Molinari: "La Ryder Cup è un sogno, non un'ossessione. In America possiamo vincere"

Che emozione provi a pochi giorni dall’inizio di questa Ryder Cup? “Ogni volta che si può far parte di una squadra di Ryder Cup è un’emozione unica, è sempre come la prima volta, se non addirittura meglio. La Ryder Cup è un evento che cresce ogni edizione, ogni due anni, e non vedo l’ora di partecipare di nuovo come vice capitano tra pochi giorni a New York” Vincere in trasferta è sempre molto molto difficile… “Lo disse anche Rory McIlroy a Roma, appena finito di giocare aveva già in mente di voler vincere due anni dopo, e ormai ci siamo. Più che un’ossessione, è un sogno, perché è una cosa talmente difficile da fare che non può diventare un’ossessione. Però devo dire che mai come questa volta abbiamo delle buone possibilità di farcela” Gli americani però sono sempre i favoriti, giusto? “Sì, loro sono sempre favoriti perché alla fine sono sempre i 12 giocatori migliori rispetto agli europei. Quest’anno abbiamo qualche giocatore che è in grande forma, come lo stesso Rory, come Rahm – che ha vinto il Liv –, Fitzpatrick, che negli ultimi mesi è nei primi 5-6 ogni settimana. Ma secondo me gli americani sono ancora favoriti perché hanno giocatori migliori, allo stesso tempo è sempre più difficile giocare essendo i favoriti, mentre è più facile giocare essendo gli ‘underdog’. E soprattutto credo sia facile giocare quando si ha qualcosa da provare e qualcosa da cui essere motivati e di queste motivazioni i nostri giocatori ne hanno più che a sufficienza” Il ranking non fa le squadre vincenti, le squadra vincenti si fanno con il cuore e con un po’ di statistiche di Edoardo Molinari… “Le squadre vincenti si fanno con una combinazione di tanti ingredienti. Non servono solo i giocatori più forti, servono alchimia tra i giocatori, buoni accoppiamenti e una buona atmosfera di squadra; non solo in quella settimana, ma nei due anni tra una Ryder Cup e l’altra, e sicuramente tra i nostri c’è uno spirito e un ambiente migliore di quello che c’è tra i giocatori degli Stati Uniti. E soprattutto servono soprattutto le motivazioni, perché alla fine secondo me un giocatore meno forte ma che crede tanto in quello che deve fare e che punta tanto della sua stagione su un evento solo è molto più pericoloso di un altro che ha avuto delle stagioni ottime e va lì solo per vacanza o che va lì solo perché deve farlo” Cosa ne pensi di Keegan Bradley, il capitano degli Stati Uniti, che non si è scelto per giocare? “Ha preso una decisione molto molto difficile ma penso sia la scelta giusta. Credo che se alla fine avesse deciso di fare entrambi, avrebbe fatto dei piccoli disastri. Noi speravamo avrebbe fatto entrambi, ma ha preso la scelta giusta per loro, quindi gli faccio i complimenti” Giocherete a Bethpage Black, che campo è? “Un campo molto esigente e molto lungo. Probabilmente ci sarà poco rough rispetto a quando han giocato gli US Open o il PGA Championship in America. È un campo molto esigente sui green e intorno ai green, sarà importante prendere tanti green, cercare di lasciarsi meno approcci intorno ai green e soprattutto pochi putt da lontano, perché i green saranno molto veloci e alcuni hanno anche molta pendenza quindi sarà difficile imbucare tanti putt” Avete cambiato pochissimo rispetto a due anni fa: “Sì, la squadra è praticamente la stessa di due anni fa, a parte che ci sarà un gemello Hojgaard al posto dell’altro. Secondo me ci saranno alcuni cambi, tutti si aspettano che la squadra sarà identica e che giocheremo con le stesse coppie… io credo che – anzi, so per certo – che qualcosa cambieremo e qualcosa resterà simile” Quale sarà la chiave per vincere? “I nostri tre giocatori di punta, che in questo momento sono Rory McIlroy, Tommy Fleetwood e Jon Rahm. Quando abbiamo vinto a Roma, i nostri quattro giocatori di punta mi sembra che fecero da soli 11 punti… ne servono 14 e mezzo per vincere, quindi gli altri 3 e mezzo in qualche maniera arrivano. Anche questa volta se quei tre giocatori fanno 9-10 punti, abbiamo buone possibilità. Se loro tre ne fanno 6-7, la strada sarà in salita”

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Molinari: "La Ryder Cup è un sogno, non un'ossessione. In America possiamo vincere"

Michele Gallerani