Le due cicatrici di Gigio Donnarumma

Se un giocatore lo vedi dal coraggio, il coraggio di un giocatore forse lo vedi anche delle sue cicatrici. Non tanto quegli autografi che il destino lascia sulla pelle, ma quelle nascoste, sempre pronte a riaprirsi ogni volta che una goccia di sudore salato ci finisce sopra. Da sabato Donnarumma ha una cicatrice in più: a quella sul viso se n’è aggiunta una sul cuore, perché difficilmente quanto accaduto ad Atlanta non lascerà il segno in Gigio. La prima la rimediò a dicembre in uno scontro con Singo, partita di Ligue 1 del PSG contro il Monaco. Impossibile non notarla: ha sorriso tanto Donnarumma in campo da quel giorno, lo ha fatto soprattutto a Monaco, ma quello di Baviera, alzando la Champions League. E a ogni sorriso quella cicatrice sulla guancia si solleva e si aggrinzisce un po’, diventando forse ancora più evidente. Anche la seconda arriva dopo un’uscita impetuosa, ma stavolta a farsi male, molto male, è stato l’avversario. Jamal Musiala ha riportato le conseguenze più pesanti dello scontro in PSG-Bayern del Mondiale per Club, una frattura del perone che lo terrà fuori almeno 4 mesi. Nessun paragone si può osare, naturalmente, ma sarebbe un errore pensare che il portiere sia uscito indenne dall’episodio, perché emotivamente non è stato così, e non ci servono le scuse affidate a un successivo post sui social network per intuirlo. Al dispiacere per il dolore e il danno procurato, si è unito quello provocato da un’altra uscita: quella a parole di Neuer, non un collega qualunque per Gigio, ma un’icona del suo stesso ruolo che lo ha travolto con le accuse. Per lui, non era necessario entrare sulla palla. Per lui, Donnarumma era disposto ad accettare il rischio di infortunare l’avversario. Per lui, un istante dopo Gigio sarebbe dovuto correre da Musiala per conoscerne le condizioni e fargli i suoi auguri. Per lui, appunto. C’è un bagaglio di soggettività, in ogni scelta, in ogni punto di vista, persino in ogni intervento sul pallone, che il numero uno tedesco sembra ignorare, forse acceso dall’adrenalina della partita e certamente dalla solidarietà verso un compagno, ma ogni accusa trova facilmente una plausibile risposta, condivisibile o no, ma pur sempre una risposta. Le lacrime di Donnarumma in campo, non appena realizza la gravità dell’infortunio, sono una manifestazione di empatia e vicinanza che colmano subito la distanza fra lui e Musiala, dunque solo apparente, legata alle circostanze, dettata più dal rispetto e dal pudore che non dalla negligenza o dall’indifferenza. Quanto al rischio, di fare e farsi male, non c’è calciatore che non lo corra, non c’è portiere soprattutto: un ruolo che vive di istinto almeno quanto di decisioni, di incoscienza quanto di conoscenza del mestiere. I rischi Donnarumma li sa bene, non ha bisogno di ulteriori lezioni. Li ha tatuati sul volto, prima di ogni partita li vede e li ripassa guardandosi allo specchio. Ciò che conta e che lo possa continuare a fare anche dopo questo scontro e così deve essere: non merita etichette, almeno stavolta, una fama da cattivo che Gigio non merita. A dargli una mano, non a caso una mano, è stato un altro collega come Courtois, che dal suo osservatorio neutrale lo ha difeso: non c’era volontà di far male, secondo il belga, c’è stata solo tanta sfortuna. Non aveva bisogno di un avvocato Donnarumma, gli serviva solo un po’ di balsamo per la sua nuova cicatrice e lo ha avuto dal portiere del Real Madrid, così forse quel graffio farà un po’ meno male. Se essere soli è il destino di chi sta in porta, di ogni numero uno, sentirsi soli no: non dovrebbe mai accadere a nessuno.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Le due cicatrici di Gigio Donnarumma

Veronica Baldaccini