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Amburgo, ultimo giro di lancette: fine di un'era in Bundesliga?

Bundesliga

Luca Cassia

Minuti contati per l'Amburgo in Bundesliga con buona pace dell'orologio del Volksparkstadion (Foto Getty)

Conto alla rovescia per l'Amburgo ribattezzato "Dino" a causa della sua longevità in Bundesliga. Penultimi a -7 dal Mainz e senza vittorie da novembre, i tedeschi sembrano destinati alla prima storica retrocessione in B. Dall'assurdo infortunio di Müller al rigore sbagliato da Kostic, l'orologio dello stadio scandisce una stagione maledetta

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Dal 2001 l’orologio del Volksparkstadion ricorda l’incredibile longevità in Bundesliga dell’Amburgo, mai retrocesso e non casualmente il club più antico di Germania con 130 anni d’esistenza. Una storia immacolata con 15 titoli in bacheca accumulati soprattutto tra gli anni ’70 e ’80, eppure il presente volta le spalle ai veterani tedeschi. Penultimi in classifica a -7 dal Mainz uscito indenne dallo scontro diretto, gli uomini di Hollerbach tremano come non mai a 9 turni dalla fine del campionato. A lasciare poche speranze un bilancio di oltre tre mesi senza vittorie e un calendario spietato a partire dal confronto con il Bayern capolista. Mai un club della Bundesliga è riuscito a salvarsi dopo aver conquistato 18 punti in 25 giornate: insomma, l’Amburgo "irretrocedibile" stavolta ha davvero i minuti contati.

Dinosauri di Germania

Il timer digitale all’interno dello stadio scandisce il tempo dalla prima partita disputata in Bundesliga, oggi lontana quasi 55 anni, un vanto nella categoria maturata ininterrottamente da "Dino" come ribattezzato in Germania per via di un’esperienza ineguagliabile. Dalla Preistoria della massima serie tedesca al precipizio del presente, quasi un paradosso per un club mai relegato in Serie B al pari di altre nobili d’Europa come Inter, Barcellona e Real Madrid. Perfino il Bayern Monaco, assente nella prima edizione del torneo, non gode dello stesso blasone dell’Amburgo: 53 le partecipazioni ufficiali dei bavaresi, 54 quelle del Werder Brema retrocesso nel 1980. Orgoglio e identità ribaditi dall’orologio installato nel 2001, flusso continuo dalle cinque di pomeriggio del 24 agosto 1963. Ogni secondo in più avvicina tuttavia i tedeschi al baratro.

Non è più lo squadrone che sconfisse la Juventus nell’epilogo di Coppa dei Campioni nel 1983 grazie al gol di Felix Magath, poi divenuto un allenatore di fama internazionale e guidato all’epoca dall’iconico Ernst Happel. Il lento declino degli anseatici risponde ad un gruppo dalle poche individualità, vittorioso solo 4 volte in stagione a fronte di 15 ko e 18 punti all’attivo: peggio ha fatto solo il Colonia ultimo a quota 17. Per carità, non può sorprendere il pericolante Amburgo ripercorrendo le peripezie delle ultime stagioni: terzultimo nel 2014 e nel 2015, graziato due volte al termine degli spareggi salvezza contro le piccole Greuther Fürth e Karlsruhe respinte rispettivamente con un doppio pareggio e un successo ai supplementari. Miracoli da "Dinosauri", pochi sollievi in più nell’ultimo biennio con un 10° e un 14° posto raggiunto al fotofinish che confermano l’appartenenza alla seconda metà della classifica palesata pure nel campionato in corso.

Stagione maledetta

Estromesso dalla Coppa di Germania ad agosto per mano dell’Osnabrück, squadra di terza divisione, l’Amburgo in realtà aveva riservato due vittorie ai nastri di partenza del campionato contro Augusta e Colonia, guarda caso rivali designate per la corsa alla salvezza. Proprio in occasione dell’esordio stagionale, risolto all’8’ da Nicolai Müller, il jolly tedesco si è infortunato a seguito di un’esultanza troppo veemente: rottura del legamento crociato e 7 mesi di stop senza più ritrovare il campo. Una tegola tragicomica in linea con la caduta libera del club sconfitto in 10 delle 15 partite seguenti, solo 11 gol segnati dei quali 6 circoscritti nei sussulti contro Stoccarda ed Hoffenheim.

Alla ripresa del torneo gli scivoloni contro Augusta e Colonia provocano l’esonero di Markus Gisdol e l’arrivo di Bernd Hollerbach, ex difensore anseatico nonché protagonista della doppia promozione alla guida del Würzburger Kickers. Il cambio in panchina non ha invertito la rotta, anzi: 3 i punti raccolti in 6 partite senza vittorie, record negativo per un allenatore della società, mediocrità aggiornata l’ultimo weekend con lo 0-0 casalingo contro il Mainz terzultimo. Letale il rigore sprecato dal serbo Kostic, miglior marcatore con soli 4 gol, fermato dagli undici metri dal 20enne debuttante Florian Müller. Già, un portiere omonimo dello sfortunato Nicolai al battesimo stagionale: da Müller a Müller, ecco quindi che il cerchio maledetto dell’Amburgo va a chiudersi. Chissà che non voglia contribuire alla crisi anche il bavarese Thomas nel prossimo turno sul campo del Bayern Monaco, capolista a +20 sullo Schalke 04, trasferta impossibile che precede una situazione disperata come ammesso dal direttore sportivo Todt: "Deve succedere qualcosa di straordinario per evitare la retrocessione".

"Tick, tack, tick, tack"

Si è ipotizzato come l’orologio del Volksparkstadion possa accumulare pressione sulla squadra, obbligata ad alimentarne il corso attraverso l’abbonamento alla Bundesliga. Basti pensare che una versione più piccola del timer è stata posta dal 2014 anche sul bus dell’Amburgo, quasi un fardello per i giocatori che lo intravedono ogni volta che salgono o scendono dal mezzo di trasporto. Ma cosa ne accadrebbe in caso di retrocessione in Zweite Liga? Intanto il conteggio procede inesorabile anche sul sito ufficiale del club con buona pace della mascotte Hermann, dinosauro adottato nel 2003 quando uscì provocatoriamente dal suo guscio a precedere una sfida contro il Bayern Monaco. Nient’altro che un omaggio allo storico fisioterapista Hermann Rieger, decisione che non ha risparmiato ironie sull’estinzione dei dinosauri oltre 65 milioni di anni fa.

La clessidra dello stadio resta argomento di feroce discussione: convinti della retrocessione imminente dell’Amburgo nel 2015, la campagna social sullo smantellamento dell’orologio coinvolse quasi 80mila tifosi di squadre avversarie. Addirittura il direttore marketing del club, Joachim Hilke, propose di sbarazzarsene insieme al dinosauro Hermann puntando il dito contro un passato che compromette il futuro della società. Niente da fare: due simboli del club difesi in massa dai fan soprattutto da parte di coloro che ritengono l’Amburgo non retrocedibile, certo è che il dramma si è fatto insostenibile. Recentemente hanno fatto comparsa al Volksparkstadion due striscioni eloquenti: "Prima che l’orologio batta l’ultimo rintocco, vi verremo a cercare in città", seguito dal significativo "Grazie per niente, mercenari". Anni e mesi, giorni e ore, minuti e secondi: la prima retrocessione nella storia dell’Amburgo ora sembra dietro l’angolo. E quel timer digitale scandisce il più triste dei conti alla rovescia.