6 Nazioni femminile, Di Giandomenico: "Risultati Italia sotto le aspettative"

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Con il commissario tecnico Andrea Di Giandomenico abbiamo analizzato il momento che vivono le Azzurre, tra crisi di risultati, un po’ di senso di appagamento post qualificazione alla Coppa del mondo, ma anche voglia di ripercorrere percorsi ben conosciuti che hanno portato in alto le ragazze della palla ovale. Il tutto inserito in un processo di sviluppo rinfrancato dalla notizia dei nuovi contratti federali

Non è certamente il migliore dei periodi per l’Italrugby femminile, all’ultimo posto del torneo Sei Nazioni ancora alla ricerca di vittorie e funestata alla vigilia della partenza per l’ultima giornata in Irlanda da alcune positività che hanno costretto il tecnico Andrea Di Giandomenico a rivedere le sue scelte di formazione, con ben quattro cambi forzati. Di ieri, tuttavia, la notizia che qualcosa sta mutando anche nel panorama del rugby femminile italiano, con l’annuncio di nuovi contratti e borse di studio federali che vanno nell’ottica di costruire il futuro prossimo con vista Coppa del mondo in Nuova Zelanda, e guardando più lontano anche quello che verrà.

Siamo andati a chiedere direttamente a chi conosce bene l’ambiente azzurro e lo vive da anni, proprio il capo allenatore Andrea Di Giandomenico, com’è lo stato dell’arte in casa Italia. “Non neghiamo che il Covid in questo momento ci sta mettendo un po’ in difficoltà, ma in generale stiamo facendo una riflessione assieme a tutte le ragazze – ha detto il commissario tecnico azzurro -. La prima analisi, in tal senso, la comincio ovviamente da me e penso a ciò che ho fatto io e a cosa forse non è stato sufficientemente efficace. Abbiamo provato ad inserire qualcosa di nuovo nel sistema di gioco, che probabilmente ha bisogno di maggior tempo per essere assimilato, ma lo abbiamo pensato anche in ottica Coppa del mondo. Poi senza dubbio proprio considerando la qualificazione alla kermesse iridata, è subentrato un po’ di appagamento nel raggiungimento di questo traguardo. In generale, direi che abbiamo la necessità come detto di ritrovare un po’ di efficacia e non abbiamo ancora avuto la capacità di concentrarci bene su questo torneo 2022. Ci sono certo situazioni, in particolare adesso, che non aiutano, ma dev’essere preso come spunto di riflessione e non come scusante per prestazioni oggettivamente sotto le aspettative e soprattutto al di sotto di quella che è la necessità del livello internazionale”.

Contratti centrali: un primo punto di svolta

La notizia dei primi contratti federali va comunque nella direzione di un maggior sviluppo dell’intero movimento e non può che essere accolta in senso positivo.

“Credo sia un modo di cercare di fare ancora meglio ciò che già si era avviato, andando a riconoscere l’impegno, il valore e la professionalità delle ragazze, in un contesto generale che non ne ha proprio così tanta e ancora c’è molto lavoro da fare in tale senso e non solo sulle giocatrici. Magari nel breve termine cambierà poco, perché non è che improvvisamente diventi più forte perché hai un contratto alle spalle, ma credo che il percorso da intraprendere sia più lungo e debba ripartire soprattutto dalla formazione giovanile e da una sorta di professionalizzazione da un punto di vista tecnico-atletico: questo è l’obiettivo. Ora va riconosciuta la giusta attenzione a tutto questo, per garantire una stabilità nel tempo e la possibilità di avere sempre più atlete e sempre più preparate”. Quando si è iniziato a parlare di professionismo in Galles nei mesi scorsi, con i primi dodici contratti ufficiali e altrettante cosiddette retained players, giocatrici che comunque si allenano e sono seguite seppur con tempi più ristretti e minor intensità, i risultati sono arrivati quasi subito con un avvio sprint in questa edizione del Sei Nazioni femminile. Il tecnico irlandese Greg McWilliams aveva riconosciuto dopo la sconfitta alla prima giornata, come nel femminile il gap fosse più breve da colmare rispetto al maschile, e il capitano gallese Siwan Lillicrap aveva indicato nei tempi di recupero il più grosso miglioramento nell’avvento del professionismo. “E’ senz’altro un aspetto fondamentale, perché si viene a determinare un contesto che permette la prestazione delle atlete a 360 gradi. Penso semplicemente al non dover più stare in piedi al lavoro, per fare un esempio, dopo una partita faticosa e stressante. È tutto quello che passa sotto al nome di allenamento invisibile. Se penso ad alcune delle ragazze, non credo che si allenerebbero di più rispetto a quanto già fanno oggi, ma tutto questo aiuterà inevitabilmente il miglioramento delle performance”.

