Il tennista svizzero continua a riscrivere i record e a ingigantire i contorni della sua leggenda. La vittoria agli Australian Open è stata la ventesima in uno slam, e ha confermato che la sua grandezza passa per una dimensione tanto visibile quanto invisibile
L'immagine che ricorderemo di Roger Federer che raggiunge i 20 trofei del Grande Slam è quella delle sue lacrime. Durante la premiazione Federer si commuove in maniera crescente, prima quando dice “la mia favola continua”, ma il suo volto crolla davvero quando, dopo aver ringraziato e fatto i complimenti al box di Marin Cilic, prosegue: “...e al mio team, vi amo ragazzi”.
Nel suo discorso c'è un passaggio che forse più di ogni altro evidenzia il momento della sua carriera: «Abbiamo passato dei grandi momenti qui in Australia, siamo partiti da Perth (nella Hopman Cup 2017, nda) lo scorso anno e siamo ancora qua, è stato un lungo viaggio». Federer considera quella di inizio 2017 come una vera e propria rinascita, un viaggio alla riscoperta di sé stesso che gli ha permesso di costruirsi questa magnifica coda finale di carriera. Neanche lui se lo sarebbe aspettato davvero, e quello che stiamo guardando è forse il Federer emotivamente più intenso della sua carriera, quello più connesso con l’amore che lo circonda.
Nell’ultimo anno Federer ha ricominciato a riscrivere i record e questo periodo leggendario si concluderà probabilmente con l’arrivo al primo posto nella classifica ATP, a 36 anni sei anni dopo l’ultima volta. Questa incredibile parabola finale sembrerebbe facilitata dalle contingenze degli infortuni dei suoi avversari storici, oltre che dal mancato ricambio generazionale di fondo, ma si rischierebbe di guardare la questione dal lato sbagliato. E se fosse la forza e la solidità della sua figura ad aver creato, in un modo sottile e quasi invisibile, questo contesto così favorevole?
Federer condivide il trofeo con il suo coach, Ivan Ljubicic.
La finale contro Cilic è un buon esempio di questo discorso. Federer ha influenzato negativamente le performance del suo avversario in alcuni momenti chiave. Cilic ha delle caratteristiche tecniche che contrastano piuttosto bene il gioco di Federer, e che gli hanno permesso di metterlo in difficoltà in tutti i precedenti dal 2014 in poi - ad esclusione dell'ultimo Wimbledon, dove si è infortunato nel quinto game. Federer, tuttavia, ha vinto il match di testa e di blasone, oltre che dal punto di vista tecnico e tattico, venendo a capo di una partita che solo sulla carta era scontata (i bookmaker davano a Federer l’85% di possibilità di vittoria) ma che in realtà è stata molto difficile, anche al di là del punteggio tiratissimo, risolto in cinque set.
Le anguste strade verso il ventesimo successo
Marin Cilic ha battuto Federer una sola volta, allo US Open 2014, ma in 4 degli ultimi 5 precedenti aveva sempre posto delle problematiche serie allo svizzero. Persino all'ultimo Wimbledon, quando la sua sconfitta è stata inequivocabile, Cilic era stato il primo a procurarsi una palla break prima di infortunarsi. L'anno precedente ai Championships aveva perso - con match point a favore - al quinto set, a Toronto nel 2014 aveva ceduto soltanto per 7-6 6-7 6-4, mentre alle ultime ATP Finals ha nuovamente portato Federer al terzo set, nonostante la superficie abbastanza lenta che in teoria dovrebbe favorire lo svizzero nel confronto diretto.
Cilic, insomma, al di là del suo livello generale e del suo ottimo stato di forma, possiede delle caratteristiche specifiche che danno particolarmente fastidio a Federer. Quella che troppa gente pensava sarebbe stata una semplice discussione della tesi di laurea, si è dimostrato un esame vero e proprio: Federer non si è limitato a mettere in campo il suo gioco abituale in condizioni normali, ma ha dovuto mettere a punto alcuni accorgimenti e soprattutto tirare a lucido il suo tennis, per laurearsi davvero un 20 volte vincitore Slam.
Per capire le difficoltà che avrebbe incontrato Federer, bisogna soffermarsi sulle caratteristiche tecniche di Cilic. Il croato serve e risponde bene in anticipo con entrambi i fondamentali, ed è la premessa più importante nel contesto delle superfici ultraveloci come quella di Melbourne. Non solo possiede un ottimo rovescio bimane, forse il suo colpo più sicuro, ma dalla parte del dritto preferisce giocare i lungolinea, che sul veloce sono più incisivi e sarebbero andati a impattare contro il rovescio di Federer. Cilic infatti non gira il busto in un movimento unico quando esegue il dritto, ma effettua una piccola pausa con il busto frontale alla rete, che gli rende più difficile girare velocemente il braccio e la spalla destra per eseguire dritti in diagonale sempre efficaci, dove perde anche un po' di distanza dalla palla.
