Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori e... cementificatori

Nel secolo del calcio, il tennis italiano aveva un’unica stagione. Aprile, maggio, giugno. Monte-Carlo, Roma, Parigi. Erano quelli gli unici luoghi e gli unici tempi in cui era consentito sognare, o almeno provarci. Per memorie di gloria antica o per abitudini moderne, il tennis nel nostro Paese ha avuto storicamente un’unica superficie, la terra rossa. Il resto era territorio inesplorato, inadatto, veloce, troppo veloce. Il Roland Garros di Pietrangeli, di Panatta e di Francesca Schiavone, la Coppa Davis vinta nel 1976, l’imperatore Adriano che trionfa nel 'suo' Foro Italico, tutte le gioie di questo sport per decenni si sono appoggiate su un unico colore. Il resto era territorio inesplorato e inospitale. Il cemento ha regalato poche gioie agli azzurri, il commento più gentile a proposito della stagione sull’erba suonava più o meno così: "Menomale che dura poco". Un popolo di terraioli, fondocampisti, a volte addirittura pallettari, calze sporche di argilla e di sudore, scambi e rincorse infinite, i 200 chilometri orari di servizio considerati una specie di miraggio. Dal 1971 al 2019 gli italiani hanno vinto 65 tornei nel circuito Atp: tra questi soltanto 14 su superfici veloci. Il palmares degli italiani riflette ciò che accadeva nel movimento di base, dove gli allievi dell’agonistica imparavano a giocare sulla terra rossa e sulla terra rossa rimanevano inchiodati fino a quando, i più bravi, andavano a giocare i tornei internazionali all’estero. In controtendenza rispetto a ciò che accadeva nel circuito professionistico, dove gli hard courts continuavano a crescere e a togliere spazio alla red clay , l’Italia è rimasta un paese monocromatico fino agli inizi del Duemila. Poi, nel 2009, una piccola rivoluzione. In quell’anno la Federazione ha avviato il 'Progetto campi veloci' che ha incentivato i circoli ad installare campi veloci e a modernizzare il metodo di allenamento. Nel 2010 il tennis italiano era composto per il 95 per cento da campi in terra rossa. Oggi le superfici si stanno equiparando, il 60 per cento dei campi è in terra rossa, il 40 per cento in cemento. Follow the numbers. I risultati arrivano da lì. Il responsabile del centro federale di Tirrenia e capitano di Davis Filippo Volandri lo ha raccontato in una intervista per il magazine statunitense New Yorker: "Stiamo cercando di cambiare l’identità dei nostri giocatori. A Tirrenia ci alleniamo per il tennis moderno". Prima ancora di Jannik Sinner, il miglior testimonial del nuovo tennista italiano è stato Matteo Berrettini, interprete perfetto del gioco contemporaneo: pochi scambi e concentrazione del gioco su due fondamentali, servizio e dritto. È stato proprio il tennista romano a rendere più soffice il cemento. La semifinale agli Us Open del 2019 e la finale a Wimbledon del 2021 sono stati uno spartiacque, hanno infranto una barriera . Da quel momento in poi, tra le capitali del tennis nessuna terra sarebbe più stata straniera per gli azzurri. Oggi il movimento tennistico italiano è variegato anche perché riflette la varietà di superfici. Non esiste più un prototipo del tennista made in Italy, perché c’è una moltitudine variegata e diversa di giocatori che si adatta perfettamente ad ogni campo. Anche perché ha imparato a giocare su ogni superficie. Il 2024 rappresenta l’unione di tutti i puntini, i quattordici titoli vinti dagli azzurri sono un esempio perfetto di ciò che è accaduto dietro le quinte, dove il numero di campi in cemento è quadruplicato da quando è partito il progetto . Gli Australian Open di Sinner, il torneo di Dubai di Jasmine Paolini, l’Atp di Cordoba di Luciano Darderi, i titoli vinti ad Halle sia nel singolare che nel doppio , la vittoria di Lorenzo Sonego a Winston-Salem . L’Italia del tennis è diventata davvero un dream team composto da giocatori che prima di tutto sono forti e di conseguenza sanno adattarsi alle stagioni. Terraioli o erbivori, sul velluto o sul cemento, il tennis azzurro è diventato una grande potenza contemporanea, capace di riscrivere una storia nuova in ogni angolo del tennis.