NBA, è tornato il vero Ja Morant?

Una rondine, si dice, non fa primavera. Ma marzo è il mese della primavera e marzo in casa Grizzlies sta portando qualche indicazione interessante. A guardare il record l’avvio è stato un disastro , ma Memphis in realtà ha incassato tre di questi quattro ko con uno scarto totale di 5 punti . Soprattutto, in due di queste gare – contro San Antonio e Atlanta – mancava Ja Morant, che contro OKC c’era ma – dice lui – “avrei dovuto restare ancora fuori”. Solo che Ja Morant è un guerriero. Se può vuole essere in campo, al fianco dei suoi compagni. E se si ascolta lui, di gare ne ha già saltate troppe quest’anno . In campo nelle ultime quattro – dopo la sconfitta contro i Thunder – ci è sempre stato, e si è notato. Quattro vittore in fila per Memphis, lui che viaggia a 30 punti di media, tirando il 50% esatto dal campo e aggiungendoci più di 8 assist e un recupero e mezzo a partita. “A little bit of Ja, the old Ja” Le parole sono le sue, le ha pronunciate dopo il primo di questi quattro successi consecutivi, sul campo di Dallas, dopo aver segnato 11 dei suoi 31 punti negli ultimi 6’15” della gara. In quella fase finale dell’ultimo quarto contro i Mavs Morant ha fatto vedere “un po’ di Ja, il vecchio Ja”, ed il vecchio Ja è quello che tutti i Grizzlies aspettano . La scorsa stagione – iniziata con la sospensione di 25 gare inflittagli dalla NBA per i famosi video sui social con tanto di armi in bella vista – lo ha visto in campo soltanto per 9 partite , prima che un infortunio alla spalla destra – poi operata in estate – lo togliesse dai giochi per il resto del campionato. Quest’anno è andata meglio, ma dopo aver giocato otto delle prime nove gare stagionali, l’incubo infortuni è tornato a materializzarsi. Un contatto subìto da Koloko mentre era in aria – con Morant in volo per raccogliere un alley oop in transizione – si è tramutato in una sublussazione dell’anca destra associata a un leggero stiramento dell’area pelvica. Risultato: otto gare, due settimane abbondanti, lontano dai parquet. E poi, a fine dicembre, su un blocco duro di Daniel Theis, ancora la spalla destra, la stessa operata in estate. Morant è costretto ad abbandonare la sfida contro i Pelicans, saltando poi le successive cinque. È tornato in campo il 9 gennaio ma da allora la spalla non ha mai smesso di fargli male, costringendolo periodicamente a fermarsi per prendersi un turno di riposo. Come ha ammesso lui stesso, “non mi sono mai sentito realmente me stesso, quest’anno”. A Ovest dietro OKC ci sono anche i Grizzlies I numeri lo testimoniano. Certo, segna sempre quasi 22 punti a partita, ma sta tirando con le peggiori percentuali della sua carriera, sotto il 44% dal campo e sotto il 30% da tre . Ma i numeri dicono anche qualcos’altro, di altrettanto significativo: Morant finora non è mai sceso in campo per più di cinque partite in fila. “Ho giocato in queste condizioni per tutta la stagione. È così, non posso farci nulla”, dice lui, con riferimento ai problemi alla spalla che sembrano non abbandonarlo. La prossima in calendario – in casa contro la miglior squadra NBA, i Cleveland Cavs, un test importante per Morant e per i Grizzlies – sarà di nuovo la quinta consecutiva. Nella speranza che poi ci sia una sesta, una settima e che Morant possa disputare con continuità l’ultimo mese di regular season per presentarsi al meglio per i playoff. Perché Memphis - pur con un Morant a mezzo servizio, pur con Marcus Smart in campo solo in 19 gare su 51 , con la prima scelta Zach Edey ai box per quasi un mese per una distorsione alla caviglia e giocatori di rotazione come GG Jackson e Vince