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NBA, quando Jokic giocava la Summer League per Denver: chi se lo ricorda? VIDEO

NBA

Oggi che è un perenne All-Star, che ha vinto il titolo NBA, che ha appena incassato il terzo trofeo di MVP NBA è facile pensare a Nikola Jokic come a una superstar predestinata dell'universo NBA. Ma non è sempre stato così, dalla chiamata al Draft solo con la n°41 (nel 2014) agli inizi in summer league con i Nuggets, fino alle prime partite della sua carriera iniziate in panchina

Ci si ricorda il suo Draft, quello del 2014, e la chiamata alla n°41, mentre lui (in Serbia) dormiva senza troppe preoccupazioni e il pubblico americano (in prime time) guardava la pubblicità di un fast food, ignaro che il giocatore appena scelto dai Denver Nuggets avrebbe rivoluzionato il gioco. Oggi sappiamo come le cose sono andate a finire: Nikola Jokic ha appena ricevuto dalle mani del commissioner Adam Silver il terzo trofeo di MVP NBA da mettere in bacheca, nel frattempo è diventato campione NBA e ora prova a guidare i suoi Nuggets al secondo titolo della loro storia, per uno storico back-to-back. Ma la carriera del centro serbo di Denver non è sempre stata questa: nell’estate 2015, ad esempio, approdato in America dopo aver disputate un’ultima stagione con il Mega Basket, Jokic era chiamato a mettersi alla prava in maglia Nuggets in un roster di summer league che comprendeva Roscoe Smith (?), Antonio Barton (??), Darius Carter (???) ma anche Emmanuel Mudiay, selezionato da Denver con la n°7 nel Draft 2015. E dopo aver disputato in quintetto 55 delle 80 partite della sua stagione da rookie, anche l’annata seguente Jokic – dopo le prime 8 partite di campionato, giocate da titolare - si ritrovò ancora una volta a uscire dalla panchina, per lasciar spazio in quintetto a Jusuf Nurkic

Il 15 dicembre a Denver si festeggia lo "Jokmas"

Poi, il 15 dicembre – in quello che i tifosi dei Nuggets scherzosamente oggi chiamano “Jokmas” (la venuta di Jokic, una sorta di Natale pagano) – ecco la scelta di Michael Malone di fare del n°15 il centro titolare della sua squadra. Da lì la crescita del serbo non si sarebbe più fermata, fino ai trionfi attuali. Ma ricordare gli inizi rende il suo viaggio ancora più fenomenale.

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