Avanzini: "Il mio karate tutto fede e famiglia"

Il samurai serviva un signore della guerra. Lui ha deciso di servire “il” Signore. La fede ha tracciato la strada di Matteo Avanzini, nuovo campione del mondo di karate, incoronato re dei pesi massimi lo scorso 30 novembre al Cairo nella finale vinta contro l’iraniano Saleh Abazari. "Io credo in Dio e Dio crede in me", ha dichiarato in una lunga intervista a Sky Sport, una frase che farebbe pensare a Zlatan Ibrahimovic, non fosse altro che però Matteo ha ben poco di Zlatan . L’azzurro del gruppo sportivo Fiamme Gialle appartiene alla nuova generazione italiana di campioni “normali”, più simile come stile a Sinner piuttosto che a Ibra: “Mi sento vicino alla mentalità di Jannik: la famiglia e il duro lavoro sono i miei due pilastri. Il grazie più grande va a mamma e papà, hanno fatto sacrifici enormi, si sono impegnati più di me per permettermi di arrivare qui”. L’etimologia del termine sacrificio ci riporta al motore che smuove l’animo del 21enne di Muggiò: sacer e facere , ovvero rendere sacro. “La fede per me ha un ruolo fondamentale. Credo molto in Dio, credo che metta le persone meritevoli che si impegnano al 100% al posto giusto, lì dove desiderano. Porto sempre un crocifisso al collo con me, mi aiuta, lo bacio prima di salire sul tatami e combattere. La mia fede deriva soprattutto da mia madre, i giovani crescendo mettono da parte alcuni valori, io invece credo molto in Dio, ho un legame particolare con Lui, sento che crede in me”. Un’ispirazione trascendentale che trova la sua applicazione in un ragazzo normale, trasformandolo in un campione del mondo. Il percorso di Avanzini si sposa bene con le origini del karate: i valori portati avanti da Matteo infatti richiamano il “Karate-Do”, ovvero quel percorso filosofico e spirituale di auto-perfezionamento che era alla base dei maestri giapponesi. Il karate non è soltanto uno sport: è un processo di disciplina e crescita interiore sviluppatosi in oltre 500 anni, dove "Kara" indica la purezza della mente e del cuore, e "Do" il sentiero per raggiungere l'armonia tra corpo e spirito, basato su valori come umiltà, rispetto e autocontrollo. È una tradizione che risale al 1500 quando il re giapponese Sho Shin, per mantenere la pace a Okinawa, vietò alle popolazioni dell’arcipelago delle isole Ryu-kyu di portare armi. Fu a quel punto che gli abitanti di Okinawa si organizzarono in segreto per creare una disciplina di autodifesa per opporsi ai samurai: da una parte l’invasore con le katane, dall’altra parte i primi karateka a mani nude . Il karate nasce da queste basi: resilienza, coraggio, onore. Lo diciamo subito: non tutti i karateka oggi portano ancora avanti questi valori come Matteo Avanzini. Anzi, il Mondiale è l’evento perfetto per accorgersi che nel karate questo fascino antico da arte marziale si sta pian piano perdendo, lasciando spazio a una cura ossessiva per la preparazione atletica e la tecnica. “Nel karate moderno convivono tre anime: al 50% è presente una componente sportiva, al 25% è disciplina, mentre al 25% è arte marziale. Questi aspetti non sono presenti in ogni palestra, ma per il mio karate è fondamentale che queste tre caratteristiche siano tutte saldamente presenti. È importante anche per i miei allenatori Stefano Maniscalco e Savio Loria, la marzialità e la disciplina sono valori fondamentali per loro. Un esempio? La puntualità e l’importanza di indossare il karategi anche in allenamento”. Il karategi è la “divisa” del karateka composta da giacca, pantalone e cintura : molti atleti si allenano ormai in maglietta e pantaloncino, Matteo su indicazione del proprio allenatore si allena sempre con il karategi per rispettare la “marzialità” del karate. Non sono dettagli, come dimostrano i risultati: Maniscalco era stato l’ultimo campione del mondo italiano nei pesi massimi a Tokyo 2008, adesso è diventato il coach di Avanzini nelle Fiamme Gialle, portando anche il suo allievo a vincere l’oro in un Mondiale nei pesi massimi 17 anni dopo. Il karate, come dimostra la storia di Matteo, non è soltanto uno sport. In Italia “molti genitori indirizzano i propri figli verso il karate per imparare valori