Sinner e l'evoluzione da campione a leggenda: questo vuol dire vincere Wimbledon

Ci sono delle parole che non si riescono a tradurre davvero. O meglio, si traducono lo stesso, ma non hanno quelle accezioni o quelle sfumature precise quando ci vengono in mente. Certo, se pensando a un tennista italiano devo scrivere ‘Godfather’, il richiamo al ‘Padrino’ è evidente. Ma vi stupisco: non è Sinner il ‘Godfather’. Sarebbe troppo scontata l’associazione. Il vero ‘Godfather’ è Wimbledon. Il torneo di tennis più prestigioso di tutti, lo Slam che vale più di tutti, senza nulla togliere agli altri. Ha storia, prestigio, fama, importanza. Vincere Wimbledon significa vincere tutto: per Jannik, l’ha detto lui stesso, è un sogno che diventa realtà. Lo capisco, l’ho vissuto. Ed è speciale. Leggenda Perché vincere a Londra non ti rende solo un campione. Ma qualcosa di diverso. Se vinci uno Slam, sei un campione. Se li vinci tutti, sei un campione del Grande Slam. Ma se vinci Wimbledon, che pure degli Slam è parte, diventi una leggenda. È così, si percepisce così e continuerà a essere percepito così. La cosa molto interessante è stata vedere la reazione che Sinner ha avuto dopo la finale contro Alcaraz. In quell’esultanza, ma devo dire in tutto il torneo, ha dimostrato quanto la mentalità sia la sua caratteristica più importante: ha una capacità di concentrazione incredibile. Che sia un singolo match o una finale, Sinner dimostra di mantenere sempre il controllo su tutto: prima la partita, poi le emozioni. Ed è fondamentale per resistere a questi livelli. Se guardiamo le immagini immediatamente dopo la partita, notiamo sì la felicità, ma austera. Quasi rigida. Solo durante il ballo con Iga Swiatek, lo abbiamo visto più felice e rilassato. Credo ci abbia messo qualche ora per capire veramente quello che sia riuscito a fare e come sia riuscito a raggiungerlo, e dovrà goderselo tutto. Qualche giorno di pausa ora se lo merita ed è anche necessario: almeno per un breve tempo, dovrà rilassarsi. Breve, perché immagino che tornerà già ad allenarsi per i 1000 di Canada e Cincinnati, con l’obiettivo degli US Open di metà agosto. Dopo la sosta forzata, di fatto, ha sempre giocato. Non ha avuto molto tempo per prepararsi. E anche questo è un segnale di forte mentalità. Numero 1 e fortuna Anche perché il ranking non mente. Non è solo una questione di classifica, che lo vede lì in prima posizione: Sinner è certamente il numero 1 del mondo. Ha vinto in Australia, poi ha giocato la finale al Roland-Garros, quindi Wimbledon, che in qualche modo ha ulteriormente sottolineato il suo primato. Di certo, Alcaraz gli soffia sul collo, ma al momento non c’è dibattito che tenga: se lo spagnolo avesse vinto a Londra, allora forse se ne sarebbe potuto parlare. Ma così no. E bisogna tenere conto anche della scorsa stagione: nella seconda parte dell’anno, Sinner ha vinto praticamente tutto. Ora proverà a ripetersi e la corsa alle Finals di Torino è decisamente viva. Dopo novembre, sapremo meglio tutto. Ma al momento dubbi proprio non ce ne sono. Ed è stato dimostrato anche in questo torneo. Il momento chiave delle due settimane, per Jannik, è stato la partita contro Dimitrov. Non è facile avere sempre lo stesso stato di forma per tutti i match: Wimbledon è un torneo logorante, ti impegna molto, partita dopo partita. Raramente vinci con facilità. C’è chi dice che Sinner abbia avuto fortuna contro di lui? Certo! Ma non c’è nulla di male. I campioni la fortuna se la creano. E vincono. Se penso alla partita contro Alcaraz, il secondo set è stato decisivo. Sinner è stato bravo a breakkare e a resistere fino alle fine. Vincerlo ha cambiato in qualche modo l’inerzia di tutto il match: da lì Jannik ha governato la gara, per quella che è stata una finale avvincente. Ma non la migliore tra i due. Rivalità Roland-Garros credo sia stata in assoluto la più bella. Ma va detto che anche solo rispetto a un anno fa, Sinner e Alcaraz abbiano portato questa sfida a un livello tutto nuovo. Che mi ricorda molto la rivalità Federer-Nadal, durata circa 15 anni. Penso che se Jannik e Carlos continueranno con questa motivazione, per almeno 10 anni sentiremo parlare quasi solo di loro. Terzi incomodi? Djokovic c’è ancora, ma l’età chiaramente gli dà dei limiti di tempo. Mi piace pensare che tra i più giovani qualcuno cercherà di unirsi al party: penso a Draper, Shelton, Mensik o Fonseca. O naturalmente a Zverev, l’attuale numero 3. Mi piacerebbe includerli, vederli un giorno mettere in difficoltà l’italiano o lo spagnolo. Ma in questo momento, ne abbiamo due sopra tutti quanti. Forse sì, ‘Godfather’ vale anche un po’ per loro.

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Boris Becker