Williams più in infermeria che in campo - sono nonostante tutto secondi a Ovest, dietro solo a Oklahoma City. Fanno, a oggi, 42 vittorie a fronte di 24 sconfitte, in corsa per l’ennesima stagione a 50 o più successi, la terza delle ultime quattro . Gioco duro, infortuni e arbitraggi Ma se Memphis vuole avere ambizioni importanti, e recitare da protagonista a maggio e giugno, molto se non tutto dipende da quale Ja Morant i Grizzlies avranno in campo. “He’s the one”, come riconosce il suo compagno Desmond Bane, ma per essere “the one” Morant deve essere il vero Morant . “Subire falli e farsi male ovviamente incide sul mio gioco. Mi fa muovere in maniera diversa. Mi fa pensare in maniera diversa”, ammette lui. Che poi ha qualcosa da dire anche agli arbitri, ma lo fa quasi sapendo – alla luce di uno status danneggiato dai suoi comportamenti lontano dal campo - di non poterselo davvero permettere. “Ovviamente ho la sensazione che gli arbitri non siano dalla mia parte, ma io devo andare avanti per la mia strada. Non posso permettere che i loro fischi mi facciano uscire dalla partita, va a scapito dei miei compagni. Ci sto lavorando e spero che prima o poi le cose possano cambiare”. Il rapporto non è facile: lontano dalle intemperanze di un Anthony Edwards leader per distacco in tecnici presi, e alle spalle dei soliti noti – i cattivi come Dillon Brooks e Draymond Green – i sette falli tecnici collezionati lo mettono a pari merito con Luka Doncic, altro carattere non facile. Ma Morant, almeno a parole, sa di dover migliorare sotto questo aspetto e allunga un ramo di ulivo verso la classe arbitrale: “Se ho mai fatto qualcosa di male nei loro confronti, mi dispiace davvero”. "Faccia della lega"? Il suo temperamento è una delle cose che può tenere lontano Morant dallo status di superstar assoluto di una lega che – prima dei due incidenti sui social network – aveva già dato indicazioni di voler puntare forte su di lui . Poi è arrivata la squalifica, un’intera stagione ai box e quest’annata che per adesso è ancora tra luci e ombre. Le prime sono abbaglianti: pochi giocatori sanno esaltare i tifosi come Morant, poche superstar hanno uno stile di gioco così elettrizzante e spettacolare, ancora meno sembrano così disposte ad accettare di far parte di una squadra come lui. Perché è vero, segna oltre 4 punti in meno di due annate fa, ma tira anche tre volte in meno a partita. Nel 2022 ha chiuso la stagione oltre i 27 di media, dimostrando che – se vuole – collezionare punti e cifre per lui non è un problema. Ma Morant ama giocare all’interno di un roster, quello dei Grizzlies, che ha qualità e profondità: il rapporto con coach Jenkins sembra solido, quello con i compagni ancora migliore, tanto con l’altra superstar che con gli ultimi arrivati . Il tiro da migliorare, una fiducia incrollabile Certo, a 25 anni può, e deve, ancora migliorare. Soprattutto nel tiro da fuori, fondamentale per aprirsi quegli spazi in area dove è inarrestabile. In carriera non ha mai toccato il 35% e il volume delle sue triple testimonia di un tiratore riluttante. Dopo l’All-Star Weekend, poi, le cifre sono perfino peggiorate e su questo fondamentale Morant deve lavorare e deve migliorare, se vuole essere al livello dei migliori. Non che un tiro sbagliato lo abbia mai spaventato: “Ne ho sbagliati tanti, nella mia carriera. E non sono certo il primo”. Può sbagliare un tiro e perdere una partita, ma c’è una cosa che Morant non perde mai: la fiducia in sé. “È ai massimi. Non sono preoccupato”, assicura. Forse devono iniziare a esserlo i suoi avversari.

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Mauro Bevacqua