Elio Capradossi ha sconfitto il suo mal d'Africa

Esistono al mondo solo due profonde e poetiche nostalgie, dai tratti invero molto simili, entrambe capaci di abbarbicarsi all’anima e dalle quali non è più possibile liberarsi una volta subitone il fascino. Una è la malinconica saudade che affligge i brasiliani, l’altra è il mal d’Africa che fulmina chi incontra il continente nero. Fatto, quest’ultimo, di odori e colori forti, di sguardi e panorami profondi, di domande e speranze irrisolte che hanno radici lontane. Non so se quando Elio era bambino la mamma - originaria del Congo - gli raccontasse le sue favole tradizionali incentrate sulla saggezza e sull’equilibrio della natura o ne accompagnasse i dormiveglia con i racconti sul regno di Buganda e sulla storia antica dei Baganda o sulle origini della lingua luganda, così diffusa nell’ancora protettorato britannico che imponeva a ogni abitante Maganda l’utilizzo dell’inglese. Di certo so che il babbo incoraggiò la permanenza della famiglia a Kampala. Proprio là dove Elio era nato e dove sarebbe in fondo cresciuto meglio, sfuggendo alle brutture della guerra in Congo, almeno fino al ritorno in Italia, a Roma, a due passi da Viterbo, dove negli anni quaranta e cinquanta aveva già giocato e allenato un altro Elio Capradossi, zio alla lontana del piccolo che intanto cresceva sulle rive del lago Vittoria, il più grande lago africano e assorbiva la malia di luoghi che gli sarebbero rimasti nel cuore e che avrebbe presto imparato a fotografare. Decine di rullini impressionati con alberi e tegole rosse di ville in collina, di moderni grattacieli, di sfaccettature tribali e reperti di perdute vestigia come il palazzo Lubiri, la vecchia e prestigiosa sede del regno di Buganda. Immagini che Elio in Italia non avrebbe mai dimenticato, pur rallegrandosi di essersi innamorato di Roma al primo incontro. Il ragazzo con il pallone ci sa fare e ben presto il suo sogno di giocare con i giallorossi si realizza, entrando a far parte delle giovanili. Papà Corrado, ritornato in Italia e diventato intanto dirigente di una squadra di palla ovale - il Rugby Roma - lo porta con sé allo stadio Tre Fontane all’EUR, ma in otto anni non tenta mai di influenzare i sentimenti del figlio verso il calcio. Anche perché Elio mostra di avere talento e secondo i suoi allenatori è bravo a intercettare e impostare e poi ha fisico e salta bene di testa. Un peccato per Lazio e Lodigiani esserselo fatto sfuggire quando tra i sei e i tredici anni era passato anche da lì. Ma dai quattordici in avanti il suo mondo è diventato solo la Roma e - dalla casa all’EUR - Trigoria è a un salto dai suoi pensieri. Un po' come l’Africa. Col cuore diviso a metà. Fino alla stagione 2013 , quando è vice campione europeo Under 17 in Slovacchia e poi nel 2015-2016 lo scudetto Primavera da capitano e per la prima volta il cuore gli si tinge interamente di azzurro e di giallorosso. Ma è un attimo, perché dentro torna presto a premergli l’Africa, sempre più prepotentemente. Nell’estate del 2016 Elio inizia a sperimentare la vita vera del giovane calciatore in Italia con il pallone tra i piedi e una valigia in mano. Si è appena ripreso da un brutto infortunio rimediato in uno scontro con un avversario tedesco in un match Italia-Germania Under 20. A metà del primo tempo la fitta dolorosissima, poi il verdetto: lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Prima operazione, affidata alle mani del Professor Pier Paolo Mariani. Neanche il tempo di recuperare e la Roma lo manda a Bari in prestito in Serie B, un po' per farlo giocare e un po' per verificarne le effettive condizioni fisiche. Insomma “famo ‘a fidasse” ma fino a un certo punto. Dopo duecento giorni di riabilitazione a tappe forzate a Villa Stuart, il primo test, nel campionato Primavera contro il Crotone U19, è positivo. A Bari resta una stagione e mezzo, gioca 34 gare e segna anche un gol. Ma in Puglia non rimane. Elio torna perciò Roma e debutta in Serie A. E’ il 6 maggio 2018 e all’Olimpico i giallorossi affrontano il Cagliari. In panchina c’è Eusebio Di Francesco. Capradossi ha la sua grande occasione. Lui non è emozionato. Papà Corrado sì, sebbene entrambi sapessero che quel momento presto sarebbe arrivato. Di Francesco glielo aveva più volte preannunciato dicendogli di farsi trovare pronto e, non appena Manolas dà forfait per problemi alla coscia, per Elio si spalancano le porte del sogno. La Roma vince 1-0. Elio conquista il diritto di un’altra presenza nella massima serie. Ha giocato bene. Ma non basta per rimanere. La Roma lo spedisce in prestito a La Spezia. Il 23 dicembre 2018 segna al ‘Picco’ la prima delle sue cinque reti in maglia bianca in 52 presenze. In estate lo Spezia lo acquista a titolo definitivo. Un anno più tardi, però, Elio di nuovo si rompe un legamento crociato anteriore. Seconda volta sotto i ferri e ritorno in campo a maggio del 2021, dopo dieci mesi di assenza. E’ un ritorno in Serie A dopo tre anni. E avviene affrontando proprio la Roma. Un cerchio che si chiude e che - in qualche modo - improvvisamente fa luce nel futuro di Elio. Passa qualche mese e la sua valigia è chiusa in un portabagagli in direzione Ferrara: Elio è