Bolt senza più un oro. Sfuma la "tripla-tripla"

Atletica

Lia Capizzi

L'uomo più veloce del mondo deve rinunciare all'oro nella staffetta di Pechino 2008 e non potrà sfoggiare i tre ori in tre Olimpiadi consecutivi, a causa della positività del compagno Carter

Lo sapeva Usain Bolt, lo sapeva da giugno. Perché la positività postuma del suo connazionale Nesta Carter era diventata ufficiale sette mesi fa quando il Cio aveva fatto ritestare le provette di Pechino 2008 e Londra 2012 utilizzando nuove tecniche avanzate. E otto anni dopo Carter è stato sgamato. Per anni è stata una pedina importante della staffetta veloce della Giamaica, medaglia d'oro (sempre nella 4x100 metri) anche a Londra 2012 e bronzo da solo nei 100 ai Mondiali 2013. Ma qui la questione riguarda la 4x100m di Pechino, detto che in quella staffetta c'era anche Asafa Powell a sua volta squalificato 18 mesi nel 2013.

La restituzione postuma della medaglia non fa una piega, è la regola. Anche un supercampione come Michael Johnson dovette farlo per l'oro della 4x400m a Sydney 2000 quando nel 2008 il compagno Pettigrew confessò di essere stato all'epoca dopato per poi suicidarsi nel 2010. Per Bolt la perdita è pesante, anche se non è colpa sua: non potrà più la sfoggiare la sua leggendaria tripla tripla, cioè i suoi 3 ori vinti in 3 Olimpiadi consecutive. A Rio aveva ha eguagliato i 9 ori di Carl Lewis e Paavo Nurmi, ora scende a quota 8 ori. Per sempre. Perchè difficilmente lo rivedremo a Tokyo 2020, anzi, iniziamo già a prepararci al suo addio ai Mondiali di Londra del prossimo agosto.

Ma ora c'è una domanda: un oro olimpico (di squadra) da infilare in una busta e restituire al CIO basta per gettare ombre di doping anche su di Usain? No di certo, non ci sono prove. Guai a toccare Bolt, fuoriclasse immenso che ha reso rock l'atletica leggera. La verità purtroppo è che, con tutto il marcio che abbiamo scoperto sul doping, la mano sul fuoco non possiamo più metterla su nessuno.