Come aveva pianificato anche nell'ultima finale Slam giocata, a Wimbledon lo scorso luglio, Cilic ha quindi prevedibilmente insistito sulla diagonale sinistra, assecondando contemporaneamente le proprie migliori caratteristiche e sfruttando quelle più vulnerabili di Federer. In questo senso lo ha aiutato la sua storica abitudine a servire in kick le seconde palle, ma anche le sue capacità nel giocare le palle basse, che gli hanno permesso di rendere meno efficaci i back di Federer.
Per sfuggire a queste trappole, Federer ha avuto bisogno sia di scelte che di esecuzioni corrette. Ha iniziato brillantemente la partita impattando benissimo la risposta in top di rovescio sulle seconde in kick di Cilic, e questo gli ha permesso di non perdere subito campo con il back: a fine partita il croato ha registrato solo il 51% di punti con la seconda, nonostante la spiccata tendenza a servire arrotato sul rovescio dello svizzero. In questo senso Federer è stato aiutato dal terreno duro e veloce, una condizione di gioco più propizia per rispondere d'impatto, visti i rimbalzi più regolari sia rispetto alla terra che rispetto all'erba.
Attraverso questo tipo di risposta Federer ha ottenuto diversi punti che gli hanno permesso di scappare immediatamente sul 4-0 nel primo set, per poi vincerlo per 6-2. Nonostante abbia anche lui una tendenza a servire le seconde in kick, ha evitato questo tipo di servizio soprattutto da sinistra: questo gli ha permesso molto spesso di non giocare sulla diagonale sinistra, quella sfavorevole, e di registrare a fine partita una percentuale di punti con la seconda migliore di quella di Cilic (58% contro 51%).
Ma, nonostante le partite di tennis nascano anche dai piani tattici generali, molto spesso è la gestione di singoli momenti a determinarne l'andamento. Così Cilic nel secondo set ha salvato una palla break sul 4-4 andando contro la sua strategia di base: vedendo Federer che si era spostato molto verso sinistra per rispondere di dritto sulla seconda (come ha fatto molto spesso sia contro Berdych che contro Chung, meno abili nel servizio in kick rispetto a Cilic), il croato ha servito la seconda palla cambiando angolo e andando al centro, siglando un rischioso ace senza il quale Federer sarebbe probabilmente andato in vantaggio per 2 set a zero, seppellendo la partita.
Nel terzo set la differenza tra le prime palle giocate in campo dai due è stata abissale: Federer ha registrato un eccellente 80% contro il 50% di Cilic, raccogliendo anche di più in termini di punti ottenuti con la prima (82% contro 70%). La clamorosa inversione di tendenza ha determinato, invece, la vittoria di Cilic nel quarto set: in quel parziale il croato ha servito il 77% di prime in campo contro un misero 36% di Federer, che ha anche ottenuto meno (67% punti con la prima contro il 75% di Cilic).
Oltre ai numeri, Federer è parso visibilmente calato nella lucidità mentale, negli spostamenti laterali e, di conseguenza, con il rovescio. La difficoltà nel mantenere grande aggressività con quel colpo è stata testimoniata un po' in tutto il torneo. Federer non è a livello di un anno come condizione fisica aveva e ha finito per affossare in rete tanti rovesci in top su palle cariche e profonde degli avversari, anche contro Struff e Fucsovics.
Spesso Federer quindi è stato costretto a giocare dei rovesci in back, grazie alla pressione che Cilic ha esercitato su quel lato, erodendo man mano le certezze di Federer col top. Qui sopra, infatti, Federer gioca un back su una palla comoda in un punto importante, in un momento abbastanza lungo della partita in cui aveva perso timing e sensibilità con il rovescio in top. Su queste palla morte Cilic si è comportato bene, spingendo molto bene la palla bassa in back di Federer e si è aggiudicato il break decisivo per vincere il quarto set.
Soprattutto nel quarto set, Cilic ha iniziato davvero a lasciar andare il braccio quasi senza remore. Quell'autostima, quella trance agonistica e quella sana dose di incoscienza che ha accumulato durante la partita, ben lontana dai tremebondi primi game della partita, gli hanno permesso di arrivare fino alla chance più importante di tutto l'incontro. Cilic ha avuto l'opportunità di rispondere a una seconda da sinistra su una palla break in apertura di quinto set. Il punto se lo è aggiudicato Federer: da una parte per la scelta corretta di servire la seconda sul dritto del croato; dall'altra è visibilmente mancata a Cilic quella cattiveria necessaria per non farsi condizionare dal momento e dall'avversario. L'errore è stata la logica conseguenza.
