Ramsdale: "I social ci stanno rovinando, ho imparato a difendermi"

Bisogna essere onesti. Quando il Newcastle, in collaborazione con la Premier League, ci ha offerto l’opportunità di intervistare Aaron Ramsdale sapevamo già che sarebbe stata un'occasione da ricordare. Fu lui stesso, nell’estate di un anno fa, a decidere di farsi vedere dal mondo sotto una lente diversa, esclusivamente umana. Se non lo avete ancora fatto, correte a leggere la sua lettera scritta tramite The Players’ Tribune, una delle più autentiche testimonianze mai emerse dal mondo del calcio. Rileggendola, chi scrive ha immediatamente desiderato di entrare in contatto con la persona, senza però incorrere nel rischio di ricalcare una traiettoria già disegnata. Per di più, alcuni temi trattati allora non possono essere stimolati da qualcun altro, devono piuttosto essere il frutto di una spontanea espressione di sé stessi. Ci siamo quindi limitati a cercare delle risposte, a indagare su come alcuni fenomeni distorti della nostra società possano essere limitati. E capire per esempio perché tutti noi, calciatori e no, siamo oggi sottoposti al costante e spietato tribunale dei social network. Quanto ci riguarda quello che gli altri dicono? Come possiamo non essere condizionati? Perché non è stato ancora fatto abbastanza per evitare gli insulti, le cosiddette “sh*tstorm” innescate da persone mascherate da nomi in codice? Quando Ramsdale firmò per l’Arsenal, nell’estate del 2022, quello che doveva essere il giorno più bello della sua carriera si trasformò in uno dei più amari. I tifosi non avevano gradito l’acquisto e si scagliarono violentemente sui social per dargli il 'benvenuto'. Ad alimentare questa corrente di odio virtuale, furono anche gli opinionisti di alcune tv inglesi che, invece di stigmatizzare, argomentarono i motivi dell’insoddisfazione popolare. Questa e altre vicende strettamente personali, che per correttezza vi invitiamo ad approfondire direttamente su The Players’ Tribune vista anche la delicatezza dei temi, hanno delineato in modo marcato la brillante personalità di Ramsdale, emersa in tutte le sue sfaccettature in questa profonda chiacchierata con Sky Sport. Com'è stato il tuo primo impatto con il mondo del Newcastle? "Mi sono fatto un giro in città per comprarmi qualche vestito nuovo e c'era una marea di maglie del Newcastle. Tantissime persone sono venute a salutarmi e a darmi il benvenuto in questo nuovo club. So quanto speciale sia il tifo qui, per questo non vedo l'ora di indossare questo simbolo sul petto" Che ambizioni avete? "Il Newcastle ha avuto un assaggio di successo la scorsa stagione, quindi giocheremo ogni competizione per vincere. Anche perché non vogliamo che tra l'ultimo e il prossimo trofeo passi tutto il tempo che hanno aspettato. I giocatori sono tutti affamati e pronti a mettere le mani su un'altra coppa. Sarà un grande anno" Ritroverai in Eddie Howe un manager con cui hai già lavorato in passato. "Ho un rapporto fantastico con Eddie Howe, non solo in campo ma anche fuori. Da quando abbiamo lasciato il Bournemouth abbiamo parlato molte volte: delle nostre famiglie, del calcio, della mia vita personale. Tornare a lavorare con lui per me è un enorme vantaggio. Sarà un privilegio far parte ancora una volta delle sue sessioni di allenamento. Mi ha insegnato tantissime cose e spero possa continuare a farlo" Qual è un tuo segreto? Il tuo modo di vedere e vivere il calcio. "Il modo in cui mi preparo sul campo di allenamento, mentalmente e fisicamente, permette a ogni altro portiere della squadra di dare il meglio. Per me se la squadra non vince, io non vinco. Non devi necessariamente essere un titolare o un giocatore che esce dalla panchina per vincere. Un club di calcio è un insieme. E tu ne fai parte tanto quanto gli altri. Se conosci il tuo ruolo e se dai tutto in allenamento, questo ti permette di essere in pace con te stesso. I portieri sono una razza diversa. Particolare. Lavoriamo tutti a stretto contatto ma solo uno gioca. Per quanto mi riguarda, per tirare fuori il meglio da me stesso, devo spingere gli altri oltre i loro limiti. Spero di esserci riuscito all'Arsenal con David Raya e spero di fare lo stesso anche qui al Newcastle" Come molti altri ho letto il tuo fantastico pezzo su The Players'Tribune, e non avrei