Abruzzo, il Giro non dimentica le ferite del terremoto
Altri SportIl nostro inviato Paolo Pagani da L'Aquila, dove la solidarietà dei campioni incontra uomini e case piegati dal terremoto dello scorso aprile. Il Giro decide così ancora una volta di mescolare la sua storia alla storia d'Italia
di PAOLO PAGANI
da L'Aquila
Martedì di riposo, ma l’evento nazional-popolare per definizione, il Giro, decide di mescolare la sua storia alle storie d’Italia che da quel 6 aprile disonesto del terremoto sono (ancora) evento da prima pagina. Il carrozzone rosa va in Abruzzo. Niente corsa, quella ricomincia mercoledì con la Chieti-Blockhaus. Stessi luoghi dove un certo Eddy Merckx, il fondatore della dittatura merckxista-leninista nel ciclismo anni ’60, trionfò per la prima volta al Giro nel ’67.
Martedì di riposo, però la solidarietà lavora a regime pieno. Non si può farne a meno. Non si può fingere disinteresse. Per questo è in calendario una mini-tappa a L’Aquila, ritrovo all’Agriristoro di San Gregorio, nome bucolico e tenero da gitarella familiare. Una passerella nei posti del finimondo: Onna, Bazzano, Paganica, Tempera, L’Aquila. Cittadine e paesotti devastati, feriti, piegati da un sisma lontano poco più di un mese. Presenti almeno un campione per ognuna delle 22 squadre impegnate al Giro. Più i miti di un tempo, anche vicino: Paolo Bettini, Mario Cipollini, Maurizio Fondriest, Francesco Moser, anche il ct Franco Ballerini che rivedrà nelle pietre divelte del centro aquilano certe somiglianze coi pavé della Roubaix che gli fu cara assai.
A questo Giro criticato, allora, qualcosa andrà riconosciuto. Disegnato in tempi non sospetti, l’anno passato, ha cioè il merito (caso, lungimiranza?) d’avere individuato con anticipo assoluto e, forse, gran senso della notizia, luoghi & cose che la cronaca avrebbe lanciato con la rilevanza di fatti di primo piano. E’ un Giro indubitabilmente “sulla notizia”, insomma. Mancheranno pure le salite vere e l’arrivo a Milano. Mancheranno le Classiche che hanno costruito la leggenda di cent’anni. C’è però, adesso, questo Abruzzo. E tu guarda la combinazione: si traversa una terra martoriata, ferite fresche in evidenza, con tutto il potenziale di visibilità mediatica che nessun altro evento, Giro a parte, saprebbe permettersi. E c’è, nel giro di 48 ore, Napoli (la tappa 19) Città da prima pagina come nessuna: l’Odissea-rifiuti, la camorra e gli arresti eccellenti di qualche giorno fa, Saviano.
Dell’essere al centro della cronaca va dunque dato atto a questo Giro, e se (senza metterla giù troppo dura) la funzione di una manifestazione popolare è quella di testimoniare in primis interesse per i fatti “del popolo”, allora zac: bersaglio centrato in pieno. Il martedì del Giro d’Abruzzo, patria di quel Di Luca che ansima col fiato sulla nuca del Menchov capoclassifica, si conclude giocando alla palla. Qua a Chieti, stadio Angelini, match fra ex campioni della pedivella e giornalisti. Offerta libera l’ingresso. Incasso in beneficenza pro-Abruzzo. Non facciamo brutte figure.
da L'Aquila
Martedì di riposo, ma l’evento nazional-popolare per definizione, il Giro, decide di mescolare la sua storia alle storie d’Italia che da quel 6 aprile disonesto del terremoto sono (ancora) evento da prima pagina. Il carrozzone rosa va in Abruzzo. Niente corsa, quella ricomincia mercoledì con la Chieti-Blockhaus. Stessi luoghi dove un certo Eddy Merckx, il fondatore della dittatura merckxista-leninista nel ciclismo anni ’60, trionfò per la prima volta al Giro nel ’67.
Martedì di riposo, però la solidarietà lavora a regime pieno. Non si può farne a meno. Non si può fingere disinteresse. Per questo è in calendario una mini-tappa a L’Aquila, ritrovo all’Agriristoro di San Gregorio, nome bucolico e tenero da gitarella familiare. Una passerella nei posti del finimondo: Onna, Bazzano, Paganica, Tempera, L’Aquila. Cittadine e paesotti devastati, feriti, piegati da un sisma lontano poco più di un mese. Presenti almeno un campione per ognuna delle 22 squadre impegnate al Giro. Più i miti di un tempo, anche vicino: Paolo Bettini, Mario Cipollini, Maurizio Fondriest, Francesco Moser, anche il ct Franco Ballerini che rivedrà nelle pietre divelte del centro aquilano certe somiglianze coi pavé della Roubaix che gli fu cara assai.
A questo Giro criticato, allora, qualcosa andrà riconosciuto. Disegnato in tempi non sospetti, l’anno passato, ha cioè il merito (caso, lungimiranza?) d’avere individuato con anticipo assoluto e, forse, gran senso della notizia, luoghi & cose che la cronaca avrebbe lanciato con la rilevanza di fatti di primo piano. E’ un Giro indubitabilmente “sulla notizia”, insomma. Mancheranno pure le salite vere e l’arrivo a Milano. Mancheranno le Classiche che hanno costruito la leggenda di cent’anni. C’è però, adesso, questo Abruzzo. E tu guarda la combinazione: si traversa una terra martoriata, ferite fresche in evidenza, con tutto il potenziale di visibilità mediatica che nessun altro evento, Giro a parte, saprebbe permettersi. E c’è, nel giro di 48 ore, Napoli (la tappa 19) Città da prima pagina come nessuna: l’Odissea-rifiuti, la camorra e gli arresti eccellenti di qualche giorno fa, Saviano.
Dell’essere al centro della cronaca va dunque dato atto a questo Giro, e se (senza metterla giù troppo dura) la funzione di una manifestazione popolare è quella di testimoniare in primis interesse per i fatti “del popolo”, allora zac: bersaglio centrato in pieno. Il martedì del Giro d’Abruzzo, patria di quel Di Luca che ansima col fiato sulla nuca del Menchov capoclassifica, si conclude giocando alla palla. Qua a Chieti, stadio Angelini, match fra ex campioni della pedivella e giornalisti. Offerta libera l’ingresso. Incasso in beneficenza pro-Abruzzo. Non facciamo brutte figure.