Real Madrid-Manchester City 3-1: dentro l'incredibile bolgia del nuovo Bernabeu

Il nuovo Bernabeu, con il tetto chiuso ufficialmente per motivi di sicurezza, ha tutto quel che serve per intimidire. Alto, ripido, compatto. L’effetto acustico è roboante. Sembra la casa di una grande famiglia estesa. Mondiale. A vedere il Real Madrid ci vengono da ogni parte del globo. È un senso di famiglia molto allargato che rappresenta però la vera essenza del club ‘mas grande del mundo’. Sa accendersi per la causa, l’unica cosa che forse viene prima dei trofei. I primi fischi sono per gli arbitri nel momento dell’ingresso in campo per il riscaldamento. Una crociata più che una protesta per quanto accaduto in Liga nel weekend contro l’Osasuna quando Bellingham è stato espulso per aver detto “F*** off” all’arbitro Munuero. La tesi difensiva, a dire la verità poco convincente, si è basata sulla preposizione seguente la parola con la F. Per Bellingham ‘off’ è generico, differentemente da ‘you’, chiaro indicatore dell’esplicita e direzione dell’insulto. Sottigliezze. Responso: 2 giornate di squalifica nonostante il regolamento spagnolo preveda dalle 4 alle 12 giornate. Cosa c’entrino in tutto ciò i componenti della squadra arbitrale della partita contro il City è ancora un mistero da svelare. Nessuna sorpresa suscita invece l’accoglienza per Guardiola, il nemico giurato del madridismo. Il suo nome annunciato alle formazioni viene sommerso dai fischi di tutto lo stadio. Succederà tutte le volte che comparirà nei nuovi maxi schermi del Bernabeu. Chissà se anche questo rientra nei meravigliosi ricordi di Pep al Bernabeu, citati in conferenza stampa in una risposta che è sembrata a tutti molto più filosofica e pescata in un libro di mindflulness che reale. Pep non cadrà nell’autolesionismo ma si limiterà a consultare spesso l’orologio nel secondo tempo. Il fischio finale è un sollievo per tutti, nell’abbraccio con Ancelotti si eleva improvvisamente un profondo senso di umiltà, a volte smarrita. Su una cosa aveva ragione Guardiola prima di questa partita. “Il City ha l’1% di passare il turno”. Aveva ragione. L’atmosfera durante i 90’ è vivace e inevitabilmente facilitata dall’immediato gol di Mbappé che indirizza una volta per tutte il discorso qualificazione. Il Bernabeu da sempre ama gli eroi. E l’operazione Mbappé è esattamente quel che serve per tenere sempre accesa la scintilla del Madridismo. Soprattutto ora che il francese rasenta l’altezza delle aspettative riposte in lui. Ne segnerà altri due e tutto lo stadio si inchinerà ai suoi piedi al momento della sostituzione. Pensare oggi alle critiche che ha ricevuto fa sorridere ma non sorprende. Il tifo del Madrid è così: l’amore è legato alla prestazione. In pochissimi nella storia sono stati immuni dal volatile umore del pubblico. I tifosi del Manchester City sono stipati nel solito settore ospiti. Non si sentono quasi mai e non sono numerosi. Vincere ripetutamente rende tristemente sazi e soprattutto annebbia la memoria. Il City da quando è una potenza mondiale ha giocato innumerevoli volte al Bernabeu e questo ha fatto dimenticare lo sconsolato stato d’animo che ha accompagnato il club per decenni. Deludenti in casa perché incapaci di creare all’Etihad un’atmosfera degna dei migliori stadi inglesi. Inermi in trasferta. Il processo di trasformazione in multinazionale, indipendentemente dagli intoppi sportivi di questa stagione, procede a gonfie vele. A Maine Road c’era più degrado, nella zona e nella squadra, ma molta più anima.

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