La storia del St. Ambroeus, l'integrazione nella società grazie a un pallone

Risalendo in un qualsiasi mercoledì pomeriggio di fine autunno i gradini che dalla fermata ‘Gorla’ della metropolitana di Milano portano lungo viale Monza si può riconoscere un suono inconfondibile. Tra lo stridere metallico dei freni sui binari e i passi svelti dei lavoratori appena usciti dagli uffici, si possono sentire chiaramente dei tacchetti di ferro che battono a terra, unite al vociare gioioso dei bambini che, borsone alla mano, hanno appena terminato l’allenamento. Subito fuori dalla fermata ‘Gorla’, nel nord di Milano, appena prima di uscire dal territorio della città, si trova infatti un campo di calcio. Il centro sportivo ‘Cameroni’ si incastona tra i palazzoni del capoluogo lombardo, un chiaro esempio di necessità che diventa virtù per ovviare alla mancanza di spazio con cui una metropoli come Milano è costretta a convivere. In questo piccolo angolo di ‘verde’ meneghino gioca la società del St.Ambroeus FC, club di terza categoria che ha dedicato il proprio nome al patrono della città. Il ‘Santa’, come lo chiamano tifosi e giocatori, è una squadra unica del suo genere, non tanto per i suoi meriti sportivi quanto per il progetto che ha avviato. Dal 2018, anno della fondazione, ha tesserato 520 atleti. La sua divisa bianca e rossa è stata indossata nel tempo da calciatori provenienti da più di 20 Paesi e 4 continenti: Gambia, Marocco, El Salvador, Perù, Iran e Ucraina, solo per citarne alcuni. Ma il St.Ambroeus non è solo un crogiolo di nazionalità e culture diverse. La missione della società, con il sostegno della tifoseria e dei volontari del quartiere, è quello di creare una comunità intorno al club, che possa offrire un sostegno a 360° ai suoi calciatori. I tesserati del ‘Santa’ sono infatti molto spesso rifugiati o richiedenti asilo, che non hanno le risorse o la padronanza dell’italiano per accedere alla pratica sportiva o per integrarsi nella nuova realtà in cui vivono. Sin dalla sua nascita, il St. Ambroeus FC ha saputo combinare una vocazione cosmopolita con un forte legame con Milano. La società ha sempre creduto nella potenza del calcio ‘popolare’, un veicolo per favorire l’inclusione e l’aggregazione: collaborando con delle associazioni di volontariato sul territorio, come ‘Naga Onlus’, ‘Dona un Sorriso’ e ‘Comunità Nuova’, riesce a fornire supporto in ambiti complessi come le richieste di permesso di soggiorno, l’assistenza sanitaria, la ricerca di una casa o quella di un lavoro. “Vogliamo essere una casa lontana da casa per i nostri giocatori”, afferma con orgoglio Jonathan Misrachi, il giovanissimo presidente del St.Ambroeus FC. “Non saremo la migliore squadra di Milano, ma per il lavoro che facciamo siamo convinti di essere la migliore squadra PER Milano”. È d’accordo anche l’amministrazione cittadina, che lo scorso 7 dicembre ha deciso di conferire al St.Ambroeus FC e al suo progetto l’Ambrogino d’Oro, il più importante riconoscimento civico del Comune di Milano, per i suoi meriti nel sociale. A ricevere il premio il presidente Misrachi, ospitato al teatro Dal Verme insieme ad alcuni dei suoi calciatori: “È stato bello quasi quanto segnare un gol”, continua il presidente. “Negli anni abbiamo registrato una crescita costante. Oggi abbiamo quattro squadre, tre maschili, e una femminile di calcio a 7. Circa 100 atleti e atlete frequentano il nostro centro sportivo, seguiti da uno staff tecnico composto esclusivamente da volontari”. Perché il ‘Santa’, come i grandi club del calcio spagnolo, ha avviato da questa stagione un progetto di azionariato popolare, che consiste nel diventare soci ‘comprando’ un pezzetto del club. In questo modo la società può autofinanziarsi, continuando a gestirsi in autonomia grazie alle donazioni dei fedelissimi tifosi biancorossi, che in solo metà stagione sono già arrivati a 300. Un altro chiaro esempio di necessità che diventa virtù. Perché a oggi, nonostante il premio ricevuto dal Comune di Milano, il St.Ambroeus non riceve nessun supporto economico dalle istituzioni, un requisito in teoria fondamentale per proseguire nella sua attività di beneficenza e di supporto alla comunità. E poi ci sono loro, i protagonisti del ‘Santa’, quelli che indossano la casacca ogni domenica. Come Armande , camerunese, uno dei veterani della squadra, a Milano dal 2018 dopo essere arrivato in Sicilia con il barcone. Lui è al St.Ambroeus FC da quando il progetto era ancora agli inizi e la squadra non si chiamava così: “Ho iniziato come aiuto allenatore”, racconta, “All’inizio non avevamo niente, siamo cresciuti tutti insieme”. La squadra per lui è stata come una famiglia, gli ha permesso di trovare un lavoro in una fabbrica di vasi e di prendere la licenza di scuola media. Oggi, con una punta di orgoglio, afferma di essersi integrato in Italia, e di sentirsi a casa anche in una realtà frenetica come quella di Milano. Ah, piccola nota a margine, il suo idolo calcistico d’infanzia era niente di meno che Rino Gattuso. C’è anche Alex, dal Benin, sgusciante terzino destro. Lui è in Italia solo da un anno e mezzo ma grazie al calcio già padroneggia la lingua: “Il St.Ambroeus è una nuova famiglia. Grazie a loro ho trovato sia una casa sia un lavoro”. Un’altra storia è quella di Collins, 30 anni, dalla Nigeria. Lui oggi ha trovato una certa stabilità a Milano, ma il suo percorso è stato decisamente complicato. “Sono arrivato in Italia nel 2016, il 16 settembre”, racconta con un filo di amarezza ricordando ancora la data precisa. “Appena sbarcato in Sicilia mi hanno caricato su un autobus. Abbiamo viaggiato per un giorno intero, fino a un centro di accoglienza di Rovigo. Ho abitato lì per 4 anni, senza potermi spostare perché non avevo documenti”. Nel frattempo non è rimasto con le mani in mano, ha studiato la lingua, prendendo un certificato di italiano, non senza difficoltà: “Ho dovuto anche rifare l’esame perché quel giorno avevo un colloquio di lavoro”, confida. È arrivato a Milano solo nel 2020, lavora in un ristorante nei dintorni del Mercato Centrale e nel tempo libero, oltre a giocare a calcio, si diverte a scrivere. È il poeta del gruppo, prima di ogni partita manda un messaggio vocale sul gruppo WhatsApp della squadra per caricare i compagni con un’arringa scritta di suo pugno. Dopo essere riuscito a portare la compagna e la figlia in città, anche lui oggi può dire senza timore di smentita di sentirsi integrato in Italia. Se dalle parti della squadra maschile si parla un mix di italiano, inglese e arabo, in quella femminile la lingua prevalente è l’italo-spagnolo. Buona parte delle ragazze della rosa provengono infatti dal Sud America. Non Stéphanie. Lei è francese, lavora come ricercatrice e si è dovuta trasferire a Milano per lavoro nel 2021. Anche se non ha mai seguito il calcio si è innamorata del St.Ambroeus FC per il suo progetto, credendo fortemente nel concetto del calcio popolare, e da pochi mesi ha deciso di indossare la casacca da giocatrice: “Qui mi sono sempre sentita integrata. Ho seguito gli eventi della squadra da quando sono arrivata in Italia, grazie a loro ho acquistato più fiducia in me stessa. Anche nella mia vita fuori dal campo”. E poi c’è Marta, 23enne di Segrate, periferia di Milano. Lei è stata una delle fondatrici della squadra femminile: “Abbiamo iniziato in cinque, oggi siamo più di 20. Il calcio è stato un mezzo, il più comune, per raggiungere il nostro fine: l’integrazione. Crediamo fortemente nell’idea di uno spazio alternativo e senza pregiudizi per potersi mettere in gioco”. Francia, Nigeria, Camerun e Benin. E poi Perù, Ucraina, Romania, Vietnam, Iran, Costa d’Avorio e Egitto. Al St.Ambroeus FC c’è l’imbarazzo della scelta, un mix di popoli, culture e religioni che si incastra alla perfezione nel contesto di una città come Milano. C’è anche una bella fetta di Italia, perché Federico Gavazzi e Valentina Perrella sono le figure, agli antipodi, al comando. Lui, brianzolo, guida la squadra maschile CSI. Lei, siciliana, allena quella femminile. Tutta la Penisola connessa nella missione dell’integrazione, toccando qua e là tante piccole parti di mondo. E poi c’è chi dice che il calcio è solo gente che corre dietro a un pallone. Al St.Ambroeus FC non sarebbero d’accordo, basta scendere alla fermata ‘Gorla’ per impararlo.

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La storia del St. Ambroeus, l'integrazione nella società grazie a un pallone

Simone Dagani