Le origini portoghesi di Diogo Jota: una storia da film

La volontà anche prima del talento. La caparbietà di voler superare gli ostacoli a braccetto con l’amore per il football hanno portato Diogo Jota all’apice del suo sogno. Voleva fare il calciatore! Lo ha ribadito al papà quando a 10 anni insisteva per iscriverlo in piscina per un corso di nuoto. Lo ha ribadito a sé stesso quando tanti club non gli hanno spalancato le porte del loro settore giovanile. Troppi club! Tra questi anche Porto, Braga, Benfica. Nessuno si era accorto del suo talento. Troppo piccolino per il calcio moderno. “Io voglio giocare a calcio” ha continuato però a ripeterlo a sé stesso proprio in quei momenti. Ha investito speranze e non solo. Per rimanere nelle giovanili del Gondomar, con sede una decina di minuti di macchina dallo stadio ‘Do Dragao’ del Porto, fino all’u17 ha dovuto pagare al club €20 al mese. Di per sé non tanti, ma una cifra che stride con quello che è stato poi lo sviluppo della sua carriera. Dopo una stagione da 39 gol in 37 partite con l’u17 del Gondomar, una chance, finalmente, gliela offre il Paços Ferreira. Ventidue gol nell’u19 del nuovo club e il coach della prima squadra, Paulo Fonseca, lo fa debuttare nell’ottobre 2004. Percorso tortuoso e in salita, ma completato con successo. Esordio da sogno tra l’altro anche perché griffato con una doppietta, il più giovane a farlo dai tempi di Cristiano Ronaldo. Quello era letteralmente solo l’inizio. Tre gol nelle prime 10 partite e la società decide di premiarlo. La richiesta di Diogo Jota per quel bonus fu sorprendente: un corso di lingue. Abituato ad aprirsi le porte da solo e capito che apparteneva a quel mondo, non voleva precludersi la prospettiva del mercato estero. Nel frattempo si accorge di lui l’Atletico Madrid che però su di lui capitalizzerà solo economicamente e non agonisticamente. Nei Colchoneros non debutta mai. Va in prestito al Porto poi sbarca in Premier nella squadra più portoghese d’oltre manica. Al Wolverhampton cambia ruolo. Si trasforma in punta di movimento e marca la sua permanenza a Molineux con 44 gol tra cui uno straordinariamente significativo agli Armeni del Pyunik; il primo in 39 anni in Europa dei Wolves. Klopp intuisce la grande duttilità tecnico tattica di Diogo Jota e per lui, sorprendendo tanti, arriva a staccare un assegno di 41 milioni di sterline. Ad ‘Anfield’ segnerà in una notte Europea al Midtjylland il gol numero 10.000 di tutta la storia del club, ma soprattutto si trasforma ancora tatticamente. Diventa punta esterna del tridente a sinistra, ma anche, in diverse partite, punto di riferimento centrale davanti. Attenzione, non un ‘falso’ nove , ma un vero centravanti con caratteristiche di velocità. Un ‘vero’ 9 per rapacità in area di rigore, senso della porta e persino colpo di testa. Il suo grande amore. Da piccolo aveva tanto sognato sul divano di casa davanti guardando alla tv quei vecchi centravanti di stazza, muscoli e gioco aereo. Voleva fare gol così anche lui e, a dispetto di centimetri con lui tirchi, aveva sviluppato una capacità di elevazione, un timing nello stacco che gli hanno fatto segnare tanti gol anche di testa. Da bimbo, ovviamente, aveva sul letto il poster di Cristiano Ronaldo con la maglia del Portogallo e il suo romanzo personale ha voluto che il suo esordio in Nazionale, dalla panchina nel novembre 19 contro la Lituania, fosse proprio al posto di CR7. Insieme avrebbero poi vinto 2 Nations League, trofei che brillano nella sua bacheca personale assieme ai 3 conquistati ad ‘Anfield’ in maglia rossa. La Premier, l’FA Cup e la Coppa di Lega. Il tris di Coppe in Inghilterra a incorniciare una carriera finita troppo presto. A 28 anni, dopo 147 gol, tanta grinta e molti sorrisi, in una maledetta notte spagnola. Resterà nei pensieri di tanti e mai come in questo caso il marchio You’ll Never Walk Alone lo seguirà per sempre

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