Mondiali 2018 Russia, criminale o lottatore? Mitrovic ha scelto il calcio, e la sua Serbia

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Marco Salami

"Papà me lo ha sempre detto, se non fossi diventato un calciatore ora sarei un criminale, o un lottatore". Parola di Mitrovic, in gol contro lo Svizzera e chiamato a segnare anche contro il Brasile per gli ottavi di finale. Una carriera tra reti, rossi, e un'offerta di mercato su Snapchat. Sempre nel nome della sua Serbia

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Qualche volta l’ha fatto. Pollici alti, indice e medio puntati in entrambe le mani. Due pistole, cariche. Quando il fuoco lo aveva fatto con un gol. Di potenza. Di foga. E cattiveria. Perché Mitrovic è anche questo. Non è la sua esultanza tipica, spesso alza un braccio al cielo, altre scivola sulle ginocchia come fanno gli attaccanti dei prati inglesi della Premier, o della Championship. Contro la Svizzera ha segnato il suo primo gol in un Mondiale, agitando la mano intorno all’orecchio alla maniera di Luca Toni. Sempre un po’ polemico, per uno profondamente legato alla propria terra, la Serbia: “Con le lacrime e l'aiuto di Dio possiamo vincere. Siamo serbi, niente è impossibile”. E per gli ottavi serve davvero un grande aiuto dall’alto. Contro c’è il Brasile che si è sbloccato, e il pareggio difficilmente potrebbe bastare per la qualificazione. Lui sarà in attacco, fresco della partecipazione a 15 gol nelle ultime 15 da titolare della sua nazionale. Perché lui nella sua storia personale deve tutto alla Serbia, e ancora di più a qualche serbo. Uno, tanto per iniziare, è Slavisa Jokanovic, che con Fulham lo ha fatto rinascere. Gli altri sono gli osservatori che lo scovarono a Smederevo, sulla sponda est del Danubio, e che lo portarono al Partizan sottraendolo alla malavita, parola di papà. “Se non fossi diventato un calciatore sarei ora un criminale, o un lottatore. Me lo ha sempre detto mio padre - dice lui -. In effetti non so cosa farei se non stessi giocando a calcio. Forse qualcosa in cui io possa sfogare tutta la mia adrenalina. Qualcosa come il pugilato”. O il pallone, appunto, dove le pistole sono caricate solo a salve nelle sue mani in segno di esultanza.

Snapchat, 4+5 e le espulsioni

Mitrovic, di nome Aleksandar. A 11 anni nel Partizan. In campo piccolo calciatore, proiettato verso l’uno e 89 di altezza, e in curva tifoso, sfegatato, certamente non nel posto più tranquillo dove un genitore vorrebbe vedere il figlio. A 17 anni passa al Teleoptik Zemun, squadra satellite del Partizan e poi via con un biglietto di sola andata per l’Europa. 98 gol in carriera coi club, 16 in nazionale. E una buona dose di cartellini gialli e rossi. 46 più 5 sono gli altri suoi numeri. Per qualche fallo. Una testata. Un parapiglia con qualcuno, come con Ibra nel 2015 tra Psg e Anderlecht, e una gomitata contro il West Ham. Testa calda, caldissima, nei comportamenti e anche in campo, dove sfrutta l’altezza e inzucca in rete, proprio come contro la Svizzera in una partita poi persa nel finale. Nell’Anderlecht in Belgio Aleksandar gioca due anni, e di gol ne fa 44 in 90 partite. Poi il Newcastle spende quasi 20 milioni di euro per averlo, in Premier. Nel campionato più bello e anche un po’ più duro degli altri. Dove gli arbitri lasciano giocare, dove l’attaccante cattivo (vedi Drogba e Diego Costa) ha le porte spalancante. Sulla schiena il 45, alla Balo ma in realtà perché “4+5 fa 9, e io voglio diventare uno dei numeri 9 migliori della storia del Newcastle”. Missione fallita, al momento. Perché al primo anno segna sì contro City, United, e due volte al Tottenham, ma i gol alla fine sono “solo” 9, numero ricorrente, e l’incubo si chiama retrocessione in Championship. Con Benitez nel frattempo perde posizioni, e appena sei mesi fa vola a sud della nazione. Dai bianconeri fino al borgo londinese di Hammersmith e Fulham. Merito della fama da goleador degli anni precedenti, del solito serbo e di Snapchat, dove si imbatte casualmente - come riferito al tempo dal Times - in Slavisa Jokanovic, uno che la carriera l’aveva iniziata anche lui nel Partizan. Da giocatore nel 1990 e poi da allenatore nel 2007, quando Mitrovic era lì nelle giovanili a dare qualche grattacapo troppo ai suoi allenatori. Un social per incontrarsi, formulare una prima proposta informale (Perché non vieni da noi?) e poi concretizzarla davvero. A Londra Mitrovic è rinato. 12 gol in 19 partite. Finale playoff vinta contro l’Aston Villa (senza segnare) e porte riaperte della Premier. Lui, che lì è soltanto in prestito, ma che con il suo mentore Jokanovic vuole rimanerci. Scampata la criminalità e una carriera a suon pugni, in testa ora ha solo la Serbia. Dal Fulham alla Russia, andata con un ritorno più lontano possibile, Brasile permettendo. D’altronde loro sono serbi. E niente è impossibile.