Bundesliga, Colonia penultimo. A rischio una grande tradizione
BundesligaIl Colonia è penultimo in Bundesliga, nonostante la grande passione dei tifosi, la tradizione storica e una città d'arte dinamica e molto viva. Le ragioni di un declino calcistico e la storia di un pubblico che nonostante tutto incita la squadra. Con una mascotte unica al mondo
Una passione forte. Mai davvero ripagata negli ultimi 20 anni, ma neanche mai scalfita. Colonia è la città dell’arte, del Duomo, del carnevale e del sorriso. Forse la più bella di Germania. Cullata dal Reno e sospinta da una forte carica goliardica. Un entusiasmo che abbraccia decisamente anche la squadra di calcio e che non si affievolisce nonostante troppi anni agonisticamente tristi e lontani dalla sua storia. Vedendola ancora in fondo alla classifica dopo la sconfitta interna con l’Hoffenheim (solo il Paderborn peggio) difficile capire se sia più encomiabile l’atteggiamento positivo, finora, dei tifosi o più inspiegabile l’incapacità societaria di riportare l’Effzeh (come chiamano la squadra in città) al vertice. Qualche striscione è vero venerdì sera nella gradinata sud, quella più calda e dedicata ad un grande del passato come Hans Schafer, è comparso, ma lo stadio è sempre pieno ed il supporto straordinario per tutto il match non manca davvero mai. Anzi l’entrata in campo è la parte, purtroppo per loro, migliore di tutta la partita. Uno spettacolo vero di colori (biancorossi) e passione con un inno che ti entra nel cuore. Tutto lo stadio, praticamente sempre esaurito, lo canta dal vivo con sciarpe e bandiere, cheerleaders monto carine che preparano il guard of honor per i giocatori e poi l’ingresso della vera star della serata.
Il più applaudito di tutti ad ogni match, per distacco, è Hennes IX la capretta mascotte che entra in campo 10 minuti prima della squadra sulle note della musica di Rocky, fa un mini giro e poi si dedica a mangiare erba da un secchio rigorosamente biancorosso. Attenzione che lo trattano da star anche in settimana. Ha una “residenza” privata con tutti i confort e poster della squadra e suoi alle pareti, allo stadio lo portano con un camioncino tutto suo con i colori del club e 2 persone che si occupano di lui full time. Il nome lo deve ad uno dei più grandi allenatori della storia del club e probabilmente di quella del calcio tedesco Hennes Weisweiler, l’affetto dei tifosi accresciuto anche dalla pochezza del roster
Una squadra che negli anni ha avuto Harald Schumacher, Flohe, Overath, Fisher, Dieter Muller, Hassler, Littbarski, Allofs, e Schuster oggi si ritrova con atleti sconosciuti, con cui è difficile anche per il tifoso identificarsi, a parte forse il duo Jonas Hector, arrivato qui a 20 anni e oggi unico nazionale tedesco del club, e Timo Horn portiere di fisico e talento nato a Colonia, cresciuto a pane ed Effzeh col sogno un giorno di andare nella gradinata sud. Ha fatto di meglio perché è diventato uno dei capitani della squadra e uno dei migliori portieri giovani in circolazione. Il peso della responsabilità di essere giocatore-tifoso se lo porta dietro però in maniera evidente e, a volte, persino lui commette qualche errore di troppo. Hector e Horn hanno rinvigorito il senso di appartenenza a questo club quando dopo la retrocessione di 2 anni fa hanno firmato un prolungamento di contratto rinunciando a proposte molto importanti pur di restare. Un gesto bello ed apprezzato sul quale però nonostante la promozione immediata la società non ha costruito. Una società che non riesce a trovare nessuno, in panchina o dietro la scrivania, in grado di riportare le caprette a livelli d’eccellenza. Non c’è né un piano d’investimenti, né uno di struttura tecnica. Non un progetto tattico innovativo, né la costruzione del futuro attraverso il settore giovanile. Si vivacchia nella mediocrità. La foto più distante possibile da quella di una città tutta energia, vita e creatività. Complicato comprendere come una squadra di tradizione ed espressione di una città importante per storia e per realtà presente non voglia provare ad investire di più. Eppure in questo senso una lezione o forse la spiegazione (qualcuno più polemico da queste parti dice anche la scusa) la danno serenamente i tifosi. Nessuno di loro va a dormire sognando di trovare al risveglio una proprietà araba, americana o russa. Preferiscono retrocedere con la loro identità che diventare nuovi ricchi senza un’anima locale. L’orgoglio a questo livello nel calcio mondiale è merce rara e apprezzabilissima, ma oggi di rampante in questa bellissima società c’è rimasto solo lo stemma della capretta che domina sulle guglie del Duomo. Il Colonia ha una bella storia anche in Europa che sta piano piano un pochino evaporando. Cinque semifinali nelle varie Coppe Europee con in più la Finale Uefa persa nell’86 contro il Real Madrid sono un ricordo sbiadito dal momento che dal 1993 ad oggi il Colonia è tornato in Europa solo una volta 2 anni fa. Troppo poco per una realtà di queste potenzialità.
Colonia oggi è molto più sinonimo di una romantica crociera sul Reno, di un caratteristico pranzo con lo squisito Himmel und Ad, il piatto locale a base di black pudding, puree, cipolla mischiati con salsa di mele (delizioso ma non leggerissimo), con qualche Kolsch fresca, una mostra di arte moderna o una delle sue folli sfilate di Carnevale che la sua squadra di calcio. Una passività agonistica che è così lontana dalla frizzante atmosfera che si respira in città. A dieci minuti dalla fine dell’anticipo contro l’Hoffenheim c’è stata sul punteggio ancora in parità un’invasione di campo assolutamente pacifica di due del pubblico che avevano bevuto troppe Kolsch, ma in quel momento mentre li portavano via quelli della security qualcuno ha urlato di tenerli in campo perché magari potevano dare una mano alla squadra. Ironia certo, ma anche segnale di rassegnazione. Dopo la notte agitata di venerdì con la sconfitta amara arrivata in pieno recupero per l’ennesima chiamata discutibile del VAR si è ufficialmente aperta la crisi. Saltato il direttore Tecnico Armin Veh ed arrivate le dimissioni dell’allenatore Achim Beierlorzer. Forse la chance di ripartire da zero. Purtroppo quasi in tutti i sensi.