potuto apprezzarlo di più. Penso che tu abbia aumentato la consapevolezza sulla tossicità dei social network. Credi che oggi sia più difficile essere un calciatore rispetto ai tempi in cui non erano nella mente di nessuno? E come li gestisci? "Penso che siano un'arma a doppio taglio. In passato i calciatori venivano criticati di più, a noi oggi capita in modo diverso attraverso i social media. Loro venivano colpiti duramente da allenatori e opinionisti, da gente che aveva giocato. Adesso con i social ognuno può scrivere ciò che vuole: commenti positivi, negativi, denigratori. Credo che i social stiano avendo un impatto enormemente negativo sulla società in generale, non solo sul calcio. Io ho il mio modo per combatterli: ho disabilitato i commenti su Instagram. Solo alcune persone mi possono mandare messaggi privati. Ho anche 'mutato' alcune parole, tra cui il mio nome, in modo che chi voglia provare a insultarmi taggandomi non possa farlo. Tutto questo mette una diga, per tutelarmi dai cattivi pensieri che la mia mente potrebbe fare. Mi permette di entrare sui social e trarre solo il loro lato positivo, che poi sarebbe la ragione per cui sono stati creati: rimanere in contatto con gli amici, farsi due risate, parlare con persone che vivono altrove. Io per esempio ho fatto qualche spostamento negli ultimi anni per il calcio, quindi ho modo di vedere se i miei amici e i loro figli, mogli o mariti stanno bene. Questo è il mio modo di combattere la negatività dei social" Il mondo dei social ti ha mai influenzato durante la tua carriera? "Devo dire che non ha mai avuto un effetto negativo in campo perché tutte le volte che oltrepasso la linea del terreno di gioco so bene ciò di cui sono capace. So di non essere sempre perfetto ma so anche che, specialmente nel mio ruolo, poche persone sanno di cosa parlano. Conosco le mie potenzialità e posso dire che il campo è il posto dove mi sento più al sicuro. Sicuramente avevano un'incidenza maggiore su di me quando ero più giovane, in particolare quando tornavo a casa. Poi ho trovato le contromisure e ora non sono minimamente influenzato, come persona e come calciatore. Non ci penso. I miei unici pensieri sono allenarmi, giocare e poi tornare a casa per fare il papà e il marito" Un'altra parte interessante è il modo in cui approcci i tuoi compagni di squadra. C'è una parte in cui descrivi il momento in cui l'Arsenal fallì la qualificazione alla Champions League. Alcuni giocatori, come Smith-Rowe e Saka erano molto abbattuti, forse perché vengono dall'Academy. Dal tuo racconto emerge la capacità di notare questi aspetti e di facilitare il dialogo. Vai lì e provi a farti una chiacchierata, incoraggiando le persone a esprimere i loro sentimenti. Forse è anche il senso dell'amicizia. Sei d'accordo? "È così. Noi portieri siamo forgiati dalla negatività e dagli errori che commettiamo. Alla fine dei conti la carriera nel calcio è corta e una persona, giovane o meno, raccoglierà sempre i benefici di avere qualcuno con cui parlare. Magari un amico su cui poter fare affidamento, un collega con cui condividere qualche minuto di conversazione. Potrebbe essere utile per illuminare la loro giornata. Non sappiamo mai la complessità delle storie delle persone. Per me è bello essere aperto, onesto e costruire relazioni che possano andare anche oltre il calcio" Pensi che il mondo del calcio, compresi noi media, possa fare di più per sottolineare l'importanza della salute mentale? "Assolutamente, al 100%. I media possono essere da un lato fantastici, ma sotto tanti aspetti anche molto dannosi. Possono mettere le persone su un piedistallo e orientare il modo in cui vengono percepite all'esterno, ma anche demolirle appena succede qualcosa di negativo. Penso che ci sia un modo giusto per elogiare, senza esagerare, e allo stesso tempo un modo per criticare in modo costruttivo. Penso che i media qui in Inghilterra siano migliorati molto sotto questo aspetto, soprattutto negli ultimi cinque, sei anni. Mi ritengo fortunato, perché non sono un nome enorme nel mondo del calcio, non sono una figura centrale per la Premier League. Altri sì. Per loro a volte può essere davvero dura"

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Ramsdale: "I social ci stanno rovinando, ho imparato a difendermi"

Filippo Benincampi