Tottenham-Manchester United: Il folle finale di un anno da incubo (o da sogno?)

La quartultima e la quintultima in classifica della Premier League alla trentaseiesima giornata si affronteranno in finale di Europa League. Sedicesima contro diciassettesima. E se ci fosse stata una reale lotta per la salvezza quest’anno, Manchester United e Tottenham probabilmente avrebbero anche rischiato l’osso del collo. Ma per loro fortuna quest’anno le neo-promosse Ipswich, Leicester e Southampton non hanno neppure partecipato. Detta così sembra uno spot per chi vuole postulare la superiorità del campionato inglese rispetto alle altre leghe europee. Affermazione probabilmente fondata in questi anni, per tutta una serie di considerazioni: su sistema, valori e risultati europei delle squadre e dei singoli giocatori. Ma in questa folle stagione di queste due squadre c’è dell’altro. Sì, perché lo splendido cammino europeo di Unitede Spurs non cancella del tutto le rovine di una stagione da incubo in campionato per i due club. United a due facce In Europa il cammino è stato impeccabile per i Red Devils, quasi esaltante. Arrivano in finale imbattuti: con nove vittorie e cinque pareggi. Terzi nel girone a un solo punto di distanza da Lazio e Athletic e capaci poi di eliminare squadre del livello di Real Sociedad, Olympique Lione e Athletic Bilbao. Senza mai soffrire contro la Sociedad, con una rimonta da brividi al ritorno contro i francesi e con tanto di clamorosa vittoria 0-3 al ‘San Mamés’ contro i bilbaini. Tanta roba. Nulla o quasi in comune con la squadra inconsistente, fragile, piena di difetti ammirata, si fa per dire, in campionato. Alla quale la fine dell’era Ten Hag e l’insediamento a novembre di Amorim non ha dato la sperata sterzata. Nessuna stabilità, miglioramenti quasi impercettibili o a volte inesistenti nello sviluppo del gioco, nell’efficacia offensiva e nella solidità difensiva. Risultato? Solo 6 vittorie in 25 partite di Premier League con Amorim in panchina e una serie di record negativi per i quali arrossire. Con due giornate ancora da giocare, lo United non può finire oltre il tredicesimo posto: peggior piazzamento dalla famigerata stagione 73/74, quella della retrocessione. Nell’era della Premier era finito al massimo ottavo. Stagione da record Disastrosa anche la stagione in campionato degli Spurs, irriconoscibili dopo il quinto posto dell’anno scorso. A due giornate dalla fine sono a -25 punti rispetto allo scorso campionato: nessuna squadra ha uno scarto peggiore. Hanno già stabilito il record di sconfitte in una singola stagione nella storia della Premier League: 20. E finiranno nel lato destro della classifica per la prima volta dalla stagione 2007-08. Guarda caso proprio quella dell’ultimo trofeo vinto dagli Spurs: la Coppa di Lega alzata al cielo di Wembley nel febbraio del 2008 dopo aver battuto il Chelsea di Drogba. Sarebbe clamoroso che proprio quest’anno il Tottenham riuscisse a tornare vincente. Dopo un percorso in campionato pieno di delusioni. Accompagnate dalle crescenti frizioni tra lo stesso Postecoglu e una parte sempre più ampia della tifoseria. Con lo stesso manager australiano dato già da tempo per sicuro partente in estate e con tanto di corteggiamento ad Andoni Iraola già in corso. Di certo, vincere per il Tottenham – che in Europa non alza un trofeo dal trionfo nella Coppa Uefa del 1984 – avrebbe un significato diverso rispetto a quello che accade a ‘Old Trafford’. E su questo è impossibile dare torto a Postecoglu: “Perché dovrei preoccuparmi di quello che pensa lo United? Per noi sarebbe un successo enorme”. Il riferimento era alla frase choc di qualche giorno fa di Amorim, furioso per il rendimento in campionato. “Niente può salvare la nostra stagione. Anche se un successo cambierebbe tante cose per il club”. Frase da contestualizzare in modo appropriato. Perché anche la storia recente del bistrattato United post-Ferguson parla chiaro. Questa contro gli Spurs sarà la terza finale di Europa League in 8 anni dopo quella vinta da Mourinho nel 2017 contro l’Ajax e quella persa solo ai rigori da Solskjaer contro il Villarreal nel 2021. Amorim, insomma, ha ragione. E la grande umiltà e onestà intellettuale con la quale sta andando incontro a questa finale sono un merito che gli va riconosciuto dalla tifoseria e dal board. Perché un campionato da incubo deve essere un monito per rinforzare la squadra in estate a prescindere dal risultato di Bilbao. Anzi, forse soprattutto nel caso di una vittoria che cambierebbe gli scenari della prossima stagione: “Non siamo pronti - aveva detto pochi giorni prima - per giocare ed essere competitivi sia in Premier League che in Champions League”. Parole sante, in fondo. Come quelle di Postecoglu. Questione di punti vista. Vedremo chi trionferà al ‘San Mamés’. In ogni caso ad avere ragione sarà soprattutto chi pensa che la Premier League, malgrado i suoi difetti, sia ancora il campionato più competitivo.

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Paolo Ciarravano