Paolo Di Canio "entra" negli stadi inglesi, tra emozioni e tradizione

Premier League

Appuntamento nel giorno di Natale con il "Di Canio Premier Special" per un lungo viaggio negli stadi del Regno Unito. Sabato 25 dicembre alle 14 su Sky Sport 24 e alle 21 su Sky Sport Football. Disponibile on demand

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Un calciatore e un allenatore vivono lo stadio in maniera molto differente da un tifoso. Ancor più adesso, tempi in cui - perlomeno nel Regno Unito - il tifoso arriva all’ultimo momento, o comunque prende posto poco prima del fischio d’inizio. Quante volte, nei collegamenti dallo studio prima di una diretta, vediamo tribune semideserte ancora a 15 minuti dal via? Dentro ci sono solo turisti, precisini del posto fisso o ansiosi di perdersi i primi secondi di gioco. Gli altri si affrettano dopo aver ingurgitato l’ultimo boccone o l’ultimo sorso. Allenatori e giocatori, invece, hanno visuali e trafile diverse: l’approccio è blindato, su pullman, l’ingresso è a parte, spesso da una rampa che va nel sotterraneo come nel nuovo stadio del Tottenham, e i volti che si presentano loro sono quelli di inservienti e steward che, quando sei in trasferta, possono anche non essere molto amichevoli.

È una delle prospettive che Paolo Di Canio dà nella puntata di Natale del suo Premier Special, che ha come titolo "Stadi inglesi: emozioni e tradizione", in onda oggi alle 14 su Sky Sport 24 e alle 21 su Sky Sport Football e disponibile on demand.

Di Canio

Gli impianti più belli

Un viaggio nel mondo degli impianti più belli che ci siano, come li definisce Di Canio, che del resto al Boleyn Ground, West Ham, ha giocato più partite che in qualunque altro stadio. E la descrizione del tragitto verso il luogo del cuore, dei volti delle persone, delle sensazioni all’ingresso e nel corridoio degli spogliatoi, con i suoni dei tacchetti a celebrare l’imminenza di una sinfonia agonistica, è tra i pezzi forti di una puntata in cui Di Canio racconta anche l’ostilità percepita in trasferta ma trasformata in motivazione, i luoghi iconici del calcio inglese e la nostalgia verso impianti che potevano essere scomodi per i tifosi, in quanto costruiti in economia e con sfruttamento massimo di ogni spazio, ma rappresentavano, visti dal campo, elementi di massima emozione competitiva. Alcuni, come White Hart Lane e Highbury, non ci sono più, mentre altri come Old Trafford e Goodison Park resistono, anche se nel secondo caso si tratta degli ultimi anni di utilizzo. 

La costruzione degli stadi: profitto a scapito dell'estetica

Simon Inglis, autore di fondamentali libri sull’origine, la storia e il contesto in cui sono nati gli stadi inglesi, ha fornito un importantissimo contributo alla puntata, elencando i criteri a cui dovevano obbedire i primi architetti nella realizzazione degli impianti. I primi o il primo, Archibald Leitch, lo scozzese che tra un errore e l’altro disegnò i più importanti stadi dei primi decenni del calcio inglese. Interessantissime, le parole di Inglis, perché aiutano a capire come la genesi di quegli impianti non rispondesse a criteri ideali ma molto pratici, in un Regno Unito dell’era industriale che puntava al profitto più che all’estetica. La rassegna tocca anche stadi moderni e Wembley (su cui interviene Fabio Capello), con il contributo di tifosi e dirigenti di club, sviluppandosi in una miscela di nostalgia, richiamo di grandi atmosfere e narrazione pratica, quella di chi quelle strutture ci entra per seguire partite e a volte ha una visione meno romantica e più concreta della nostra. Curioso però che due tifosi degli Spurs interpellati abbiano detto che… beh, fermiamoci qui. Altrimenti vi togliamo il gusto della sorpresa.