La rivincita di Toto Cutugno: da eterno secondo alla 'Champions' della musica

LA STORIA

Alfredo Corallo

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Il cantautore, scomparso martedì all'età di 80 anni, aveva fama di 'perdente' per i tanti secondi posti al Festival di Sanremo, ma si riscattò con il trionfo all'Eurovision Contest. Un po' come avvenne nel 2003 per Ancelotti, campione d'Europa con il Milan, la squadra del cuore di Toto Cutugno

VIDEO. "L'ITALIANO" CANTATA DA GIROUD E VETTEL

 

Il videoclip de L'Italiano fu girato sugli Champs-Élysées, là dove Raymond Poulidor non voleva mai perdersi una premiazione del Tour de France. Sì, perchè Poupou - che non era il sindaco di Parigi, bensì uno dei più grandi e amati ciclisti francesi di tutti i tempi, nonché nonno di Mathieu Van der Poel - su quel podio ci salì 8 volte, ma sempre da secondo (3 volte) o terzo (5), mai sul gradino più alto: et voilà l'insostenibile fama di "Éternel Second" sull'altare di Le Roi Jacques Anquetil. In Italia, ci provammo con Felice Gimondi: primo italiano a fregiarsi della tripla corona Tour-Giro-Vuelta, eppure sempre relegato a vice-Merckx (che il 'triplete', se vogliamo dirla tutta, lo farà solo nel 1973, 5 anni dopo il bergamasco). La stessa sorte, insomma, che nella musica perseguitò Toto Cutugno, sebbene un Festival l'abbia vinto (nel 1980, con Solo Noi) prima di inaugurare la collezione di medaglie d'argento (6, di cui 4 consecutive, più una da autore di Noi, ragazzi di oggi cantata da Luis Miguel). Non bastò nemmeno il fragoroso successo di pubblico del suo inno nazional-popolare e gli oltre 100 milioni di dischi venduti in carriera per scucirgli di dosso quell'etichetta che tanto lo infastidiva. Ma stava al gioco: come nel 2004 - ospite all'Ariston per la serata revival - quando fu anche 'premiato' con la maglia numero 2, a strisce nerazzurre. "Quella dell'Inter no, dai - scherzò il cantautore, di fede rossonera - potevate almeno darmi quella del Milan...".

Toto Cutugno canta "L'Italiano" a Parigi, sui Campi Elisi
Simona Ventura e Toto Cutugno a Sanremo nel 2004
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Toto & Carletto: che rivincita in Europa

È probabile che l'accostamento cromatico fu casuale, o forse - a proposito di eterni secondi - era una 'simpatica' allusione a Hector Cuper e alle sventure della sua Inter, riferimento che - viceversa - mal si sarebbe abbinato ai campioni d'Europa in carica. Già: era il Milan di Carlo Ancelotti che, se qualcuno l'avesse dimenticato, non godette di una reputazione migliore di quella affibiata al collega argentino, almeno fino alla notte di Manchester; maledizione di cui s'era liberato Salvatore detto Toto, chiamato a sostituire i Pooh di Uomini soli (che declinarono l'invito) e trionfatore nel 1990 a Zagabria dell'Eurovision Contest con "Insieme 1992", canzone-manifesto dell'Europa unita, riportando un successo che in patria mancava da 26 anni, da Gigliola Cinquetti. Per la cronaca, il 'gol' della liberazione - un po' come il rigore di Sheva alla Juve per Carletto - coincise con il punteggio massimo (12 voti) assegnato a Cutugno dalla giuria di Cipro, che ricompensò l'Italia di un 'regalo' del 1983, esattamente qualche giorno dopo il Sanremo che lanciò L'italiano nel mondo.

Toto Cutugno all' Eurofestival del 1990
Toto Cutugno vince l'Eurofestival 1990

L'Italia di Cutugno

Il brano ne è già una fotografia piuttosto nitida: "Un partigiano come presidente" (Sandro Pertini), ma incapaci di resistere ai nostri cliché ("gli spaghetti al dente", "le calze nuove nel primo cassetto", "l'autoradio sempre nella mano destra e un canarino sopra la finestra"); una nazione smaniosa di ribellarsi agli anni bui del terrorismo ("Buongiorno Italia che non si spaventa"), che surfa sull'onda lunga di un'estate di caroselli per la vittoria del Mundial '82 ("con la bandiera in tintoria e una Seicento giù di carrozzeria"); ma anche un Paese al limite del fantozziano, che s'incolla alla televisione per la finale del Festival a cantare con la mano sul petto "perché ne sono fiero" e la settimana successiva (il 12 febbraio del 1983) si vergogna di essere "Italiano" quando i campioni del mondo di Bearzot pareggiano a Cipro (il famoso regalo) mancando clamorosamente la qualificazione agli Europei del 1984. L'Italia di sempre, "con la crema da barba alla menta, un vestito gessato sul blu e la moviola la domenica in TV". Un popolo che tifa al cinema per la saldatrice-ballerina che si allena anche di notte per l'audizione della vita (Flashdance), ma che si specchia nella tragicomica disperazione di Jerry Calà e Lino Banfi, lo sguattero muto e il povero "disgrazièto" di Al Bar dello Sport, "bacièto" per una volta dalla buona sorte, ma di nuovo appeso al filo del corto circuito: "Io non ci torno a Torino a fare zizizì con le aragoste, non ci torno!".

La partita a carte sull'aereo di Pertini con i campioni del mondo di Spagna 1982
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La prima pagina della Gazzetta dopo il pareggio dell'Italia a Cipro nel 1983

L'Italiano del Bar dello Sport

Un ultimo (altro che eterno secondo) destinato a rimanere ultimo, Lino: l'Avvochèto, per gli amici (vestiva dallo stesso sarto di Gianni Agnelli, diceva). In realtà, un "elettrauto" del crostaceo emigrato da Canosa e finito nei profondi abissi del banco di un sinistro pescivendolo ("Respirano le vongole, respirano!") che si era ritrovato con la vincita di un miliardo e 300 milioni al Totocalcio buttata nuovamente a mare, inghiottita dalle fauci di una vorticosa roulette. L'agognato riscatto sociale, le umiliazioni subite dal cognato sabaudo arcistufo di mantenerlo ("L'è tuta colpa di Garibaldi!"), ma da cui si era apparentemente affrancato, il sogno di vivere tra ostriche (fresche) e champagne, si erano di colpo infranti su un tavolo verde del Casinò (indovinate un po'?) di Sanremo. Tutta colpa di Parola - dall'ultima pronunciata in una infelice mano di poker - che, pure, aveva intuito l'improbabile "2" di Juventus-Catania nella schedina che si rivelerà vincente, lanciando di fatto la scalata al montepremi. Poi, che vuoi, con tutti quei soldi, l'aria della Costa Azzurra, il compagno di viaggio distratto da una generosa entreneuse, la finestra tentatrice sul Casinò e... les jeux sont faits. Per fortuna l'ultimissima delle fiches puntata sul solito "2" uscirà 52 volte di fila, tre miliardi e miracolo, alla vista di Lino che balla cheek to cheek con la sua francesina, Parola ritroverà persino il verbo: "Hey, J.R. dei poveri, ma cosa fai l'innamorato pazzo?". E via, a godersi finalmente la felicità, con un'ideale chitarra in mano al grido di "Lasciatemi cantare", sulle note di un italiano vero: eterno.

Al Bar dello Sport con Jerry Calà e Lino Banfi