In una lunga intervista con The Ringer, Jaylen Brown ha usato parole di circostanza per parlare del suo futuro a lungo termine a Boston, senza impegnarsi nei confronti dei Celtics. "Non dipende da me. Rimarrò dove sono voluto, dove sono necessario e dove vengo trattato correttamente. Vedremo cosa penseranno loro di me e cosa penserò io di loro con l’andare del tempo"
Ridurre un’intervista lunga e che tratta temi molto diversi come quella data da Jaylen Brown a The Ringer è sempre esercizio complicato, ma necessario. L’All-Star dei Boston Celtics, che nei giorni scorsi aveva dato un’intervista anche al New York Times parlando dei suoi problemi con alcuni tifosi della squadra, alla domanda su un suo impegno a lungo termine con la franchigia del Massachusetts ha risposto in maniera evasiva, rimandando ogni discorso a un ipotetico futuro. "Non so [se rimarrò a lungo termine]. Fintanto che sono necessario sarò qui, ma non dipende da me. Vedremo cosa penseranno loro di me e cosa penserò io di loro con l’andare del tempo. Spero che, qualsiasi cosa accada, abbia un senso. Ma rimarrò dove sono voluto, dove sono necessario e dove vengo trattato correttamente". Brown è ancora sotto contratto per la stagione 2023-24 a 30.7 milioni di dollari e ha quindi i requisiti per estendere il suo accordo prima di andare a scadenza, ma per le regole delle estensioni di contratto attualmente in vigore (potrebbero essere cambiate col nuovo CBA, ma ancora non è sicuro) difficilmente accetterebbe un’offerta dai Celtics nell’estate del 2023, visto che sarebbe limitata al 120% dell’accordo precedente — ben al di sotto del suo valore di mercato da massimo salariale.
Brown: "Anche Jordan si è ritirato agli Wizards"
Brown comunque ha spiegato il suo punto di vista: "Mi godo il tempo che mi è stato dato. Se sarà per tutta la carriera, bene. Se non sarà così, bene lo stesso. Alcuni dei più grandi giocatori di sempre non hanno finito la loro carriera con una sola organizzazione. Michael Jordan si è ritirato come membro degli Wizards. Per quanto mi piaccia e mi diverta la situazione qui, vedremo dove mi porterà la vita. Onestamente l’unica cosa che posso fare è concentrarmi su ciò che è davanti a me". Parole che di sicuro non faranno piacere ai tifosi di Boston, anche se Brown ha provato a gettare acqua sul fuoco: "Non voglio continuare a rispondere perché sono quel tipo di cose che mandano ai pazzi i tifosi dei Celtics. Specialmente ora, posso dire solo che affronteremo la situazione a tempo debito".
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Il rapporto con Tatum e i "limiti inesplorati di Brown
Alla base del "mal di pancia" di Brown potrebbe esserci il ruolo da seconda stella che gli viene chiesto di ricoprire per i Celtics alle spalle di Jayson Tatum, anche se il problema non sembra essere personale tra i due. "Ovviamente il nostro obiettivo è vincere il titolo, penso che tutti siano concentrati su quello. Personalmente penso di avere ancora molti limiti da esplorare individualmente: posso essere un leader migliore, un giocatore migliore eccetera. Ora come ora ricopro il mio ruolo in squadra per aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi. Non c’è niente di male nell’essere parte di una squadra e svolgere un lavoro. Questo è come la vedo io". Poi ha continuato: "Io e JT abbiamo in comune la pallacanestro. Molti tifosi sono attratti dalla nostra relazione e come è cambiata nel tempo: lui ha dei tifosi all’interno della fan base dei Celtics, io ho i miei. Ma loro hanno più problemi a coesistere rispetto a noi due. Non abbiamo mai litigato, non abbiamo mai alzato la voce o robe del genere".
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La frattura dell'estate: quella trattativa mai iniziata per Kevin Durant
Un momento che ha lasciato una crepa nel rapporto tra Brown e Tatum, o quantomeno con l’organizzazione dei Celtics, è avvenuto però quest’estate, quando il nome del numero 7 è finito nelle voci per un altro numero 7, Kevin Durant, al quale i Celtics sarebbero stati interessati ad arrivare offrendo proprio Brown ai Brooklyn Nets. "KD e JT sono amici, si allenavano insieme quest’estate e tutto il resto" ha detto Brown. "Perciò non sapevo bene quale fosse la situazione, non ero sicuro di quale fosse la direzione dell’organizzazione". Per questo motivo Brown ha organizzato una call a tre con Tatum e Brad Stevens per sentire direttamente da loro come stavano le cose, ricevendo rassicurazioni da Stevens sul fatto che non sarebbe andato da nessuna parte — anche se lo stesso Brown non si è detto convintissimo.
"Una volta che ne abbiamo parlato tutti assieme, ci siamo lasciati tutti sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. Ma le azioni che sono state fatte in quel periodo non sembravano andare nella stessa direzione di quella dell’organizzazione. Non lo so. O almeno, non è facile a dirsi. Le organizzazioni operano secondo principi differenti: per loro è un business, ti dicono una cosa in faccia e a porte chiuse ne dicono un’altra e poi ti scambiano la settimana dopo. Ma è così che funziona. Io però vengo dal sud: da noi se non entri dalla porta principale di casa è una mancanza di rispetto. Molto spesso quando tratto con queste corporazioni mi sento come se tutti volessero entrare dalla porta sul retro o da una laterale". Parole forse rivolte anche ai brand sportivi che non hanno raggiunto un accordo con lui (è free agent per le sneakers dal 2021 dopo la fine del suo rapporto con adidas), ma che di sicuro non lasciano dormire sonni tranquilli ai tifosi dei Celtics.