Non appena ha ritrovato il suo rovescio, Federer ha piazzato l'allungo decisivo della partita. Ha concluso il primo game del quinto set vincendo un lungo scambio sulla diagonale sinistra, mentre si è aggiudicato il break in quello successivo con una profondissima risposta di rovescio. In quel momento il match si è di fatto concluso: Federer chiuderà il quinto set per 6-1.
Con la vittoria di ieri Federer ha quindi migliorato lo score di percentuali di successi nelle partite terminate in 5 set, che era fermo soltanto al 59%. Anche questa, come tante altre, poteva essere un'insidia che si nascondeva dietro la quantità incredibile di stress visibilmente accumulato da Federer e sciolto nel pianto finale. Alla vigilia del torneo aveva detto che «un 36enne non è mai il favorito», al termine della finale ha invece detto: «Contro Berdych pensavo di perdere. Non ero negativo, né mi sentivo male, semplicemente mi aspettavo che sarebbe arrivata una sconfitta. Dopo la semifinale ho preso sonno alle 3 del mattino, dal giorno dopo ho cominciato a pensare a come avrei affrontato Cilic, alle emozioni di vincere il ventesimo Slam e alla delusione di perderlo. Sono state 36 ore difficili».
Non è stata effettivamente la migliore finale della storia, ma come sempre accade nel tennis sono le partite più difficili, in cui ognuno combatte contro i propri demoni, che determinano la forza di un giocatore. L'ennesima prova di grandezza di Federer nasce anche e soprattutto da questa pressione, dalla consapevolezza che a 36 anni e mezzo ogni occasione poteva essere l'ultima per raggiungere questo prestigioso traguardo, a cui teneva nonostante una carriera già infinitamente titolata e celebrata.
La grandezza invisibile di Federer
Nei suoi ultimi due successi Slam, Federer non ha dovuto affrontare i suoi avversari storici (Nadal, Djokovic, Murray) e questo nel discorso comune potrebbe rappresentare un parziale ridimensionamento delle sue vittorie. Il fatto che sia lui che Nadal siano tornati e si siano mantenuti al vertice, spartendosi gli ultimi 5 Slam, ha alzato di nuovo la colonnina di mercurio dell'interesse per questo sport, ma alcune opinioni autorevoli interpretano questo fatto come un'incapacità del tennis di rinnovarsi, anche e soprattutto per un livello troppo basso della generazione del futuro.
Queste considerazioni, che suonano già paradossali, vanno tuttavia rovesciate e subordinate a un paradosso ulteriore. Bisognerebbe a un certo punto pensare che è stato Federer, con la sua smisurata grandezza, e la capacità di spingere di volta in volta più in là i limiti del possibile su un calcio da tennis, a creare uno standard incredibilmente difficile da raggiungere per tutti gli altri. Gli altri campioni hanno dovuto spingere al massimo il proprio livello di gioco e la tensione agonistica, finendo spesso preda di infortuni. Sarebbe troppo semplice pensare che un’intera generazione di tennisti sia cresciuta senza la giusta attitudine mentale. È più verosimile che la forza di Federer, Nadal e Djokovic abbia chiuso regolarmente le porte a chi sarebbe venuto più tardi, provocandonuna sorta di rassegnazione che nel tennis sembra pesare più che in altri sport. Indirettamente la pressione che Federer esercita sugli altri, anche e soprattutto a livello inconscio durante gli allenamenti, forza i ritmi e i carichi di lavoro di chi aspira a competere alla pari con lui, logorandone fisico e mente.
Federer possiede una forza visibile, quella del suo talento e della sua intensità, ma ne possiede un'altra invisibile che non si limita a manifestarsi soltanto durante gli incontri, ma che ha influenzato in ogni momento della propria vita chiunque abbia deciso di sfidarlo per ambire a vincere i trofei più importanti e a diventare il Numero 1. In maniera più circoscritta, come è accaduto a Cilic in quella palla break in apertura di quinto set.
Il paradosso più grande è che sotto certi aspetti Federer viene considerato il giocatore più forte, con il potenziale più alto. Eppure altre espressioni di imbattibilità di livello forse addirittura superiore sono state proprio quelle di Djokovic e quella di Nadal, almeno sulla terra battuta. Federer, che esprime il gioco più brillante, ha preservato per questo motivo più energie psico-fisiche degli altri, risultando il più regolare nell'arco dell'intera carriera, pur avendo avuto anche lui grandi periodi di dominanza, senza essere però forse il più regolare degli altri nei rispettivi periodi migliori.
Federer nel corso di questi anni ha consumato, polverizzato, bruciato intere generazioni che si sono dovute confrontare con lui. Chissà per quanto altro tempo ancora.