Mondiali 2018 Russia, Uruguay-Egitto: Tabarez "dimentica" la malattia ed esulta senza stampelle

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Fabrizio Moretto

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Il Ct dell'Uruguay, affetto da un paio di stagioni da una neuropatia periferica, ha commosso tutti ieri quando, al gol della Celeste contro l'Egitto, è sobbalzato dalla panchina per esultare, dimenticandosi le stampelle e la malattia che avrebbe buttato giù tanta altra gente meno forte di lui. È l'ennesimo insegnamento del Maestro

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Rappresenta il più grande segno di continuità in questo Mondiale. È il trait d’union tra il calcio di una volta e quello di oggi, la sintesi perfetta tra la garra sudamericana e la visione tecnico-tattica che ha il suo completamento e la sua massima espressione nei confini europei. Oscar Tabarez è tutto questo e forse qualcosa di più. Quel plus sono i valori morali e umani, la dedizione, l’impegno, l’altruismo e il sacrificio che il Ct trasmette a ogni suo giocatore, allo stesso modo in cui anni prima impartiva lezioni ai suoi studenti di Montevideo. Il soprannome “il Maestro” nasce infatti da lì, ma se lo sarebbe guadagnato anche se non avesse fatto l’insegnante prima di cominciare a ritagliarsi l’abito di allenatore nella sua terra natia, a contatto sempre con i più giovani. Trovare qualcuno in patria che non lo consideri un modello o un’icona del calcio uruguaiano è praticamente impossibile. Dai tifosi più semplici ai migliori giocatori prodotti dalla Celeste negli ultimi decenni, tutti indicano Tabarez come la miglior guida per intraprendere il tortuoso cammino della vita. Anche in Italia, dove tra Cagliari e Milan non è riuscito a raccogliere grandi soddisfazioni nella seconda parte degli anni ’90, viene ricordato con affetto e nostalgia. E lo faranno tutti quando, tra un po’ di anni, non lo vedranno più seduto su quella panchina a cui ha dedicato gran parte della sua vita e una percentuale altissima del suo cuore.

Senza amore e passione nulla trova il senso giusto, lo stesso che ha convinto il 71enne di Montevideo a legarsi di nuovo alla Nazionale dopo 16 anni, dalle notti magiche di Italia 90. Due anni orsono invece, la diagnosi di una brutta malattia ha rischiato di spezzare quel filo celeste – considerato quasi un’ovvietà dai suoi connazionali – agli albori di uno dei migliori Uruguay di tutti i tempi, reso granitico dalla presenza in difesa di un leader come Godin e dal suo fido compagno Gimenez – due che, dopo gli insegnamenti del maestro, hanno proseguito gli studi presso la scuola Simeone -, talentuoso dalla scoperta di giovani centrocampisti già presenti o future promesse dei top club del mondo e letale dalla presenza in attacco di due giocatori come Suarez e Cavani che la loro consacrazione l’hanno già avuta. La sindrome di Guillan-Barré, poi tramutata in una più cauta neuropatia periferica, una patologia che colpisce il sistema nervoso e che paralizza progressivamente gli arti, ha rischiato di interrompere troppo presto una bellissima storia. Tabarez però, fin dai primi giorni, ha saputo rialzarsi psicologicamente e fisicamente, non rinunciando alla sua panchina e trasformando la malattia in una fastidiosa voce nell’orecchio da zittire ogni volta che si fa più forte. La passione spazza via tutte le difficoltà e il commissario tecnico della Celeste ne ha dato un'ulteriore dimostrazione alla prima partita della sua Nazionale a Russia 2018, quando la gioia per il primo successo ai danni dell’Egitto – arrivato allo scoccare del 90’ con il colpo di testa vincente di Gimenez – gli ha fatto dimenticare tutto. Persino le stampelle, nel momento in cui è balzato dalla panchina per esultare e far festa con tutto il suo staff. Perché l’amore può sconfiggere ogni cosa, anche l’ostacolo più grosso della vita. Qualcuno lo sapeva già, per altri resta l’ennesimo insegnamento di Oscar Tabarez, il Maestro.