Il Burnley promosso in Premier traccia una nuova strada sostenibile

Non c’è stato bisogno di pregare due volte. Alla prima occasione buona, il Burnley ha prenotato un posto nella Premier League 2025/26. Un obiettivo, il cui raggiungimento è ormai considerato il più remunerativo di tutto il mondo del calcio. Non a caso, la finale playoff di Championship è per tutti ‘La partita da 100 milioni di sterline’, tanti sono gli introiti che derivano da un’eventuale vittoria per motivi commerciali e televisivi. Immaginate dunque la gioia di Burnley e Leeds che incasseranno senza neanche passare dal tormento dei playoff del campionato più lungo del mondo . Il Burnley torna dopo nemmeno un anno in Premier League suscitando la maliziosa ilarità di tutto il paese che prevede la prossima retrocessione del club scontata e con largo anticipo. In realtà in pochi mesi la squadra è cambiata profondamente. Innanzi tutto, la guida tecnica è stata assunta da Scott Parker, già promosso due volte con Fulham e Bournemouth, e successore di Vincent Kompany, l’unico vero vincitore della stagione fallimentare del Burnley della scorsa stagione, avendo assunto il ruolo di comando al Bayern Monaco. Il filo che ha legato le due stagioni e i due manager è il calcio attraente che non ha mai fatto storicamente rima con Burnley. Il club del Lancashire, nell’epoca contemporanea della Premier League, ha ottenuto i suoi risultati migliori incarnando alla perfezione il calcio di Sean Dyche, al quale è peraltro dedicato un pub a pochi yard da Turf Moor . Un calcio arcigno, spigoloso, duro. Con due torri offensive old style come Chris Wood e Ashley Barnes. Forte sulle palle inattive e letale sulle transizioni. Un calcio che ha pagato talmente tanto da regalare al Burnley la prima qualificazione europea dopo 51 anni di storia quando nell’estate del 2017 i Clarets fecero i turni preliminari di Europa League culminati con l’eliminazione contro l’Istanbul Basaksehir dopo aver superato gli scozzesi dell’Aberdeen e i greci dell’Olympiacos. La svolta del gioco è stata difficile da deglutire per i Clarets e per un ambiente molto duro. La morbidezza delle colline del Lancashire che peraltro si stagliano alle spalle di Turf Moor e sono ammirabili dal secondo anello della Main Stand, mal si sposano con una città di lavoratori, storicamente industriale, e molto meno poetica di altre. Una città dove difficilmente troverete qualcuno che ha votato contro la Brexit. Con un altissimo tasso di inglesi rispetto al resto del paese, condizionati dalla distorta e ignorante diffusa corrente di pensiero che lega la crescente povertà dei cittadini inglesi all’aumento dell’immigrazione. Un calcio che cambierà? Tornando al calcio dei Clarets, definito precedentemente come attraente c’è un altro termine che va aggiunto e sottolineato: solidità. Il Burnley ha subìto appena 15 gol in 44 partite finora giocate. È imbattuto da 31 partite e sta già costruendo le basi per la prossima stagione. Qualcuno si è domandato se l’approccio al prossimo campionato tra i grandi vedrà un accento più marcato sull’aspetto difensivo magari con un leggero cambio di rotta più adatto alle esigenze e al livello della Premier League. “Non c’è nessuna chance che questo accada” – ha risposto a BBC 5 Radio Joe Hart, che tra il 2018 e il 2020 è stato portiere del Burnley dopo la rapida e poco felice esperienza italiana al Torino. Ragionevolmente, sia Parker che il Burnley dovranno imparare dal passato. Parker necessita di affermare uno status in Premier League da accompagnare all’etichetta di ‘promotion specialist’, specialista delle promozioni. L’ultima volta al Bournemouth dominò il campionato di seconda divisione, ma durò pochi mesi l’anno seguente, esonerato dopo una sconfitta per 9-0 contro il Liverpool. Il Burnley, dal canto suo, vuole riaffermarsi come una realtà continua e scrollarsi di dosso quella condizione di ‘yo-yo club’, quelle squadre che fanno costantemente su e giù tra Premier League e Championship. La missione, sotto altri aspetti, è anche più vasta: ridare lustro alle neopromosse. L’anno scorso Luton, Burnley e Sheffield United sono tutte retrocesse immediatamente. Non era mai successo dalla nascita della Premier League dal 1992 a oggi. E la storia sta per ripetersi con la prossima aritmetica retrocessione dell’Ipswich che si aggiungerà a Southampton e Leicester. Il Burnley potrà però notare con piacere che la quota salvezza si è notevolmente abbassata, visto che la somma dei punti delle ultime tre squadre è la più bassa di sempre. Sarebbe lecito chiedersi se la forbice in Premier League stia diventando troppo larga e penalizzante per i piccoli club. Gli stipendi delle big six sono sempre più alti, i piccoli club restano piccoli club nonostante il prestigio internazionale della lega che presenziano. A tal proposito si è espresso il Chief Finance Officer del club Sasha Ryazantsev: “Una promozione in Premier League ha inevitabilmente un effetto molto positivo sulle finanze ma l’indicatore principale per intuire e prevedere la classifica è il monte ingaggi di ogni club. Nel 2024 la media degli stipendi delle tre neopromosse era cinque volte inferiore a quella delle prime tre classificate, e tre volte rispetto alle squadre di metà classifica. Questa disparità si traduce in una maggiore difficoltà per chi arriva dalla Championship e impone un’urgente necessità di trovare vie alternative per colmare questo gap”. Quello che i tifosi sperano è che non manchi l’ambizione che tradotto in termini pratici significa non vendere la stella del club, il portiere della nazionale Under 21 inglese James Trafford. Con 28 clean sheet in 43 partite giocate, ha dimostrato di essere non solo troppo superiore rispetto al livello del campionato di Championship, ma di offrire una validissima opzione per il futuro a Thomas Tuchel che ha ricominciato da Jordan Pickford pur studiando già in anticipo l’Inghilterra del dopo Mondiale 2026. Una delle tante intuizioni del Burnley degli ultimi anni, emblema di una filosofia che i Clarets sperano che paghi nel lungo termine. Far crescere dei giovani di talento e farli competere con i più grandi, evitando la strada delle cifre mostruose che ormai anche alcuni club di simile dimensione stanno imboccando. Con l’obiettivo dichiarato di vivere stabilmente la Premier League in modo sostenibile.

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Filippo Benincampi