Tonali, la Nazionale e l’importanza di un’esperienza all’estero

Sandro Tonali dice che un giorno tornerà, un giorno lo rivedremo dentro i nostri stadi ogni domenica, non solo quando c’è la Nazionale o da avversario con la maglia del Newcastle. In Inghilterra sta facendo una specie di Erasmus, come i 76 mila tra ragazzi e ragazze più o meno della sua età, 720 mila in tutto da quando esiste il programma [1987]. Chissà che cosa gli direbbe all’orecchio Alfredo, il proiezionista di Nuovo Cinema Paradiso, quell’uomo grande e grosso con la faccia di Philippe Noiret che nel film si china alla stazione vicino all’orecchio del giovane Totò e gli mormora di non tornare più, "non ci pensare mai a noi, non ti voltare, non scrivere, non ti fare fottere dalla nostalgia, dimenticaci tutti". Alfredo aveva idee più nette di noi che guardiamo le vicende del pallone e siamo confusi. Se un ventenne passa la maggior parte del tempo in panchina, diciamo che questo non è un paese per giovani, scuotiamo la testa, sospiriamo. Se quel ventenne mette la sua roba in valigia e si cerca un posto altrove, scuotiamo lo stesso la testa, sospiriamo di nuovo, e tutta la sua audacia diventa all’improvviso una colpa, non ce la spieghiamo - diamine siamo l’Italia - e non vediamo l’ora che ritorni, come in quella vecchia canzone di Peppino Di Capri: ‘sta casa aspetta a te. Negli ultimi vent’anni si sono alternati al governo ministri che hanno chiamato bamboccioni quelli rimasti a casa [Padoa-Schioppa], altri si son detti felici di veder partire i traditori [Poletti: "Bene che stiano dove sono, il Paese non ne soffrirà"], ma se non se ne vanno sono "fermi al posto fisso nella stessa città, di fianco a mamma e papà" [Cancellieri]. Insomma, ancora non si sa se ‘sti ragazzi fanno bene o male a partire o restare. Da due anni esiste un decreto legge che offre incentivi fiscali per il rientro dei cervelli, ma quando di mezzo ci sono i piedi: che si fa? A guardare la Nazionale di Rino Gattuso, si direbbe che partire non è affatto un po’ morire, casomai si rinasce, si cresce, si fiorisce. Qualche giorno fa, mentre Tonali si faceva prendere da un moto di malinconia, Paul Scholes lo ha indicato come il miglior centrocampista della Premier League. In otto delle dieci partite è stato in campo dal primo all’ultimo minuto. Quando era appena arrivato, nell’estate del 2023, prima della squalifica la Premier lo trattava come una controfigura da utilizzare per qualche spezzone nella maggior parte dei casi. Riccardo Calafiori è diventato il titolare dell’Arsenal a sinistra, ma già prima di esplodere e prendersi la scena al Bologna, era andato al Basilea a cercare minuti e fiducia in sé stesso. Federico Dimarco è stato da Inter e da Nazionale dopo essere partito a 19 anni verso il campionato svizzero. Guglielmo Vicario ha debuttato in azzurro quando ha salutato l’Empoli e si è trasferito al Tottenham per parare i tiri del fior fiore degli attaccanti in Inghilterra. La stessa cosa è successa a Destiny Udogie, chiamato in Nazionale quando ha lasciato il nostro campionato per la Premier. La prima convocazione per Matteo Gabbia è arrivata dopo aver visto come funzionavano le cose in Spagna con il Villarreal. Moise Kean non aveva mai toccato le 20 presenze all’anno in Serie A prima di fare un giro all’Everton e al PSG. Donnarumma ha vinto due volte il trofeo Yashin quando ha lasciato l’Italia. Adesso ci sta provando Jack Raspadori, volato a Madrid per completare gli studi in calciatore internazionale dopo due scudetti a Napoli come nobile riserva. Diego Coppola ha detto di sì al Brighton, e Gattuso lo ha chiamato nel suo gruppo. Se nel basket non c’è giovane che sogni di andare in NBA, se nella pallavolo due ori olimpici come Miriam Sylla e Alessia Orro stanno facendo un’esperienza speciale a Istanbul dopo Paola Egonu, forse non c’è da addolorarsi se un Wilfried Gnonto non ha ancora giocato un solo minuto in Serie A, nella scia della traiettoria di Marco Verratti. Sono partiti a studiare e fare sport nei college americani i cestisti Dame Sarr e Achille Lonati, di 19 anni. Anita Bottazzo è andata a nuotare con le stelle USA in Florida. Thomas Ceccon ha sentito il bisogno di aggiornarsi in Australia. Agli ultimi Europei di calcio la Nazionale italiana aveva solo il 12% di calciatori impiegati all’estero. La Spagna più del doppio. Eppure la Liga è anche il torneo dell’élite che offre ai suoi ventenni più minuti di tutti. "La difficoltà in Italia - ha detto una volta Luciano Spalletti da Ct - è che nessun giovane, dopo la Primavera, va a farsi un po' di carattere all'estero". Dove devi imparare una lingua, confrontarti con una cultura differente, magari essere guardato come uno straniero che toglie il posto ai giovani del luogo. Un posto insomma dove prendere consapevolezza che l’Italia è solo uno dei molti puntini sparsi per il mondo, non il suo ombelico. Così, quando torni, hai imparato che pure in Nord Macedonia crescono e in Norvegia studiano. Sempre che poi davvero torni, sempre che la voce di Alfredo non ti sia rimasta nell’orecchio alla stazione.

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Angelo Carotenuto