Il tennis femminile rinasce a Riyadh: tutto lo spettacolo delle WTA Finals

Che il tennis vada a prendersi i soldi dove ci sono - fregandosene di politica costume e società - non è certo una novità: nella storia di questo sport è sempre successo. Anzi, per meglio dire, succede da sempre in tutti gli sport. Per cui da queste parti non leggerete riferimenti scandalizzati sul tema rispetto dei diritti umani e condizione femminile in Arabia Saudita. Non è la sede giusta, e la trattazione richiederebbe troppe riflessioni sociologiche. Facciamo così, parliamo delle WTA Finals di Riyadh come occasione per raccontare il nuovo tennis femminile, che pare rigenerato e in ottima salute. Parliamo della vincitrice, ad esempio: Coco Gauff, campionessa americana teenager e glamour. Ma con l’occasione parliamo anche del Kingdom Center, grattacielo a forma di cavatappi simbolo della capitale saudita. Semafori lunghissimi, a Riyadh, e traffico convulso. Una metropoli popolata da 8 milioni di individui che spesso suonano il clacson e cambiano corsia senza mettere la freccia, tutti contemporaneamente. Roma a confronto pare Zurigo. Aryna Sabalenka, nel frattempo, è parsa un po’ regredita, riportandoci alla mente la sua versione di un paio d’anni fa: forte quanto fragile. La semifinale contro Coco l’ha giocata davvero maluccio, gettando via tutti i momenti che potevano rimetterla in corsa. Lecito chiedersi come possa accadere, dopo una stagione da numero uno, di dominanza quasi totale. Vicenda parallela a quella di Iga Swiatek, mai troppo a suo agio sui tappeti rapidi, meno che mai sul rapidissimo locale. Punti interrogativi, grandi almeno tanto quelli relativi ai dettagli della vita extra campo. Ad esempio, perché in Arabia Saudita la linguetta delle bibite in lattina è ancora a strappo? Da noi resta attaccata alla lattina da almeno 25 anni. Santo cielo. E perché da loro Uber è il sistema di trasporto più efficiente ed economico, mentre noi continuiamo a fare file secolari e pagare cifre esagerate per dei taxi che non ci sono mai? Ho parlato con un autista giovane, studente universitario, che mi ha detto: “Io lavoro un paio d’ore al giorno e mi mantengo gli studi”. Dopodiché, quando gli ho accennato che in Italia Uber non esiste ha sorriso commentando: “Davvero? Pensavo succedesse solo nei paesi del terzo mondo!”. Vabbè, meglio parlare di di Qinwen Zheng, voluttuosa e poderosa tennista cinese, suprema interprete dell’uno-due servizio dritto, tra i più letali nel circuito delle signore. L’oro olimpico di Parigi non mente, ha perso il tiebreak decisivo della finale ma è una delle bellezze annunciate anche in chiave stagione prossima. Restando in tema di bellezze, a Riyadh un giro nella antica cittadella fortificata di At-Turaif è obbligatorio. Deserto, pietra, solennità e restauro conservativo del sito patrimonio UNESCO un tempo centro del potere temporale Saudita. Era parte della ex Capitale e si possono visitare i resti di palazzi sontuosi e un insieme urbano molto ben conservato, costruito ai margini dell'oasi di Diriyah. Fascino e mistero antico, imperdibile. Un po’ come lo stile anticheggiante di Barbora Krejcikova, delle otto la più votata al tennis classico. Uno stile di gioco che forse non paga più granché in senso assoluto, ma magari ti permette ancora di levarti qualche discreta soddisfazione. Tipo vincere Roland Garros e Wimbledon, tanto per dire. Su un campo velocissimo - e in altura - come quello di Riyadh la palla le scappava spesso ma insomma, una semifinale affatto malvagia. Almeno quanto i semafori col countdown tipo formula uno, che da queste parti sono la regola. Buona idea, abbassano l’ansia, sai sempre quanto manca al verde e non ti sforzi troppo per cercare di capire quando schiacciare sull’acceleratore, per evitare che quello dietro ti strombazzi. Oddio, qui tanto suonano comunque. Però almeno hai la coscienza a posto. Come Jasmine Paolini, e come la sua sodale Sara Errani. Non potevamo chiedere loro di più, hanno dato il massimo, a coronamento di una stagione memorabile. Jasmine finalista a Parigi e Wimbledon; il duo oro olimpico al Roland Garros. Neanche nelle nostre fantasie più recondite. Invece è successo, e allora a queste signorine perdoniamo tutto, anche l’uscita prematura nei gironi. Sì, anche i matchpoint falliti nelle due partite perse in doppio. Avercene di ambasciatrici così, eccellenti biglietti da visita del nostro tennis e portatrici di italianità bella in giro per il mondo. L’ovazione che il Palasport di Torino ha tributato alla Paolini quando l’hanno inquadrata in tribuna durante il match esordio di Sinner alle Finals torinesi lo dimostra più di ogni altra cosa.

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