Giffoni Film Festival: questioni di necessità. E non è tutto

C’è una lettera, scritta a mano, un po’ di sbieco, che a Giffoni trovate ovunque. Riprodotta sui muri, su magliette, tazze, potete incrociarla all’improvviso in qualche angolo del paese come un quadro. E’ quella che il regista Francois Truffaut scrisse dopo i suoi 3 giorni al festival nel 1982. Fu a lungo corteggiato, l’invito durò una decina di anni, alla fine cedette. Scese dall’aereo con Fanni Ardant, che allora muoveva i primi passi che l’avrebbero portata a essere una delle attrici più conosciute, nonché la compagna di Truffaut. “Ma io Fanni Ardant ora che ci penso non l’ho nemmeno guardata” dice Mario Ferrara, che assieme a Claudio Gubitosi ha fatto nascere e crescere questo Festival. “Mi premeva raccontare tutto a Truffaut nel tempo del tragitto”. In fondo non poteva esserci incastro migliore tra un regista che diede tanto risalto all’infanzia e il Festival. E quei tre giorni ne furono la conferma. Così prima di andarsene Truffaut scrisse una dozzina di righe di ringraziamento e riflessioni su quanto visto e vissuto, e chiuse dicendo “Di tutti i festival del cinema questo è il più necessario”. Giffoni gira intorno a queste parole. Ci sono una via, un premio, e la sala cinematografica più importante intitolate a lui. E c’è tangibile l’orgoglio di averle meritate, di poterne trarre forza. Mai sottovalutare il potere delle parole. Meglio se unite ai fatti. Lo sa Elisa Di Francisca, leggenda della scherma italiana. 7 volte campionessa mondiale, 13 volte campionessa europea, 2 ori alle Olimpiadi, nella Walk of Fame dello sport italiano. Lei è qui perché è la protagonista di ‘Tu non sei sola’, spot contro la violenza di genere. Cinque minuti per raccontare cicatrici che durano per sempre nella vita di donne che hanno subito violenza. “Io ci sono passata” – mi racconta e lo ha fatto anche nella sua biografia ‘Giù la maschera’ descrivendo un pugno preso tra naso e denti, un calcio nella schiena. La guardo mentre è con i suoi bambini al nostro stesso tavolo mentre pranziamo. Elisa è una donna forte, realizzata, ma che, per sua stessa ammissione, si fa ancora prendere da quel pensiero. “Lo sport mi ha aiutata” – dice sorridendo. Devo andare a rivedere le sue esultanze nelle stoccate che sono valse i titoli. Perché vanno rilette. Ha vinto anche contro sé stessa, ha vinto contro quello che ha incassato anni fa. E non su una pedana. “Le donne devono sapersi difendere”. Stefano Maniscalco è seduto di fronte a me, due volte campione mondiale e tre volte campione europeo di Karate. “Fai preso a dirlo – penso – sei una montagna…”. Lui capisce dalla mia espressione e aggiunge “Guarda che essere grossi e forti non risolve sempre, bisogna sapere cosa fare. Io lo insegno”. Assieme a Emanuele Bruno, campione europeo di Judo ha creato il progetto ‘JK Defense donna forte’, un percorso di autodifesa gratuito per donne con tecniche di karate e judo. L’obiettivo è anche renderci più consapevoli dei pericoli e dei segnali di abuso. Sono corsi gratuiti e itineranti in Italia. Grazie. A chi fa. A chi si muove per cambiare le cose. A chi racconta dei segni rimasti affinché possiamo metterli vicino ai nostri. A uomini che ci ricordano che appartenere alla categoria non li rende tutti uguali. Sono uomini che ci insegnano a difenderci da altri uomini. Paradossale ma NECESSARIO. Quella parola scritta da Francois Truffaut che qui ha cambiato tutto. E dal Giffoni NON è tutto.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Giffoni Film Festival: questioni di necessità. E non è tutto

Roberta Noé