Il primo posto in Ligue 1, il calcio nuovo: il sogno del Marsiglia non è più un'utopia

Dal Vieux-Port al Velodrome soffia un vento che a Marsiglia non sentivano da oltre 10 anni. E il primo posto in classifica ha portato un’aria completamente nuova. La gente si fa accarezzare con piacere da quel vento, mentre contempla la squadra in campo. Contempla sì, perché da quando De Zerbi ha preso in mano l’OM, il pallone ha smesso di essere un’arma e si è trasformato in una specie di linguaggio. Quello del suo calcio. Costruzione dal basso, triangoli, pressione alta. Il calcio come un’estasi sospesa alla ricerca della perfezione. Una squadra che gioca con precisione, ma anche con un’estrema libertà: quella di continuare ad inseguire un sogno. Niente è lasciato al caso: il Marsiglia sembra un laboratorio a cielo aperto. Ogni movimento ha una logica, ogni rischio un significato. Il portiere diventa regista, i terzini si trasformano in centrocampisti, le ali invadono gli spazi vuoti. Una manovra che nasce dal basso e si espande fino a travolgere l’avversario. ‘Il pallone è un mezzo per pensare’, non a caso è uno dei mantra di RDZ. I numeri confermano ciò che si vede a occhio nudo: più del 62 % di possesso medio, un numero di lanci lunghi tra i minori della Ligue 1 e una precisione di passaggio che sfiora il 90 %. Il Marsiglia è primo per XG , per passaggi totali e per tagli in verticale. Secondo per 1-2. Dietro le cifre ovviamente c’è una filosofia: dominare il caos attraverso la geometria, imporre l’idea prima ancora della forza. Non a caso, l’OM con 21 gol ha segnato più gol di tutti, Psg compreso. Ma se il calcio offensivo di De Zerbi è sempre stato un punto di forza, stavolta ha trovato un equilibrio che fa sì che la squadra conceda anche pochissimo: a dirlo non sono tanto i 7 soli gol subiti , quanto i pochi contropiedi subiti. Caratteristiche Nelle idee di De Zerbi non esistono linee rigide, piuttosto flussi. L’OM parte tendenzialmente da un 4-2-3-1 di partenza, ma spesso si trasforma in un 3-2-5 fluido, con il portiere che partecipa alla costruzione e i terzini che si stringono per creare densità centrale. In fase di possesso, la parola chiave è ‘pazienza’: la costruzione dal basso non è mai fine a sé stessa, ma un rituale di attrazione, un modo per invitare l’avversario a sbilanciarsi. Appena la pressione si apre, ecco la verticalizzazione rapida, il taglio nello spazio. Tutto sincronizzato. Senza palla, invece, l’OM difende pressing alto, linee compatte, rischi calcolati. L’obiettivo non è solo recuperare il possesso, ma riprendere subito il controllo della situazione. Una squadra compatta, nata da una rottura. Quella tra Rabiot e Rowe, protagonisti della rissa di inizio anno, dopo la sconfitta col Rennes. Via loro, la giostra è ripartita, la squadra si è ricompattata. Anche grazie alla figura di Thomas Heurtaux, che il ds Benatia ha voluto nello staff della società: è molto apprezzato da De Zerbi, e ormai lavora sul campo con la squadra, aiutandolo a superare ogni barriera linguistica: quando l’allenatore parla al gruppo, lui fa la traduzione simultanea in cuffia ai giocatori. Il resto lo fanno i risultati: la vittoria col Psg ha fatto impazzire la città e dato una nuova dimensione alla squadra. La vittoria nel recupero contro lo Strasburgo, oggi una delle squadre più complicate da affrontare in Ligue 1 è stato un altro snodo importante nella crescita della fiducia. Quella con il Le Havre ha lanciato definitivamente Greenwood, autore di 4 gol in quella partita e arrivato a 6 in totale. Dalla sfida persa col Lione, e se facciamo riferimento solo alla Ligue 1, sono diventate 5 le vittorie di fila. De Zerbi sembra aver compreso l’anima di questa città del sud, dove la passione va indirizzata, ma non soffocata. E così, come un alchimista, ha mescolato alla perfezione tutti gli ingredienti, insegnando alla squadra a pensare senza smettere di sentire, a controllare senza perdere fuoco. “Non gioco per vincere, gioco per capire”, ha detto una volta. Forse è per questo che Marsiglia lo ha adottato così in fretta: perché in fondo, in riva al Mediterraneo, vincere non basta, bisogna anche saper emozionare. E adesso quell’emozione si sta trasformando in sogno. Con la maturità di chi sa che portarlo fino in fondo è una splendida utopia, ma anche con la capacità di godersi il semplice fatto di essere arrivati a vederla lì, questa utopia, in fondo al cammino. Solo per questo l’OM di De Zerbi è già destinato a restare nel cuore, per essere riuscito a far soffiare di nuovo dal Vieux-Port al Velodrome il dolcissimo vento del primo posto in classifica.

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Alessandro Sugoni