La metamorfosi di Jakob Ingebrigtsen: sta forse diventando simpatico?

Qualche piccolo residuo di spacconeria è rimasto, ma tutto sommato si tratta di peccatucci perdonabili. Il ditino al cielo al traguardo dei 3000m agli Europei di Apeldoorn oppure l'indice rivolto verso i tifosi, all’ultima curva della gara in batteria, con la testa completamente girata verso le tribune in una corsa no-look etichettata da molti come poco rispettosa nei confronti degli avversari. Jakob Ingebrigtsen è così, prendere o lasciare: fa tutto parte del personaggio, ma il personaggio sta migliorando. Il campione non si discute: ad Apeldoorn ha portato alla Norvegia due ori , terza doppietta consecutiva 1500-3000m indoor e lista dei record personali che si allunga. Come scritto da Nicola Roggero su Insider è chiaro che “il ragazzo di Sandnes ormai lotti più con la storia che con la cronaca”. Resta da lavorare, come dicevamo, sul 'personaggio' e alcune incoraggianti smussature si sono già viste in Olanda. In fondo, è possibile che il norvegese non sia poi così antipatico. È che lo disegnano così. Quella sua adorabile faccia 'da schiaffi' ci ha accompagnato fin da quando, ad appena 11 anni, pronosticava per se stesso un futuro da campione, con le conferme dei fratelli maggiori già ben avviati sulla strada del mezzofondo e ai quali già stava dietro negli sfiancanti allenamenti imposti da papà Gjert. Storia, quella degli Ingebrigtsen, diventata un documentario a puntate trasmesso dalla televisione norvegese, in cui le telecamere hanno accompagnato tutta la famiglia raccontandone non solo la preparazione atletica ma anche la vita quotidiana, con divertenti flashback come quello in cui Jakob, appunto, prevede di poter battere a breve il fratellone Filip. Normale che, abituato a sgomitare nella cucciolata e a sottostare agli ordini del papà-generale, Jakob sia cresciuto sviluppando quegli atteggiamenti da bulletto che l’hanno reso così divisivo. O lo ami o lo odi, e Ingebrigtsen lo odia più o meno il 99% dell’ambiente. Difficile trovare un rivale che parli bene di lui in termini 'umani', vista anche l’abitudine che ha a non coltivare rapporti con gli avversari, a partire dai mancati saluti a fine gara, quando è buona norma sportiva non diciamo complimentarsi ma almeno stringere la mano a chi ha condiviso con te quei chilometri. 'Terzo tempo' che Jakob salterebbe sempre volentieri a piè pari. E anche la sua abitudine di piazzarsi in fondo al gruppo per buona parte della gara, lasciando che gli altri in testa si facciano la guerra e si illudano per poi iniziare la sua rimonta, passarli inesorabilmente uno a uno senza fatica e andare a vincere con distacchi epici, ecco, dietro a tutto ciò ci sarà anche una componente tattica ma nessuno ci impedirà di sospettare che ci sia anche un po’ di vanità. Per non parlare di quando, lontano dalla pista, battibecca a distanza, provoca e risponde alle provocazioni. Celebre il dissing con il britannico Kerr, uno dei suoi principali rivali – detto che Ingebrigtsen considera di non averne –, colui che del norvegese disse “ha un ego così grande che non passa dalla porta”. Riassunto delle puntate precedenti: ai Mondiali di Budapest del 2023, nella semifinale dei 1500 Ingebrigtsen all’ultima curva si gira verso il pubblico aizzandolo con gesti plateali, il tutto mentre sta completando la sua rimonta passando Kerr in scioltezza. In finale però Kerr lo batte bruciandolo negli ultimi 100m, e Ingebrigtsen liquida così l’oro del rivale: “Ha fatto una buona gara proprio nel giorno in cui gli altri ne hanno fatta una brutta”. Si arriva alle Olimpiadi di Parigi, dove accade l’impensabile. Nella finale dei 1500, dopo giorni passati a chiedersi “Vince Ingebrigtsen o vince Kerr?”, non vince nessuno dei due. Kerr argento, Ingebrigtsen addirittura quarto e giù dal podio. A beffarli entrambi, il campione olimpico in carica e il fresco campione del mondo, è il classico terzo incomodo spuntato dal nulla, Cole Hocker, e cosa fa allora Kerr? Va a bullarsi davanti alle telecamere, più felice per il crollo dell’avversario che triste per il proprio mancato oro . In fondo è il destino dei personaggi così forti e allo stesso tempo così sicuri della propria forza, quello di essere attorniati da una platea di detrattori che non vede l’ora di assistere a una sconfitta per goderne. Ma ora Jakob Ingebrigtsen sta provando a rimediare. Ultimamente l’abbiamo visto tendere la mano agli avversari che ha appena stracciato, fingere di complimentarsi con loro e di comprendere il fatto che stiano gocciolando, anche se dentro di sé probabilmente si sta chiedendo cosa sia quella cosa che noi umani chiamiamo 'sudore', e da dove provenga. Si sta sforzando, come se avesse un amico che gli ha spiegato come si fa, come ci si comporta nel nostro mondo, come sia bene interagire con gli avversari, anche se in pista li hai umiliati. Ricorda la scena del film Hancock in cui il supereroe alieno – cinico e odiato da tutti – cerca di riabilitare la propria immagine collaborando con la polizia di Los Angeles e nel tentativo di apparire amichevole riempie di complimenti i colleghi , perché è così che si fa per essere apprezzati, gli hanno spiegato. Ecco, anche per Jakob sta andando più o meno così. In ogni caso, la svolta umana di Ingebrigtsen sta a significare una cosa importante, anzi due. La seconda è che anche lui forse ha un amico. La prima è che, se non lo fa perché ha compreso come ci si comporta nello sport, vuole almeno provare a piacere. E qui arriva la fregatura, per lui. Perché proprio nel momento in cui Jakob decide di muoversi in quella direzione, nella sua Norvegia si registra un movimento di massa nel senso opposto. Pare infatti che dopo decenni di pia osservanza, le nuove generazioni in particolare si siano stancate di gente che continua a seguire la 'janteloven', la legge di Jante, 'teorizzata' dallo scrittore norvegese Aksel Sandemose negli Anni Trenta e che descrive l’atteggiamento sociologico con cui i popoli scandinavi criticano e ritengono inappropriata la realizzazione personale. Affermarsi singolarmente è sbagliato, secondo questo schema comportamentale tipicamente nordico. “Non pensare di essere speciale o migliore degli altri”, ammonisce la janteloven. Ma ora in Norvegia cresce il popolo dei ribelli, di quelli che si sono stufati di dover rimanere anonimi nel gruppo, e chi alza la cresta, anche se in modo un po’ spaccone, inizia a essere visto di buon occhio, a stare simpatico. Insomma, in Norvegia il 'vecchio' Ingebrigtsen piaceva, con tutti i suoi difetti. Che poi, se lo chiedessimo al diretto interessato, probabilmente lui ammetterebbe di avere un solo, unico, grande e incorreggibile difetto: essere il migliore di tutti. Non è adorabile?

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