permetta un rientro in campo prima dell’eliminazione della franchigia dai playoff. Un punto cruciale della discussione infatti è legato all’eventuale ingresso all’interno della bolla dei giocatori chiamati a rimpiazzare gli infortunati: le squadre si interrogano sull’opportunità di scegliere di aggiungere strada facendo qualcuno che sarà costretto a restare una settimana in quarantena, prima di potersi unire a una squadra con cui non ha mai condiviso il parquet. L’unico modo quindi per rendere operativa in rapidità un’eventuale sostituzione sarebbe quella di far entrare  da subito anche gli eventuali sostituti all’interno della bolla di Orlando, ma questo costringerebbe la NBA a rivedere a rialzo il numero di persone da tenere sotto costante controllo - tendenza che va in direzione opposta rispetto alle restrizioni a cui si sta ricorrendo.