Thiem si ritira dal tennis alla fine del 2024: "Il polso non va bene come vorrei"

l'annuncio

Michela Curcio

Dominic Thiem ha ufficializzato il ritiro dal tennis agonistico al termine della stagione a causa dei continui problemi al polso. "Ho pensato a questa decisione per molto tempo. Il mio polso non sta come vorrei stesse", ha spiegato l'austriaco in un video pubblicato sui social. 30 anni, ex n°3 del mondo, Thiem ha vinto in carriera lo US Open nel 2020 e raggiunto altre tre finali Slam

Non esiste sguardo più triste di chi realizza il sogno di una vita nel silenzio, strappandolo al proprio migliore amico. E se poi, quattro anni dopo, il tennis non è più una gabbia dorata, ma diventa una prigione da cui evadere per salvarsi, ritirarsi è quasi motivo di “felicità”, per pensare a un futuro in cui ritrovare stimoli per ritrovare se stessi.

 

Dominic Thiem ha annunciato il ritiro dal tennis a fine 2024, a 31 anni appena compiuti. In realtà, però, forse l’austriaco ha un po’ iniziato a ritirarsi il 13 settembre 2020, in un Arthur Ashe spettrale, osservando il vuoto intorno a lui in quello che doveva essere il giorno più bello di una carriera di sangue, sudore e lacrime. Lì dove chiunque si sarebbe lasciato andare all’adrenalina, alla gioia più disperata e umana, alle mani sul volto e al sorriso difficile da nascondere, lui parlava con la voce rotta dalla commozione di chi pensa soltanto “mi dispiace”, di fianco alle lacrime, quelle sì, di tristezza di Sascha Zverev, amico di una vita nel circuito ATP, al quale aveva appena rimontato due set di svantaggio in una finale Slam. E questa immagine, più di qualsiasi altra, descrive chi è stato Dominic Thiem per il tennis.

Tra i "signori" del tennis

Dominic Thiem è stato uno tra gli ultimi “signori” in racchetta. Tanto esplosivo in campo, tanto sportivo a fine partita. Dritto fulminante, rovescio a una mano dal retrogusto di Wawrinka, una carriera nata da principe sulla terra rossa ed evolutasi da erede al trono soprattutto sul cemento: talento e classe. Ma anche correttezza. Tanta correttezza. Mai qualcuno che abbia parlato male di lui, mai qualcuno che, negli ultimi quattro anni, non abbia tifato per lui e per vederlo, di nuovo, ai livelli da numero 3 ATP, best ranking raggiunto nel 2020, la stagione migliore, non soltanto per lo Slam vinto, ma, in generale, per una consapevolezza diversa che soltanto la maturità tecnico-tattica riesce a regalarti.

I numeri di Thiem

La carriera di Thiem riassunta in numeri dice 17 titoli ATP, impreziositi soprattutto da un Major – il famoso US Open 2020 – più altre tre finali Slam, due al Roland Garros nel biennio 2018-2019 e una agli Australian Open nel 2020. E poi, in bacheca anche un Masters 1000, a Indian Wells, torneo conquistato nel 2019, sconfiggendo in finale Roger Federer, con il quale ha condiviso il rovescio a una mano, anche se interpretato in modo completamente diverso, chiaramente.

 

Più di andare oltre i propri limiti, trovare il giusto equilibrio tra educazione e cattiveria agonistica è stata la sfida di Thiem nel circuito ATP. Ironico che l’austriaco, da juniores, sia stato al massimo numero 2 di categoria. Ossia il ranking di chi è “bravissimo, ma…”. E anche da adulto, Thiem è stato uomo da “terra di mezzo”, troppo giovane per ricadere nella “Lost Gen” di Dimitrov, Goffin, Raonic e Nishikori e troppo anziano per appartenere in pieno alla Next Gen di Zverev, Tsitsipas e Medvedev.

 

A proposito di Zverev, i più attenti proprio adesso ricorderanno l’articolo di Vogue pubblicato nell’agosto 2017 in cui lui e Thiem furono definiti “the next Federer and Nadal”. Paragone improprio per motivi potenzialmente infiniti: per stili di gioco, per personalità, per palmares, per autorevolezza in campo. Eppure, su un aspetto, effettivamente, Dominic e Sascha, per un attimo, hanno ricordato Roger e Rafa: l’amicizia in campo. Tanto che proprio Thiem raccontò, un paio di giorni dopo aver vinto gli US Open, che più o meno intorno alle 3 di notte, rientrato in albergo dopo quella drammatica finale, ricevette una chiamata inaspettata. Era proprio Sascha che voleva complimentarsi ancora con l’amico Dominic.

L'infortunio fatale al polso e l'addio a Vienna

Le motivazioni, sì, ma anche il polso, il maledetto polso. Quasi come il fisico avesse somatizzato il buco nel cuore. Non era previsto che Thiem giocasse a Maiorca. L’austriaco aveva chiesto una wild card per ritrovare fiducia alla vigilia di Wimbledon 2021 e il tabellone gli aveva anche sorriso, mettendogli contro al debutto quel Mannarino con cui aveva vinto otto volte su otto. Poi, sul 5-2 nel primo set, il dritto tirato come sempre, il clic, anzi, crac. Il tendine di un polso da sempre sicuro che si spezza sotto la tensione di mesi in cui trovare risposte era più difficile che porsi domande. Ripensandoci, sarebbe facile criticare Thiem per aver avuto paura di operarsi. D’altronde, non serve rimettere insieme i pezzi se non si è pronti ad ammettere di essere finiti in frantumi. Il rientro, ritardato, ad aprile 2022, dopo una prima ricaduta al polso e altri acciacchi, il coronavirus contratto dopo la sconfitta con Cachin nel Challenger di Marbella, la timida top 100 ritrovata per un soffio a fine 2022, la finale a Kitzbuhel, probabilmente ultimo acuto – in casa – di una carriera già avviata al tramonto: una lenta, triste, dolorosa e umana via crucis che terminerà a Vienna, nel 2024, sempre a casa, nella città in cui vinse la prima partita a livello ATP, 14 anni fa, sconfiggendo l’ex numero 1 e compatriota Thomas Muster, in quello che sembrava un passaggio di consegne e non lo è stato mai.

 

Rimane per Thiem l’onore, statistico, di essere stato il primo nato negli anni Novanta a vincere uno Slam. In quella che, da molti, è stata definita una tra le finali meno spettacolari negli ultimi anni, ma che, chi ha sensibilità, come Dominic, che l’ha vinta, e come Sascha, che l’ha persa, ricorderà come una tra le finali più strazianti e umane di sempre.