La paura di un altro Mondiale sul divano

Imbarazzo, sconforto, incredulità. Tutti sentimenti tornati a galla dopo la notte di Oslo. Una notte che ha confermato quello che già sapevamo: l’Italia è ormai una nazionale di secondo piano e la possibilità di saltare il terzo mondiale consecutivo è concreta. Si poteva soffrire, si poteva pure perdere contro la Norvegia, nazionale che per tecnica ed individualità, al momento, ci è probabilmente superiore. Ma la scena muta offerta dalla nazionale di Spalletti apre nuovi scenari e nuovi dubbi. Anche sulla direzione tecnica. Per la seconda partita consecutiva, dopo quella contro la Germania, gli Azzurri hanno chiuso il primo tempo sotto di tre gol. A Dortmund avevano reagito nella ripresa e rimontato, a Oslo non c’è stato nessun segnale nemmeno nel secondo tempo. Intanto gli effetti immediati della batosta: a meno di inciampi della Norvegia l’Italia, anche vincendo tutte e sette le partite, contro Moldavia, Estonia, Israele e il ritorno di novembre contro i norvegesi, dovrà colmare il disavanzo di 13 gol rispetto alla nazionale di Solbakken . Se l’impresa non riuscirà, sarà ancora spareggio, quello spareggio che già fu fatale agli azzurri contro Svezia e Macedonia del Nord nelle due precedenti campagne di qualificazione. La caduta di Oslo impone riflessioni, anche perché non è certo un caso isolato. Nelle ultime quattro partite gli azzurri hanno subito 11 reti: 3 contro la Norvegia, 5 in due gare contro la Germania, 3 a San Siro contro la Francia. Si sono viste fragilità di ogni tipo: su palla inattiva, sulle imbucate verticali e nello sviluppo del gioco contro il pressing avversario. La tenuta difensiva è ovviamente solo uno dei problemi, che dire dell’attacco, capace di centrare lo specchio del portiere norvegese Nyland solo nel recupero del secondo tempo con un tenero colpo di testa di Lucca? E a centrocampo dove forse risiede il meglio del nostro calcio? Non si è forse detto che Barella e Tonali sono all’altezza dei migliori interpreti del ruolo a livello internazionale? Anche loro sono mancati in modo fragoroso sotto il diluvio dell’Ullevaal Stadion. Senza tirare fuori i soliti e ben noti problemi di qualità generale del nostro calcio, la nazionale di Spalletti può e deve offrire molto di più. La Norvegia, apparsa di un altro livello, non gioca un Mondiale dal 1998 e un Europeo dal 2000 e non batteva una big del calcio europeo addirittura dal 2010 . Il crollo di Oslo ha a che fare solo in parte con la qualità scadente del nostro movimento, è stata sbagliata la partita nell’approccio e nella preparazione. Il caso Acerbi non è stato certo il modo migliore per avvicinarsi ad un evento di tale importanza. Le assenze in difesa e quella di Kean in attacco sono un alibi cui ci si sarebbe potuti aggrappare solo in caso di sconfitta di misura e dopo una partita combattuta. Oslo invece ha riportato alla memoria Berlino. Non certo la Berlino del 2006 ma quella recente dello scorso Europeo, l’eliminazione con la Svizzera, anche in quel caso l’avversario era insidioso ma non trascendentale e anche in quel caso gli Azzurri in campo non hanno messo niente. Troppe prove per non portare ad una amara conclusione: l’Italia si è persa e il rischio di un altro Mondiale sul divano è davvero concreto.

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Federico Zancan