Tokyo2020, un'estate italiana: le parole da custodire per il futuro
ESTATE AZZURRAUn'estate pazzesca per l'Italia sportiva: dagli Europei all'Olimpiade, passando per Berrettini a Wimbledon. Una stagione che ci ha regalato successi, emozioni e una gioia ritrovata. E che ci lascia parole importanti da custodire per il futuro
È successo, è tutto vero. È impossibile trovare nel passato una sequenza di vittorie così impressionante, che quasi l’uso del superlativo (di cui troppo spesso abusiamo, come italiani) sembra riduttivo. Fatichiamo a trovare parole per descrivere perché ciò che proviamo è difficile da incanalare nella razionalità. Eppure con uno sforzo possiamo seguire un filo, tentare di ricostruire questi mesi cercando nel nostro vocabolario, che è tra i più ricchi, quelle parole che possono dare un senso a qualcosa che ci appare semplicemente folle nella sua meraviglia.
EMULAZIONE
È la prima parola, dalle origini antichissime ma che forse come italiani ci eravamo persi per strada nel corso del tempo. Avevamo bisogno di una miccia che ci facesse entrare in un circolo virtuoso, la spinta ad abbandonare l’invidia, il guardare nel giardino altrui, nei campanilismi e nei partiti presi. Qualcosa da imitare, da rincorrere in una competizione positiva e non rancorosa. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo avuto l’occasione di vedere quanto c’è di bello nel nostro paese, la sua forza, la sua resistenza, la capacità di non perdersi d’animo. E per quanto possa sembrare retorico, è come se lo sport italiano avesse emulato quel comportamento, quella forza carsica che l’Italia tira sempre fuori quando meno te l’aspetti. La Nazionale di Mancini, Berrettini, l’Italia del basket, Federica Pellegrini, Jacobs e Tortu, Tamberi e Palmisano, che a non scrivere tutti i nomi si fa torto, ma è come se ci fossero tutti. Perché gli atleti azzurri hanno incarnato lo spirito del tempo. Hanno messo da parte invidie, rancori. Come se avessero avvertito la responsabilità di rappresentare un paese, le sue speranze, i suoi sogni migliori. Rappresentare il meglio e non il peggio. Qualcosa che va oltre il concetto di vittoria e sconfitta: l’Italia del basket ha perso? Sì, non è arrivata in finale, non ha vinto medaglie, ma è così importante? Che esempio ci ha dato, come spirito, come voglia, come mentalità?
ESEMPIO
Ed è proprio la parola “esempio”, legata a emulazione, che spiega molto di questo moto che pare inarrestabile. Paolo Condò lo ha chiamato il potere dell’ispirazione. Lo ha spiegato benissimo Antonella Palmisano, oro nella 20 km di marcia. Ha detto che le vittorie di Tamberi e Jacobs, e poi quella di Stano (e anche lui lo ha confermato: “gli ori sono come le ciliegie, una tira l’altra”), le hanno dato una “marcia” (nel vero senso della parola) in più. Le hanno fatto capire che poteva farcela anche lei. E vogliamo parlare dell’esempio della sua collega, Eleonora Giorgi? Dopo pochi chilometri ha capito che non ce l’avrebbe fatta. Poteva ritirarsi per i guai fisici, nessuno avrebbe potuto biasimarla. Invece ha onorato la corsa e ha incitato la compagna, l’ha spinta con il tifo verso l’oro. Questo significa vincere anche quando non si conquistano medaglie. E’ Federica Pellegrini che onora l’Olimpiade con la serietà spensierata di chi non deve dimostrare nulla. E’ un 4 senza che conquista il bronzo dovendo cambiare formazione all’ultimo per la positività al Covid di Rosetti. Capacità di adattarsi, che diventa esempio per gli altri. Abbandono del lamento così italiano: ce la giochiamo lo stesso. Senza esibire alibi (parola purtroppo molto italica spesso), senza accampare scuse, senza lanciarsi in accuse.
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ENTUSIASMO
L’emulazione e l’esempio hanno portato all’entusiasmo. Quello che serve ad affrontare le sfide non con il peso della pressione, ma con la leggerezza (intesa nel senso che alla parola dava Calvino) di chi sa di far parte di un’esperienza collettiva e non individuale, di chi sa di non essere da solo. In questo senso, anche all’Olimpiade l’Italia è stata una squadra unica, in cui non contava la singola disciplina in sé ma il gruppo nel suo insieme. I nostri nuotatori che festeggiano a Casa Italia Jacobs, Mancini e gli azzurri del calcio che tifano per i nostri atleti olimpici. “Il movimento è tutto, lo scopo finale il nulla”, diceva un saggio. L’entusiasmo è contagioso, e va maneggiato con cura. Non significa non vedere, non essere anche severi nell’analisi. Ma può voler dire, in un paese in cui si è spesso distruttivi, esercitare la critica in modo costruttivo, togliendo alla parola “critica” il senso di accusa che spesso le diamo. Affidare le analisi a chi sa e conosce e lasciare al bar le chiacchiere da bar. Chissà se riusciremo anche in futuro a custodire l’insegnamento di questo momento.
ESTATE
Estate, dal latino aestus "calore". I sentimenti caldi, della stagione del raccolto. Quando si colgono i frutti dopo mesi e anni di lavoro. Quando si festeggia, si riposa, si ricerca la spensieratezza. “Anime contadine in volo per il mondo” che si ritrovano a urlare di gioia in queste nuove “aie” che sono le piazze reali e virtuali. Ma l’estate è anche il tempo del bilancio dell’annata, da un lato, e il momento in cui si pensa alla semina futura. Non dimenticarsi della semina sarà fondamentale, perché ora il terreno è fertile più che mai e perdere l’occasione sarebbe imperdonabile. Quanti Desalu ci sono, in Italia, oggi, che aspettano solo un’occasione, un’opportunità? Lo sport che va nei luoghi dove c’è fame, bisogno, degrado, ma anche voglia, tanta, di riscatto. Lo sport che diventa scuola e lo sport nelle scuole: se non ora quando? Ma possiamo stare tranquilli: la consapevolezza c’è, a tutti i livelli, e questa è la cosa più importante che ci lascia questa stagione. E ricordiamoci: non vuole dire che dovremo vincere per forza. Quello che è importante è costruire, mantenere l’atteggiamento, la mentalità che abbiamo dimostrato di avere.
E...
“E”: la congiunzione per eccellenza della lingua italiana. E allora non finisce qui. E allora difendiamo quell’Italia che non ti chiede da dove vieni ma è curiosa di sapere dove vuoi andare. E allora non perdiamolo questo momento magico. Teniamocelo stretto, per quando magari le cose andranno meno bene, per ricordarci che possiamo, sempre.