L'estetica di Robert Redford: il 'Cruyff' del cinema

Nella scena finale di Santa Maradona, gli smagati protagonisti della commedia di Marco Ponti tornano ingloriosamente a spalmarsi sul divano dopo l'ennesima confutazione socratica sulla miseria della loro esistenza. Di colpo, lo 'scazzo' quotidiano tra casalinghi disperati esige una tregua: alla tv si odono gli spari di un western che rimbalza celestiale alle orecchie dei due abulici indiani metropolitani che nemmeno la musichetta della Champions League. L'allucinazione di una rinascita prospettata da Butch Cassidy al socio Sundance Kid nella rigogliosa Australia ha il potere di ribaltare l'inerzia della coppia di coinquilini freschi di laurea in Lettere - ma già precari di default - che ammazza le giornate a dissertare sulle "tette intertestuali" di Sharon Stone e a elemosinare amori di contrabbando sotto le Nuvole rapide della Torino electro-rock di inizio millennio. Come nel film di George Roy Hill, il giovane carino e disoccupato Andrea e l'uomo-accappatoio Bart giocano ancora una volta ai cowboy, catapultati in un freeze frame che li cristallizza per sempre nello sguardo di una generazione che non vuole arrendersi alla passiva accettazione dell'aperitivo con la macchina figa in un posto figo, tirando avanti lontano dai guai in attesa del giorno in cui morirai. Incuranti della lezione di Mark Renton, il 'pentito' di Trainspotting, i nostri "nichilisti ottimisti" si consegneranno al nemico o salteranno sul carro della resistenza? Se siete ipocriti, abili, non siete mai colpevoli Se non state mai coi deboli, e avete buoni stomaci Sorridete, gli spari sopra sono per noi ----------------------------------------------------------- E se si girano gli eserciti e spariscono gli eroi Se la guerra poi adesso cominciamo a farla noi Non sorridete, gli spari sopra sono per voi Ponti, 'adepto' di Vasco, sceglie di scolpirli nella celluloide ancora nel fiore della giovinezza e gonfi di cartucce da scaricare, sull'archetipo degli irriducibili Paul Newman e Robert Redford e di quell'intramontabile fotogramma che "nega l’ultima parola a chi spara, chi distrugge, chi usa la violenza perché non sa pensare". Un'istantanea, nell'eredità di Santa Maradona, che custodirà eternamente l'anima di Libero De Rienzo, l'anarchico Bartolomeo: il little Lebonsky che non fuma perché al cinema non si può fumare e non potrebbe mai vedere un film senza fumare, se fumasse; sovversivo in quella maglia oranje, il vestito buono per le domeniche allo stadio; eterno, nel cuore di chi - come noi - lo ha amato; ardito, come il compagno Butch e Sundance Kid al cospetto del plotone di esecuzione boliviano. Immortale, infine, come il Cruyff campione del mondo per un minuto e 18 secondi nella battaglia del '74 sul fronte tedesco. Che poi, in comune, Robert e Johan non avevano soltanto la chioma bionda e gli occhi azzurri: anche l'attore statunitense, come la leggenda dell'Ajax, veniva dal baseball. Forse non Il migliore, non ai livelli del battitore che interpretò per Barry Levinson, ma con un talento sufficiente per vincere da ragazzo una borsa di studio all'Università del Colorado. Una promessa della nazionale juniores, l'olandese, prima della conversione definitiva al pallone. Fu da ricevitore, come ha spesso raccontato il 14 di Amsterdam, che apprese le basi della sua filosofia: la visione d'insieme, l'accelerazione, la gestione delle scivolate, la percezione degli spazi, la capacità di pensare in anticipo, tutti automatismi funzionali al totaalvoetbal dell'Arancia meccanica congegnata da Rinus Michels. Anche la sua ascesa al gotha del football corre in parallelo con la scalata di Redford sull'Olimpo di Hollywood: nel 1967 l'attaccante del lanceri si laurea capocannoniere della Eredivisie e il suo alter ego cinematografico viene premiato con il Golden Globe al miglior attore emergente per il ruolo del produttore bisessuale ne Lo Strano Mondo di Daisy Clover, sbancando al fianco di Jane Fonda nel romantico A piedi nudi nel parco. Nei primi anni '70, alle tre Coppe dei campioni consecutive e ai tre Palloni d'oro conquistati dal Pelé bianco, la star californiana risponderà con un palmarès altrettanto da fenomeno: Corvo rosso non avrai il mio scalpo, Come eravamo, La stangata, Il grande Gatsby, I tre giorni del Condor, Tutti gli uomini del presidente, Il Cavaliere elettrico. Nel decennio successivo, ruotando sul proprio individualismo creativo, ma di sistema, saranno artefici entrambi di una rivoluzione culturale che romperà gli schemi dell'ordine costituito allargando radicalmente gli orizzonti delle nuove generazioni ai princìpi più puri dell'estetica, al valore supremo della qualità. Il Profeta del gol, ormai 'totem' del Barcellona e bersaglio del regime franchista, sposerà in pieno la causa catalana ponendo idealmente le fondamenta della Masìa, l'accademia delle belle arti calcistiche che in futuro ci regalarà Pep Guardiola e Leo Messi ; il premio Oscar, già paladino delle emergenze ambientali e attivista 'totale', costruirà qualcosa di analogo con il Sundance Institute e il suo Festival, tempio del cinema indipendente e della sperimentazione che formerà - tra gli altri - Quentin Tarantino, Jim Jarmusch e Christopher Nolan. "E adesso, box doccia?" "No, adesso proviamo a sistemare le cose" "Tu non molli mai..."

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

L'estetica di Robert Redford: il 'Cruyff' del cinema

Alfredo Corallo