Ecco perché Sinner rimarrà a lungo il numero 1

Gli ultimi 12 mesi di Jannik Sinner sono stati incredibili. Quello che più di ogni altra cosa mi impressiona di lui è la capacità di mantenere sempre un rendimento altissimo, senza abbassare mai la qualità del suo gioco. Se un avversario vuole avere qualche possibilità di batterlo deve per forza giocare al meglio delle sue possibilità. E non sempre basta... Non è un caso che abbia perso solo 6 partite in stagione, la maggior parte contro Alcaraz, l’unico giocatore del circuito che può sconfiggere chiunque quando è in giornata. Sinner però è più regolare dello spagnolo. La differenza più importante tra i due è proprio in questo. Determinazione e regolarità. Se Sinner è sempre da 10, Alcaraz oscilla tra il 9 e l’11. Nelle sue giornate migliori credo sia leggermente meglio di Jannik per coefficiente di difficoltà dei colpi e forza che è in grado di imprimere alla pallina. Ma ha bisogno di sentirsi bene per esprimere il suo tennis al massimo, di avere l’ambiente giusto e non sentire la stanchezza. La forza di Jannik, invece, è la sua capacità di essere sempre sul pezzo, sempre costante al massimo livello. E questo, alla distanza, paga. Come tutti i numeri uno Sinner è un perfezionista. La fame di vittoria, la volontà di essere sempre migliore, di migliorare nei dettagli, ti spinge sul campo di allenamento anche il giorno dopo aver alzato la coppa dello US Open. La ricerca della perfezione è quello che contraddistingue i primi del ranking e Sinner da questo punto di vista ha già dimostrato di essere un campione assoluto. In Sinner vedo molte similitudini con Djokovic, che ho avuto il piacere di allenare per tre anni e mezzo. Soprattutto nella mentalità. Nole non era mai contento. Anche dopo aver vinto uno Slam cercava di capire come potesse migliorare il suo gioco, come potesse perdere ancora meno set di quelli che aveva perso. Una costante ricerca della perfezione a livelli estremi. In Sinner vedo questo tipo di approccio al gioco. Entrambi hanno fatto della regolarità e della costanza la loro forza. Certo, qualche volta hanno perso anche loro ma non sono mai stati eliminati da un torneo giocando male. Semplicemente l’avversario di turno aveva avuto una giornata migliore. Ho visto giocare Jannik per la prima volta agli Internazionali di Roma. Era il 2020, se non ricordo male lui quella volta aveva una wildcard. Già al tempo rimasi molto impressionato dal suo modo di giocare, dalla qualità che il suo tennis riusciva a esprimere nonostante i 19 anni. Fin dalla prima volta ho apprezzato tantissimo la sua apertura mentale e la sua umiltà. Oggi, dopo 4 anni, non mi sembra cambiato . Lo vedo come un ragazzo che ha voglia di vincere, di battere dei record, si impegna ogni giorno per essere il numero uno e per rimanerci. Così come Alcaraz. Entrambi mi sembrano i degni eredi di ciò che sono stati Federer, Nadal e Djokovic per quasi un ventennio. È puro amore per il tennis. Nell’inverno 21/22 ebbi la possibilità di lavorare con Sinner per qualche tempo a Bordighera, quando ancora era sotto la gestione di Riccardo Piatti. Purtroppo in primavera dovetti tornare a Londra per questioni personali e fui costretto lasciare l’incarico, ma prima di partire proprio Jannik mi chiese quale allenatore reputassi il migliore del circuito per proseguire nella sua crescita. E la mia risposta fu Darren Cahill. Al tempo non conoscevo ancora Simone Vagnozzi, Jannik si fidava ciecamente di lui e gli consigliai di provare con entrambi i coach, in ruoli diversi. Oggi si può dire che la combinazione Cahill-Vagnozzi ha funzionato alla perfezione e una larga parte dei successi e dei miglioramenti di Sinner sono proprio per merito dei suoi allenatori. Per un giocatore, soprattutto a questi livelli, è molto importante confrontarsi con i suoi allenatori. Fa parte del percorso di crescita. Quando Jannik lo fa con Simone e Darren è nell’ottica di continuare a migliorare, di cercare la perfezione sul campo di tennis. Cosa che francamente è impossibile, ma la sua stagione 2024 ci si avvicina molto... Arrivare al numero 1 è l’obiettivo massimo nel mondo del tennis. Ma, paradossalmente, rimanerci è ancora più complicato. La difficoltà sta nell’avere concentrazione, mentalità, fame per difendere la posizione a ogni partita, a ogni torneo. All’improvviso da cacciatore diventi preda. Inizia tutto un altro gioco quando arrivi in cima al ranking. Vorrei chiudere con un focus sul suo gioco. Il servizio è migliorato molto. Fino a un paio di anni fa era una sua debolezza, oggi è un punto di forza, ma potrebbe migliorare ancora. Sia sulla prima che sulla seconda palla. Quello che secondo me oggi gli manca è la gestione del 'tempo' di gioco. Mi spiego meglio. Sinner quando è in campo ha un ritmo molto alto, ma difficilmente riesce a cambiare lo spartito. Anche a grandi velocità l’avversario si può abituare, la bravura del campione è quella di saper rallentare la partita nei momenti giusti. Questo fondamentale a Jannik ancora manca, ma è un aspetto del gioco su cui si può lavorare con l’esperienza. Farò come a scuola e proverò a dargli dei voti. La mentalità, come prevedibile per quanto detto finora, è da 10. La parte tattica durante la partita invece è da 9, per il discorso sulla gestione del ritmo. Come tecnica è un 8, perché ha ancora qualche lacuna nel gioco a rete, così come non è del tutto a suo agio con il rovescio in slice. Ma Darren è stato un grande giocatore di doppio e di singolo e insieme a Simone stanno facendo un grande lavoro di crescita costante nel suo gioco. Sinner è in buone mani, non ha certo bisogno dei miei consigli: a 23 anni ha ancora tantissimo margine per migliorare in ogni aspetto. Mi è stato chiesto se posso prestargli il mio soprannome: il tennista indiano Vijay Armitraj, che apparì anche in un film di 007, mi diede il nickname ‘Bum Bum’ che personalmente ho sempre adorato. Non credo sia quello più adatto per Sinner. Lui per me è ‘la volpe’ e continuerà ad esserlo, non solo per i suoi capelli rossi…

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