stato ceduto alla Spal. Un anno dopo il Cagliari lo acquista a titolo definitivo. In una stagione e mezzo Capradossi gioca solo sedici incontri, poi decide di rescindere il contratto. Si accasa temporaneamente a Lecco. Poi - sempre in Serie B - firma per il Cittadella e resta coinvolto nella retrocessione del club in Serie C. A quel punto decide di tagliare i ponti con il calcio italiano che non gli concede appelli né spazio, mentre il mal d’Africa dentro comincia a premere forte. Ha fatto tutta la trafila con le nazionali azzurre minori, dall’Under 16 all'Under 21, ha collezionato 54 gettoni complessivi e segnato quattro reti. Ma nessuno nella nazionale maggiore sembra accorgersi di lui. E quel girovagare non lo aiuta. Il 2 luglio 2025 Elio prende il coraggio a due mani e vola in Romania e firma per l’Universitatea Cluj allenata da Ioan Ovidiu Sabau. In squadra trova un altro calciatore italiano in cerca di rivincite, il sardo Alessandro Murgia, ex Lazio, Spal e Perugia, anche lui con trafila nelle under azzurre, ex cognato di Andrea Bertolacci e centrocampista con il fiuto per il gol. Si ambienta subito e il 19 luglio segna il gol dell’1-1 nel pareggio del Cluj contro l’UTA Arad. Da un anno però Elio Capradossi ha deciso di dare ascolto all’anima più che al cuore, ancora macchiato di azzurro e giallorosso, ma comprensibilmente ferito. E quando ha risposto a un numero sconosciuto proveniente dal Belgio ha rimesso in discussione presente e futuro. La telefonata di Paul Joseph Put, ex centrocampista di modeste pretese ma oggi tecnico della nazionale dell’Uganda, è stata un tuffo nel passato e un giro di giostra sulla macchina del tempo. Put ha pronunciato poche parole e gli ha posto una domanda semplicissima: “Elio, a questo punto della tua carriera, visto che sei nato a Kampala e non hai mai avuto le attenzioni della tua Nazionale A, vorresti giocare per la mia Uganda?”. Un piede in Romania, l’Italia alle spalle, l’Uganda davanti. Per Elio è stato semplice dire di sì. Anche perché non sarebbe stato il primo né l’ultimo giocatore di calcio a fare una scelta ‘anagrafica’ e di ‘radici familiari e opportunità professionali’. Basti pensare, per non andare lontani, a Massimo Margiotta, nato a Maracaibo, per anni bomber quotatissimo fra il campionato cadetto e la Serie A, fermatosi alla Nazionale Olimpica e poi per undici volte nazionale del Venezuela . O a Iñaki Williams, che a differenza del fratello Nico - che ha scelto di giocare con la Spagna - è attaccante del Ghana, naturalizzato dal 2022, con la cui nazionale conta venticinque gettoni e due reti. Non c’è da scandalizzarsi, insomma. L’offerta di Put ha dunque fatto breccia nella voglia di giocare e andare oltre di Capradossi, che si sente in credito con la sorte. E il database del tecnico ugandese - che è un giramondo abituato a passare da una panchina all’altra e studiare il pianeta, già tecnico di Gambia e Burkina Faso, Giordania e Kenya, poi Guinea e Repubblica del Congo, prima dell’Uganda - ha fatto il resto. Ed Elio è volato là dov’è nato per calarsi nel progetto ‘Mondiali FIFA 2026 in America’. Nella nazionale ugandese Elio ha incontrato un altro giocatore di lontane origini italiane, il portiere Giosuè Ebong Bellagambi, nato a Londra e anche lui con doppio passaporto. E dopo appena 9 partite con la sua nazionale… ha fatto gol contro il Mozambico nella vittoria sonante per 4-0 giocata davanti a 35mila spettatori proprio nella sua Kampala. Un match che ha praticamente infranto le speranze di qualificazione degli ospiti e proiettato l’Uganda al secondo posto del gruppo G, dietro l’Algeria. Allo Stadio Nazionale Nelson Mandela, Capradossi ha dimostrato a sé stesso che tutto è possibile e raddoppiato la posta, pensando alla Coppa d’Africa di dicembre. Con il suo inglese ancora fluente non ha difficoltà a intendersi con i compagni di squadra, alcuni dei quali giocano in Inghilterra nella serie cadetta. I suoi ventinove anni e una certa libertà di movimento gli consentono di tentare l’avventura umana e professionale. E chi se ne importa se da e per l’Uganda si viaggia in economy. Con quindici ore di viaggio davanti, scali inclusi, c’è il tempo per riposare, per dormire e forse anche per ripensare a quante e quali rivincite provare a prendersi in un domani che è già oggi. E per capire come conoscere meglio quell’Africa che con la nazionale è difficile da vivere, così blindati e sotto vigilanza in un continente nel quale la povertà e la violenza la fanno da padrone. Ma dove la passione per il calcio è identica a quella che provano i sudamericani. Sugli spalti è sempre festa. Canti e balli, frastuono, vuvuzelas come nel mondiale sudafricano di tre lustri fa. Sorrisi e tristezza che si fondono, come la nostalgia e il malessere di chi è lontano. Quelle profonde e poetiche sofferenze interiori che si abbarbicano all’anima e dalle quali non è più possibile liberarsi una volta subitone il fascino. La saudade che affligge i brasiliani e il mal d’Africa che fulmina chi incontra il continente nero. E che Elio Capradossi ha sconfitto ritornando a casa.

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Elio Capradossi ha sconfitto il suo mal d'Africa

Lucio Rizzica