come disciplina e rispetto”, spiega il campione di Muggiò. Oggi il karate è tra gli sport più praticati da bambini e bambine in Italia, non è un caso che possiamo vantare campioni storici come Luca Valdesi o il più recente Luigi Busà, il “Gorilla di Avola” diventato campione olimpico nel kumite a Tokyo 2021 nell’ultima presenza del karate in un’Olimpiade. Questa è una ferita ancora aperta nel cuore di qualunque karateka: dopo l’apparizione del karate ai Giochi di Tokyo, il karate non è stato riconfermato per la successiva Olimpiade di Parigi nel 2024. “È uscito dal programma olimpico per una scarsa politica da parte nostra – spiega Avanzini –. Abbiamo delle regole molto complesse che andrebbero semplificate per arrivare a un pubblico più vasto, sono sicuro che il presidente federale del settore karate Davide Benetello farà un ottimo lavoro per provare a riportare il nostro sport nel programma olimpico dell’Olimpiade di Brisbane 2032”. Ma come si diventa campioni del mondo di karate? Da dove si inizia? Nel caso di Avanzini è stato decisivo l’intuito del papà di Matteo, che a 6 anni decide di iscriverlo nella palestra “Wa Yu Kai Muggiò” del maestro Mauro Brescia, il primo “sensei” del futuro campione del mondo. A questo punto molti di voi staranno pensando al Maestro Miyagi, figura del cinema diventata storica grazie all’interpretazione dell’attore Pat Morita nel film ‘Karate Kid’. Ecco, nel karate moderno il maestro ha ancora quel valore educativo, è molto più di un allenatore: “La figura del maestro è sempre stata come una guida per me. A Muggiò in palestra Mauro Brescia mi aiutava sempre in ogni campo, adesso mi alleno a Roma con le Fiamme Gialle insieme a Stefano Maniscalco e Savio Loria, sono due figure fraterne di riferimento per me, mi supportano sempre quando ho dubbi o perplessità, sono i primi a cui chiedo aiuto quando ho qualche dubbio”. Oltre ai genitori e agli allenatori, bisogna considerare che la società occidentale oggi è sempre più influenzata dal fascino della cultura orientale, anche questo può portare un giovane ad avvicinarsi al karate: “Ero un bambino molto vivace, i cartoni non mi piacevano, guardavo un po' le Tartarughe Ninja e i Power Rangers, ma quello che mi ha fatto avvicinare di più a questo sport è stato il film ‘Karate Kid’ con Jaden Smith , lo guardavo sempre da piccolo”. La giornata di un campione del mondo di karate scorre veloce, con una normalità che è un ingrediente fondamentale per trovare la giusta serenità: “Mi sveglio presto, colazione, allenamento, pranzo in mensa, nel pomeriggio passo del tempo con la mia ragazza Valentina che mi aiuta a ritrovare tranquillità, altrimenti gioco a padel o a calcio-tennis con i miei amici. Infine, cena e poi a letto presto, per ripartire carico l’indomani”. Non solo il karate: Matteo frequenta anche l’università, è iscritto al primo anno della facoltà di Scienze motorie: “Gli studi sono molto importanti, bisogna fare tutto il possibile, mai sentirsi comodi”. Circondarsi delle persone giuste può aiutare a raggiungere determinati traguardi: “I miei amici hanno fatto del mio obiettivo anche un loro obiettivo. Il modo in cui vivo lo sport è differente da come vivo la vita. Sono una persona molto giocosa e scherzosa nella quotidianità, ma quando salgo sul tatami mi immergo in una concentrazione totale per arrivare all’obiettivo. Per questo motivo non sento pressione nell’essere diventato campione del mondo a 21 anni, non ho problemi a mantenere le aspettative alte. Sul tatami credo sia utile combattere con la testa di una persona matura, ma allo stesso tempo provo a mantenere un po' di quella spensieratezza che avevo da bambino”. Una spensieratezza che ritroviamo anche nel borsone di Matteo: “Oltre alle barrette energetiche, non deve mai mancare qualche schifezza da mangiare”. Del resto anche Superman conduceva una vita normale quando non indossava costume e mantello. Matteo però mantiene sempre i piedi per terra, a differenza di Clark Kent: “Tra 20 anni mi vedo con una famiglia. Vincere altri Mondiali? Sì, allo scopo di far conoscere il karate in Italia e nel mondo”.

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Ivano Pasqualino