Tamberi argento nel salto in alto agli Euroindoor: Gimbo vola a 2.35, oro a Nedasekau

Atletica
Lia Capizzi

Lia Capizzi

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Una finale emozionante quella del salto in alto agli Europei Indoor di Torun. Vince l’oro il bielorusso Nedasekau che compie l’impresa saltando 2.37 metri al suo ultimo tentativo a disposizione. Tamberi, a quota 2.35, è medaglia d’argento in un misto tra delusione e orgoglio: "Una finale europea che vale come una finale olimpica. Rimane un po’ l’amaro in bocca ma è pure difficile aver rimpianti quando salti 2.35, misura di valore assoluto"

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La grande bellezza del salto in alto che agli Europei di Torun mette in scena una finale spettacolare. Il 28enne di Ancona deve cedere il titolo di campione europeo indoor conquistato due anni fa a Glasgow (2.32). Vince, con merito, il bielorusso Nedasekau a 2.37 metri. La sconfitta è una delusione per Tamberi ma è un argento che deve essere uno stimolo a continuare il suo cammino verso Tokyo. Entra in gara a quota 2.23, supera al primo tentativo 2.26, 2.29, 2.31 con una facilità disarmante, la sua arcata di volo è ampia, c’è sempre tanta “luce” tra lui e l’asticella. Il pronostico della vigilia è ampiamente confermato, la finale del salto in alto è un vero duello rusticano tra lui e il bielorusso Maksim Nedasekau che proprio a Torun tre settimane fa lo aveva battuto con la stessa misura (2.34) ma con il minor numero di sbagli. Il percorso netto dell’azzurro si interrompe a 2.33 quando arriva il primo errore mentre il rivale sale su al primo colpo. Un consulto con papà Marco, il suo coach, ed arriva la reazione di Gimbo che al secondo tentativo supera 2.33. In questo momento il bielorusso sarebbe oro e l’azzurro relegato all’argento. Silenzio, suspense. Si sale a 2.35, la misura che Tamberi ha superato proprio due settimane fa agli Assoluti di Ancona, miglior prestazione mondiale stagionale. Sbaglia al primo colpo ma non fa cilecca al secondo, benissimo così. La risposta del rivale arriva in extremis ed è da gran combattente, dopo due errori a 2.35 decide di passare e giocarsi il terzo –e suo ultimo- tentativo direttamente a quota 2.37. Ha ragione lui. Nedasekau fa l’impresa di volare subito oltre l’asticella a 2.37.  Gimbo ci prova ma non ce la fa, tre salti falliti di poco, e non resta altro che cedere lo scettro con tanti complimenti sinceri al rivale che sulle ali dell’entusiasmo si cimenta senza riuscirci con il muro dei 2.40. “E’ un grandissimo combattente, ha saltato altissimo già da piccolino quando da junior saltava 2.33, ha un salto semplice, non costruito, ma soprattutto ha un qualcosina in pià nel riuscire a tirare fuori il coniglio dal cilindro nell’appuntamento importante”, così Tamberi rende onore al vincitore.

E’ un oro perso per l’azzurro? Si, certo. La faccia di Gimbo non nasconde l’amarezza, un fuoriclasse mica può sorridere dopo essere stato battuto. Ma c’è pure l’altra faccia della medaglia di un Tamberi tornato competitivo e convinto come non lo avevamo mai visto negli ultimi quattro anni e mezzo. “Rimane un po’ l’amaro in bocca, avrei avuto una medaglia diversa al collo, ma è pure difficile aver rimpianti quando salti 2.35 perché è una misura con la quale solitamente porti a casa la vittoria. Non esagero se dico che è stata una finale europea che vale come una finale olimpica. Devo ammettere di essere più contento di quest’argento conquistato in una gara così difficile rispetto all’oro europeo vinto 2 anni fa a Glasgow (2.32) in una finale in solitaria. Avevo proprio bisogno di confrontarmi ad alti livelli perché erano anni che non lo facevo.  Male che l’ho persa ma si impara sempre”, l’analisi schietta di Tamberi che è tornato a dare del tu ad altezze che non aveva più frequentato dal 2016. “Mi sento ancora un po’ spaesato a quelle misure perché sono anni che non le vedevo più. A volte faccio una rincorsa diversa dall’altra ma nelle ultime tre gare ho fatto 2.24, 2.35 e 2.35, è una costanza di rendimento che mi fa essere contento, è un bell’andare”.

Proprio a Torun, città di nascita del celebre astronomo Nicolò Copernico che ha cambiato radicalmente la concezione dell’Universo, con il Sole al centro e non la Terra, Tamberi prosegue la sua rivoluzione tecnica ed umana. A partire dal nuovo look con un biondo platino (“chiamiamoli bianchi, ossigenati, non sono biondi”) e senza più la mezza-barba, quell’halfshave che per anni lo ha accompagnato come gesto scaramantico, lo ha reso un personaggio ma gli ha pure recapitato qualche critica di troppo, di chi riteneva la sua estrosità un espediente costruito a tavolino per fare show quando in realtà è istintiva e spontanea. Nella vità di tutti i giorni Gimbo è così, un uragano, con mille idee in testa, curioso, appassionato ma soprattutto un ragazzo dalla grande sensibilità. Un esempio del suo altruismo è come ricopre il ruolo di capitano della nazionale azzurra di atletica, sempre presente per stimolare e consigliare soprattutto i giovani. Dove lo trovate un campione che durante la propria gara, per giunta con in palio il titolo europeo, urla rivolto alla pedana del salto triplo per incitare Tobia Bocchi e poi per andare ad abbracciare il 23enne debuttante azzurro dopo l’ultimo salto? Per inciso, Bocchi chiude quarto (16.65) nella finale del triplo vinta dal portoghese Pedro Pablo Pichardo (17.30). La rivoluzione di Gimbo è ancora in corso d’opera, si completerà solo quest’estate a Tokyo quando potrà assaporare la “magnifica ossessione” dei cinque cerchi che gli è stata negata nel 2016 dal  maledetto infortunio alla caviglia proprio alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Gimbo c’è. Per fortuna nostra e di tutta l’Italia

dal molin

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