Vittima del Coronavirus è morto a Milano stroncato dalla polmonite, Vittorio Gregotti, l'architetto degli stadi di Barcellona, Genova, Agadir, Nîmes e Marrakech. Aveva spesso dichiarato: "Non sono un tifoso e so che per il progetto di uno stadio elemento essenziale è sempre la relazione con il contesto"
Non era un tifoso di calcio, né tantomeno aveva una squadra del cuore, lui stesso lo aveva dichiarato più volte. E anche per questa sua neutralità era stato chiamato a costruire molti stadi, in Italia, in Francia, in Spagna ed in Marocco. Vittorio Gregotti, architetto di fama internazionale, grande urbanista è morto domenica mattina, vittima del Coronavirus. Era stato colpito da una grave polmonite ed era ricoverato alla clinica San Giuseppe di Milano, aveva 92 anni. Era nato a Novara nel 1927 e si era laureato nel ‘52 al Politecnico di Milano. “Gregotti concepiva l'architettura come una prospettiva sull'intero mondo e sulla intera vita”, ha scritto Stefano Boeri, che per primo in un post ne ha dato la notizia. I lavori di Gregotti hanno contribuito a cambiare la percezione delle città, in particolare il volto stesso di Milano. Tra le altre cose ha realizzato i progetti del Teatro degli Arcimboldi e del Gran Teatro Nazionale di Pechino, ha lavorato a risistemare Potsdamer Platz a Berlino ed ha progettato la nuova città di Pujiang, vicino a Shangai, valorizzando gli aspetti storici di ciò che già esisteva, cercando di mantenere l’armonia tra l’opera, la zona che la ospita e coloro che la vivono. Ha applicato lo stesso concetto agli stadi, per lui ‘luoghi di culto di tutte le società di massa’.
L’architetto piemontese fu chiamato ad ampliare e modificare lo stadio Olimpico di Barcellona che era stato costruito nel 1929 e per le Olimpiadi del ’92 risultava piccolo e poco strutturato. Il Montjuic di Barcellona venne sventrato ma le facciate originali furono mantenute e vennero costruite delle nuove tribune. La mano riconoscibile di Gregotti è presente anche al Luigi Ferraris di Genova. In vista di Italia ’90 lo stadio del quartiere Marassi risultò da modificare in gran parte, fu chiamato Vittorio Gregotti, gli fu chiesto di progettare gli interventi necessari, lui lo trasformò in quello che è oggi, quasi tutto coperto e con una capienza di circa 40.000 persone.