Sia nelle parole delle altre nazionali che hanno conosciuto in precedenza questo fenomeno, che in quelle post comunicazione ufficiale di Manuela Furlan, traspare in maniera decisa l’idea di questo come un passo di svolta non tanto per le attuali giocatrici, ma più per quelle che verranno in futuro. “Credo che le ragazze abbiano assolutamente ben chiaro questo aspetto. Il loro beneficio è momentaneo ma non fine a sé stesso. Stiamo parlando di progettualità che deve servire a rendere consistente tutto il rugby femminile. Le ragazze questo lo percepiscono a pieno e lo sanno molto bene”.

Uno sguardo alla Scozia, rivale alla quarta giornata

Prossimo avversario, sabato 23 a Parma, sarà la Scozia. Formazione sconfitta nel torneo di qualificazione mondiale a settembre, sempre allo stadio Sergio Lanfranchi, ma che nonostante le debacles di queste prime giornate, non sembra meritare il posizionamento attuale. Vicinissime a battere il Galles a Cardiff e poi rimontate, le highlanders hanno offerto prestazioni di carattere pure contro le super potenze Inghilterra e Francia. “Ho avuto modo di dirlo in passato, quello della Scozia è un lavoro che parte da lontano e alla lunga il lavoro paga, così ora stanno arrivando i frutti di tutto questo. Già ad inizio torneo si parlava di cosa potessero fare le quattro dietro Inghilterra e Francia con un generale livellamento e direi che si sta confermando questa situazione. I risultati passati non possono prevedere quelli futuri, ma avendo lavorato in maniera efficace in passato, ora possono ambire a risultati e punteggi migliori, in linea con quelle che sono già le loro prestazioni”.

Il torneo 2022, paradosso tra dominio ed equilibrio

Davanti l’Inghilterra è sembrata avere qualcosa in più rispetto alla Francia.

“Sì, ma va considerato che l’Inghilterra va sempre a tavoletta, punta su livelli di intensità incredibili. La Francia magari è più alternante, però arriverà a giocarsi l’ultima partita in casa a Bayonne, con lo stadio pieno e sono sicuro che saprà esaltarsi ed è pur sempre una squadra con grandissime potenzialità. Ad oggi magari l’Inghilterra può sembrare più dominante, ma non mi stupirebbe trovare una Francia al massimo fino alla fine”. Il torneo sinora in effetti sembra apertissimo, in particolare come sottolineato per le quattro dietro le prime due forze. “Il Galles veniva da anni di digiuno. Ci siamo passati anche noi e sappiamo cosa vuol dire, ma ha avuto la possibilità di qualificarsi grazie al posizionamento nell’ultima Coppa del mondo già per la prossima e ha potuto così lavorare con maggiore serenità. Manifestazione per la quale la Scozia ha investito tanto, mentre l’Irlanda sta ripartendo e ricostruendo. Penso che tutte, pur con diverse motivazioni, stiano cercando di ritrovare efficacia nei risultati e quindi ci sia una sorta di equilibrio di fondo. Per noi, invece, confido che torneremo presto a rifare quello che sappiamo benissimo fare”.

Recuperare confidenza nel gioco, poi pensare ai risultati

Quale quindi l’obiettivo per la chiusura di torneo delle nostre ragazze toste?

“Ritrovare il nostro rugby e giocare bene. Quando lo abbiamo fatto in passato, poi sono arrivati i risultati. Non che ora non c’interessi il risultato stesso, ma credo sia prioritario ritrovare confidenza nel nostro gioco, sia a livello di squadra che singolarmente, riappropriandoci delle nostre capacità individuali e collettive. Fatto questo, poi, andremo a discutere dei risultati, che ci auguriamo possano essere positivi”.