Ai playoff l'Italia dovrà temere solo sé stessa

L’avversario più pericoloso per l’Italia, sulla tortuosa strada che la dovrebbe finalmentre riportare ai Mondiali, sarà l’Italia. Dall’urna di Zurigo è stato estratto quello che in fondo già sapevamo: nonostante la crisi strutturale che da troppi anni sta frenando lo sviluppo del sistema calcio italiano, non c’era nessun’avversaria, fra le rappresentative europeee rimaste in corsa per questa edizione extra-large della competizione iridata, superiore alla squadra azzurra. Non c’era prima del sorteggio, a maggior ragione non ne può essere individuata nessuna a composizione dei play off avvenuta. Sì, certo, è stato pescata la seccatura della finale in trasferta, ma per il resto difficilmente poteva andare meglio: sono state evitate le nazionali più scomode delle rispettive urne, la Svezia e la Polonia, e sono stati scacciati certi fantasmi del passato, sempre la Svezia e la Macedonia del Nord, che ci avevano sbattuto in faccia le porte degli ultimi due Mondiali . Più di Irlanda del Nord prima, e Galles o Bosnia poi, andranno sconfitte le paure che hanno reso i giocatori azzurri più vulnerabili di quanto in realtà siano nelle sfide decisive degli ultimi quindici anni, con la splendida eccezione, sempre più incredibile con il tempo che passa, della cavalcata a colpi di calci di rigore degli Europei 2021. E’ dell’Italia che si rattrappisce al primo accenno di pressing degli avversari e che cambia faccia e rendimento nel secondo tempo di San Siro con la Norvegia, che dobbiamo preoccuparci. E’ dell’Italia che non riesce, frenata anche da un campionato di Serie A imbottito di difensori e con la media gol più bassa di sempre , a sommergere di reti avversarie improponibili, che non riusciamo a fidarci. E’ dell’Italia che chiede al Ct Gattuso, per via dei suoi trascorsi, più di fare gruppo, di ‘motivare’, come se ce ne fosse bisogno, di offrire tè o cene ai giocatori, piuttosto che disegnare una formazione capace di giocare a calcio, di difendere e attaccare compatta, e di farlo con efficacia, che continuiamo a dubitare. Laddove dubbi non ce ne dovrebbero essere. Prendiamo l’Irlanda del Nord. Nel ranking Fifa è al 69° posto. Il valore di mercato della sua rosa allargata è calcolabile nell’ordine dei 90 milioni complessivi, mentre quello dell’Italia supera gli 840 milioni, un rapporto quasi di dieci a uno . La metà del valore totale dei nord-irlandesi è in pratica dato da due giocatori: Bradley del Liverpool e Hume del Sunderland . Il problema è che sono tutti e due terzini destri di ruolo, per cui il Ct O’Neill deve inventarsi un modo per farli giocare entrambi, magari spostandoli avanti per aggiungere un po’ di qualità dove di qualità non ce n’è: per cui vedremo Hume difensore centrale di destra e Bradley esterno a tutta fascia o addirittura Hume esterno a tutta fascia e Bradley trequartista di destra nel 3-4-2-1 di base. Nell’ultima partita di qualificazione mondiale, vinta faticosamente per 1-0 contro il Lussemburgo, fra gli undici titolari c’erano sei giocatori di Championship e tre giocatori di League 1 , oltre a uno di Premier scozzese e a uno di Mls americana. Magari in casa loro poteva esserci qualche problema , ma a Bergamo no. Un po’ più insidioso può essere considerato il Galles. Nel ranking Fifa è al 32° posto e ha un valore della rosa superiore ai 180 milioni . Ci sono giocatori di Premier League di prospettiva, interessanti o in ogni caso di buon rendimento come l’attaccante Brennan Johnson del Tottenham, il suo gol ha deciso l’ultima finale di Europa League contro il Manchester United, l’ala Harry Wilson del Fulham, già 5 gol in queste qualificazioni mondiali, il terzino Neco Williams del Nottingham Forest, un grande avvenire dietro le spalle, o lo stagionato Ben Davies, anch’egli del Tottenham, difensore centrale. Occhio anche al commissario tecnico Bellamy, 46 anni, ex ala guizzante di Liverpool e Manchester City, allenatore in carriera: ha lavorato da secondo all’Anderlecht e al Burnley con Vincent Kompany, oggi alla guida del Bayern Monaco, e non è un semplice selezionatore. Tecnicamente, il Galles è un’altra squadra molto inferiore all’Italia, ma delle tre sicure o possibili avversarie dovrebbe essere la più fastidiosa: in casa loro, gli azzurri potrebbe essere messi in una qualche difficoltà dall’intensità e dai ritmi di giocatori abituati alle partite di Premier League. Se invece dovessimo affontare in finale la Bosnia i pericoli d’inciampo dovrebbero essere azzerati o quasi. Al 71° posto del ranking Fifa, perciò dietro anche all’Irlanda del Nord, con un valore di mercato complessivo inferiore agli 80 milioni, la squadra di Dzeko è curiosamente affidata da un anno e mezzo a Sergej Barbarez, ex attaccante che ha frequentato a lungo la Bundesliga e che, dopo aver avviato una carriera da dirigente sportivo, a 53 anni ha improvvisamente deciso di diventare allenatore e ha avuto la possibilità di cominciare il praticantato sulla panchina di una nazionale maggiore. Addirittura, la Bosnia fino a un quarto d’ora dalla fine dell’ultima partita stava meritandosi la qualificazione diretta ai Mondiali, poi l’Austria ha pareggiato e il sogno è svanito. Incapace di vincere a San Marino, nel girone ha però battuto due volte la Romania. Oltre a Dzeko, che avrà 40 anni i giorni dei playoff, i giocatori migliori sono attualmente fermi per infortuni di lunga durata: l’attaccante Demirovic dello Stoccarda e l’atalantino Kolasinac. Titolare fisso il ventiduenne difensore del Sassuolo Muharemovic, mancino cresciuto nella Juventus Next Gen. Francamente non si vede come la Bosnia possa creare problemi all’Italia in una partita normale. Il riferimento a una partita ‘normale’ non è casuale. Perché gli ultimi play off, in generale le ultime partite decisive, per l’Italia non sono stati mai tanto normali, si sono piuttosto sempre trasformati in una sorta di psicodramma collettivo. Ecco quale sarà la vera difficoltà: pensare solo a giocare a calcio e a farlo bene, con la mente sgombra. Dimenticando, per esempio, che per le nostre avversarie raggiungere il Mondiale sarà soltanto un sogno quasi irrealizzabile e perciò da inseguire serenamente, mentre per gli azzurri è da sempre e ancor più oggi un obbligo che si può trasformare in ossessione. Con semplicità, facendo le cose che sanno fare, i giocatori di Gattuso potranno invece venire a capo di questa strettoia inattesa al momento del sorteggio dei giorni di qualificazione, quando ancora la Norvegia non era considerata uno spauracchio ma solo una nazionale forte ma inferiore, da eliminare non agevolmente ma quasi. Tornare finalmente ai Mondiali non risolverà i nostri problemi, ammesso che ci sia qualcuno interessato a risolverli. E’ di questi giorni la pubblicazione di una classifica che dice tutto o quasi, quella sull’impiego dei giocatori giovani, Under 21, nei 50 campionati più importanti del mondo: la Serie A è al 49° posto su 50 con l’1,9% del minutaggio complessivo, dietro c’è solo il campionato degli Emirati Arabi Uniti. Continuiamo così, facciamoci del male.

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Ai playoff l'Italia dovrà temere solo sé stessa

Gianfranco Teotino