Beppe Carletti: "Quel filo che unisce musica e calcio, i miei Nomadi e la Juve"

“Quando si fa musica bisogna trasmettere emozioni. Stare insieme e condividere su e giù dal palco”. Sostituendo musica e palco con sport e campo, il concetto è perfettamente applicabile alle discipline di squadra. A sostenerlo è Beppe Carletti, anima dei Nomadi: della storica band italiana attiva da oltre 60 anni, è stato fondatore, insieme all’indimenticato Augusto Daolio, scomparso nel 1992. L’uscita dell’album ‘Live al Teatro Dal Verme’ ci offre l’occasione di farci raccontare cose di musica e sport da Carletti, appassionato di calcio e tifoso della Juve. Beppe, classe 1946, emiliano di Novellara, ci accoglie nel suo ufficio milanese che è un vero museo dove ci si perde a osservare cimeli e ricordi. Tra le bottiglie delle diverse annate del Lambrusco Nomade, che produce personalmente, i pass dei concerti e i gadget a tema, ci racconta da dove tutto quanto è partito. “Sono 63 anni che suono, - racconta - ho cominciato a 16 anni con Augusto. Sai, abbiamo iniziato subito forte facendo 77 giorni a Riccione, suonando pomeriggio e sera. E’ stato bellissimo. Se potessi rivivere un po’ della mia vita, vorrei tornare a quei giorni. Sono stato fortunato a incontrare Augusto, che mi ha insegnato tanto. Lui non ha mai avuto la voglia di fare il cantante solista, amava troppo il gruppo. Siamo partiti dalla provincia, dove abito ancora, e questa è stata la nostra fortuna”. E qui, proviamo subito a metterti in difficoltà, se dovessi paragonare una leggenda del mondo dello sport a Daolio. Chi potrebbe essere? “Dobbiamo scegliere - lo dice sospirando - tra i grandissimi dello sport. Mi piace dire Roberto Baggio, perché, tra le altre cose, siamo amici. Mi piace citare anche Francesco Moser, perché anche con lui ci si incontra volentieri e ci si abbraccia. Aggiungerei Alessandro Del Piero, tanta roba. Mi dispiace non averlo ancora conosciuto. Sono tutte persone rette, a posto. Mi piacciono quei personaggi lì, bravi sul campo e nella vita. Campioni veri, ovunque. Proprio come Augusto” Vuoi essere trattato come uno normale, ma hai fatto cose straordinarie nella tua carriera, come tenere insieme il gruppo per così tanto tempo. Tu sei il fantasista dei Nomadi, però sei anche allenatore e pure presidente. “Queste mansioni, in effetti, le ho tutte - spiega ridendo - ma, in realtà, mi riconosco come condottiero, quello che in campo trascina tutti. Io mi sono sempre definito così, il condottiero dei Nomadi. Non dico ‘andate’ io dico ‘andiamo’” E lo dici a una squadra composta da te e da altri cinque ‘giocatori’, Cico Falzone, Massimo Vecchi, Yuri Cilloni, Domenico Mario Inguaggiato e Sergio Reggioli. “In fondo noi sei giochiamo con la musica, ed è una cosa molto bella. Siamo affiatati fuori e dentro al palco. Se non fosse così, sarebbe strano: pensa a una squadra dove i giocatori non si guardano in faccia e non sanno dove lanciano la palla. Bisogna sentirsi, sorridersi. E’ molto importante: noi ci autocarichiamo e la gente lo percepisce. Siamo abituati a condividere: facciamo 80/90 concerti all’anno. Ho sempre avuto la fortuna di avere con me dei musicisti con cui ho sempre tenuto un rapporto di amicizia” Il live è proprio la vostra dimensione. Cosa significa per voi avere il contatto con i vostri ‘tifosi’, perché in fondo un po’ possiamo definirli così... “E’ bellissimo, sono certo che anche i giocatori finiscono per conoscere gli abbonati che occupano i posti dello stadio vicini al campo. E noi quelli che si mettono in transenna ormai li conosciamo davvero tutti. Quando il concerto finisce ci danno l’appuntamento al prossimo, proprio come a fine partita si pensa già a quella successiva” Ti propongo un altro piccolo gioco: scegli una traccia di ‘Nomadi, live al Teatro Dal Verme’ da dedicare a uno sportivo: “Il compito è difficile - e sospira di nuovo - ma scelgo un brano di sola musica, sul palco la facciamo pianoforte e violino. Si chiama ‘Suoni’ e la dedico ai campioni. Quando ascolti questa canzone, puoi mettere le parole che ti vengono in mente in quel momento e creare. Insomma, quella canzone in quel momento diventa tua. E il campione ha gli strumenti per scrivere le ‘parole’ che sente. ‘Suoni’ è proprio la canzone più giusta per far esprimere chi in campo sa dare tutto ” Arriviamo anche alla cose da tifoso. La Juventus è da sempre la tua squadra del cuore. Ora come la vedi? “Ora serve pazienza: prima di rifare un ciclo servirà tempo. Mi piace Igor Tudor, lo reputo una persona molto seria, credo che per lui allenare la Juve sia una grande soddisfazione ma anche una enorme responsabilità. Io credo in lui e nella dirigenza: li vedi poco ma la loro presenza si sente. Sono felice che Chiellini abbia un ruolo in società: l’ho sempre ammirato. Tornando al passato, io sono juventino da sempre, il mio tifo è nato quando avevo 10 anni, ai tempi di Boniperti. A casa siamo tutti quanti bianconeri” Andavi allo stadio, ci vai ancora? “No, non più. Però, qualche anno fa, mi hanno invitato ad assistere agli allenamenti. In quel momento il mister era Antonio Conte. Sono anche stato in panchina, sai? Ah, che emozione...” Insomma, anche se solo per qualche ora hai fatto il condottiero anche alla Juve? “Magari”. E così, ci saluta con un bel sorriso. Pronto a tornare in campo, pardon, su un palco.

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Federica Lodi