Era già giunta voce del suo impegno attivo - tra le strade di Kiev, fucile in mano - al fianco del popolo ucraino attaccato ormai da cinque mesi dalla Russia di Putin. Oggi l'ex n°14 gialloviola sceglie di rinunciare anche ai simboli del suo successo in NBA per ricostruire le palestre delle scuole distrutte dagli attacchi missilistici di Mosca
Delle sette stagioni in NBA, Slava Medvedenko ne ha disputate sei ai Lakers (più le ultime 14 partite della sua carriera ad Atlanta). E ai Lakers è arrivato nell'estate 2000, con la squadra campione in carica e capace poi di vincere immediatamente altri due titoli, tanto nel 2001 che nel 2002, giocando al fianco di Kobe e Shaq. Oggi quegli anelli vinti sul campo il giocatore ucraino ha scelto di venderli all'asta per raccogliere soldi per il suo Paese, impegnato ormai da cinque mesi a resistere in guerra contro la Russia. Tutto il ricavato ("Almeno 100.000 dollari l'uno", la stima degli esperti della SCP Auctions) dell'asta verrà devoluto alla fondazione del giocatore, la "Fly High Foundation", per riparare e rimettere in piedi le strutture sportive delle scuole bombardate e rase al suolo dagli attacchi russi e per costruire una rete di club sportivi in giro per il Paese: "Hanno bombardato più di cento scuole: fra poco inizierà l'inverno, i ragazzi hanno bisogno di giocare al coperto, in palestra, e le palestre sono distrutte". Medvedenko ha confessato che la decisione di disfarsi dei due preziosi simboli dei suoi trionfi l'ha presa in un determinato momento: "Quando mi sono ritrovato sul tetto di uno dei palazzi più alti di Kiev a contemplare la desolazione di un intero quartiere distrutto dagli attacchi missilistici russi: "Mi sono detto: cosa serve che quei due anelli restino nella mia cassaforte? Potrei morire domani. Tanto vale venderli, per aiutare i miei connazionali e i ragazzi di qui a vivere meglio". Dell'impegno in prima linea dell'ex Lakers nella guerra alla Russia si era già parlato: aveva corso per il consiglio comunale a Kiev già nel 2020, poi allo scoppio della guerra era sceso in strada a combattere: "Non sono un soldato, con i fucili non me la cavo benissimo - ammette - ma voglio fare i complimenti al nostro esercito, che ha fatto un gran lavoro nel difendere Kiev. Io do una mano ai checkpoint nei nostri quartieri, per rendere più sicure possibili le nostre strade", dice.
Anche i Lakers hanno mandato aiuti
Ora arriva questo gesto davvero generoso. "Guerra, missili, allerte, sirene: ancora oggi questa è la nostra vita, giorno dopo giorno, con gli allarmi che suonano anche tre/quattro volte al giorno. Ormai i ragazzini ci sono abituati e se stanno giocando in cortile neppure rientrano quando sentono le sirene: è tremendo". Padre di due figli, di 11 e 16 anni, Medvedenko aveva mandato la famiglia lontana da Kiev per un periodo "ma i ragazzi mi chiamavano in continuazione, chiedendo quando sarebbero potuti tornare". Ora la famiglia si è riunita a Kiev, ma Medvedenko non si ferma mai: una sua partita di beneficenza organizzata in Polonia davanti a un pubblico da tutto esaurito è stata appena organizzata per raccogliere ulteriori fondi. "Di quei Lakers sento ancora Mark Madsen e Luke Walton: l'organizzazione ha mandato divise, palloni e altro. I Lakers per me rimangono come una famiglia". Ed è nei momenti di bisogno che le famiglie si stringono ancora più vicine.