Tennis, Ashleigh Barty si ritira a 25 anni: dalla depressione agli Slam, la sua storia

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Giorgia Mecca

La tennista australiana si è ritirata a 25 anni da numero uno al mondo. Già nel 2014 si era allontanata dal tennis dopo un periodo di depressione, riuscendo negli anni successivi al rientro a conquistare Roland Garros e Wimbledon. L'ultimo successo in uno Slam in casa sua agli Australian Open dello scorso gennaio. Ora la decisione di lasciare dopo "aver dato tutto" per "inseguire altri sogni" lontano dal campo

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“Non esiste un modo giusto o un modo sbagliato. Esiste il mio modo e questo è il momento perfetto per annunciare il ritiro”. A soli venticinque anni, la numero uno al mondo Ashleigh Barty, vincitrice in casa sua dell’ultima edizione degli Australian Open, il primo Slam della stagione, ha annunciato che si ritirerà dal tennis “è la prima volta che lo dico ad alta voce ed è difficile, ma sono felice della scelta. E sono pronta” ha detto durante una conversazione, poi postata su Instagram, con la sua amica ed ex compagna di doppio Casey Dellacqua. Barty aveva cominciato il 2022 senza perdere neanche un match, il bilancio di questa stagione è undici vittorie, zero sconfitte e due titoli conquistati, Adelaide e Melbourne. “Nella seconda parte della mia carriera ho capito che la mia felicità non dipende dai risultati ottenuti sul campo, e il successo per me consiste nel sapere di avere dato tutto quello che avevo”, ha continuato Barty che domani terrà una conferenza stampa. “Non ho più quella voglia”, ha detto Barty a Dellacqua. C’è vita oltre il tennis e la ormai ex numero uno al mondo non vuole più essere costretta a dimenticarsene. Aveva un sogno da bambina, vincere Wimbledon, dopo essere riuscita a realizzarlo nel 2021 ha capito che, anche con quel trofeo tra le mani, continuava a mancarle qualcosa. Tutto qui? Si è chiesta. Il tennis illude e tradisce, consuma i giocatori ma nessuna vittoria è quella definitiva, i trofei non sono mai abbastanza, due giorni dopo la fine della stagione sull’erba il calendario impone di prendere un altro aereo per cominciare la stagione sul cemento americano.  “Per me ci sono tanti sogni che non includono il viaggiare per il mondo per giocare a tennis, rimanendo lontana dalla mia famiglia. Non smetterò mai di amare il tennis, ma ora voglio godermi il prossimo capitolo come persona, non come atleta”. 

Il primo ritiro e il ritorno vincente

A venticinque anni il suo ritiro precoce ricorda quelli di Bjorn Borg e di Justine Henin, anche loro giovanissimi e ancora vincenti. A differenza dei due ex tennisti, però, Ashleigh Barty ha deciso di abbandonare il campo dopo una striscia positiva di successi, non per paura dei suoi rivali, ma per stanchezza, non per il terrore di poter non essere più la numero uno al mondo, ma per il timore di rinunciare a tutto il resto mantenendo il podio. Visti da fuori e paragonati alle carriere di Federer, Nadal, Venus e Serena Williams, venticinque anni sembrano pochi, ma per chi vive, dorme e respira in funzione del tennis da quando ne ha otto possono risultare tanti, troppi. Barty è stata una giovane promessa; ha cominciato per caso dopo aver trovato una racchetta da squash malandata nel garage di casa sua quando aveva 4 anni. Ha cominciato così, massacrando il muro di quel garage con una pallina, tutti i pomeriggi della sua infanzia. “Ritornate quando Ash avrà compiuto otto anni” dissero a lei e a suo padre i maestri del circolo di Brisbane, poi però la videro giocare e dissero “D’accordo, ci vediamo la prossima settimana”. Ed eccola Ashleigh Barty che a nove anni vinceva contro i quindicenni, e a quindici anni alzava il trofeo di Wimbledon Junior. Un prodigio a caro prezzo. Le sconfitte fanno soffrire, le vittorie anche. Nel 2012, l’anno del suo primo Wimbledon, la tennista ha passato meno di trenta giorni a casa sua. Tutto il resto della stagione lo ha trascorso in Europa e negli Stati Uniti, dall’altra parte del mondo, sola o quasi, a giocare partite su partite per conquistare punti in classifica. Le facevano fotografie, le chiedevano interviste, dichiarazioni ai microfoni, lei avrebbe voluto vivere con il cappellino, la bocca chiusa e la testa bassa per sempre, nascondersi il più possibile. Quando le facevano notare che era troppo timida, come tutti i timidi, faceva un passo indietro, abbassava ancora di più la testa. Il tennis è uno sport ossessivo, ogni partita persa elimina chi la subisce dal tabellone, fa dubitare di se stesso lo sconfitto, come se il suo valore complessivo potesse essere riassunto dal punteggio riportato a fine match. Nel 2014, a diciotto anni, Ashleigh Barty ha deciso per la prima volta di smettere di giocare a tennis. Soffriva di depressione già da qualche anno, ma all’improvviso non era più in grado di gestirla; il tennis in fondo è un gioco e lei non stava più giocando, non si divertiva più. Senza mai annunciare ufficialmente che avrebbe smesso per sempre, Barty decise di provare a giocare a cricket a livello professionistico, nella Brisbane Heat. Per lei sono stati diciotto mesi di vita normale, feste e gioventù, un periodo in cui ha capito che è possibile avere compagni di squadra, amiche e non soltanto avversarie, che esiste la possibilità di non farsi divorare dallo sport e dalle sue pretese agonistiche.

 

“Dovresti riprovarci con il tennis”, le disse un giorno Casey Dellacqua, nostalgica del suo gioco all’antica maniera, diverso da quello di tutte le altre, e del suo rovescio in slice, il migliore del mondo per gli spettatori, il peggiore da affrontare per le avversarie. Nel frattempo, Barty aveva compiuto vent’anni, si stava facendo aiutare da una terapista. Il sogno di vincere Wimbledon era rimasto intatto. Nel giugno del 2016, senza classifica, senza partite e con poco allenamento ma con l’aiuto di un mental coach, è tornata nel circuito. Tre anni dopo al Roland Garros ha conquistato il suo primo Slam in carriera: “Oggi l’unica cosa che mi sono detta durante la partita è stata: “Ash, potresti non avere mai più un’opportunità del genere, cerca di andartela a conquistare con tutte e due le mani”, disse dopo aver sconfitto Marketa Vondrousova a Parigi. Oltre al Roland Garros ci sono stati quindici titoli Wta, la prima posizione nel ranking, mantenuta per 120 settimane, 113 consecutive. Durante la pandemia era difficile giocare e lei non ha giocato per non dovere stare troppo tempo lontano dalla famiglia, un errore che aveva commesso in passato e che non voleva ripetere. Dopo l’ultimo Slam conquistato in Australia, rispondendo alle voci riguardo a un possibile ritiro lei sorridendo aveva detto: “In realtà non riesco a pensare a un modo migliore per smettere. Mi sono sposata da poco, ed è divertente”. Il tennis per Ashleigh Barty è stato tanto, a volte troppo. A venticinque anni si è accorta che non è tutto.

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