La nascita dell'Old Trafford che cambiò la storia del Manchester United

Una fila di casette, nella classica omogeneità di periferia, e, di fronte, un capannone. Siamo nel sobborgo di Clayton, zona orientale di Manchester, e sul muro al secondo piano di una delle residenze una targa sferica, di quelle che nel Regno Unito identificano i luoghi storici, ricorda che proprio dall’altro lato della strada, dove ora c’è il magazzino, sorgeva il Bank Street Ground, stadio del Manchester United tra 1893 e 1910. Oddio, il club era nato nel 1878 come L&Y Railway FC, dove L era Lancashire e Y era Yorkshire, poi aveva aggiunto Newton Heath per dare un’idea della località, affrancandosi nel 1885 dal legame con le ferrovie, e nel 1902, anno della trasformazione in ‘Manchester United’, sarebbe fallito, dopo una stagione disastrosa e dissesti tali che un giorno ai botteghini si presentarono ufficiali giudiziari per confiscare l’incasso, se non fosse stato per una circostanza bizzarra: a un mercatino per la raccolta fondi, un imprenditore, John Henry Davies, vide un cane San Bernardo che vagava, con un salvadanaio appeso al collare. Chiesto in giro per i banchetti di chi fosse il cane, si vide indicare un ragazzo e glielo portò, domandandogli il motivo della cassettina al collo. Quel ragazzo era Harry Stafford, il capitano dello United, che gli spiegò la situazione e chiese un contributo per la salvezza del club. Davies si convinse e andò oltre il semplice aiuto, investendo nella costruzione di una nuova tribuna per lo stadio, appunto il Bank Street Ground, che arrivò presto ad una capienza di 50.000 posti. C’era intento filantropico, certo, ma anche commerciale: Davies infatti era dirigente di un birrificio e aveva visto quali vantaggi una ditta concorrente, la Chesters, avesse avuto dal legame con il Manchester City, sorto anch’esso in quell’area. C’era un problema però, anzi più di un problema: se infatti il club si era spostato dal campo delle origini, il non lontano North Road, perché troppe partite erano condizionate dal vapore delle locomotive che andavano e venivano dai depositi i cui dipendenti avevano fondato il club, il Bank Street Ground era martoriato dal puzzo prodotto dalle ben 30 ciminiere di uno stabilimento petrolchimico adiacente, che già sorgeva al momento del trasferimento ma era nel frattempo cresciuto, rendendo l’aria molto poco salubre per i residenti in generale e per atleti in particolare. Quando poi nel 1909 lo United vinse la Coppa d’Inghilterra, portò a casa un bel gruzzoletto ma soprattutto un’esplosione di popolarità: pare che fossero in 300.000, su un numero totale di residenti che viaggiava sul milione, i tifosi ai bordi delle strade ad accogliere il convoglio che riportò a casa i vincitori dalla stazione di London Road , e 30.000 quelli sugli spalti di Bank Street per il saluto. Davies ebbe così la conferma di quello che aveva già intuito, anzi messo in pratica: conquistata una notorietà locale a prova di disagio, lo United avrebbe avuto seguito ovunque ed era dunque il momento di andare in uno stadio migliore in una zona migliore, anche se lontana da quella delle origini. Era infatti quasi cinque chilometri a sudovest del centro, quindi dalla parte opposta della crescente metropoli, all’interno del primo esempio mondiale di parco industriale, ovvero di una zona designata esclusivamente per aziende di grandi dimensioni. Quel parco si chiamava Trafford Park, dal nome della famiglia De Trafford che a fine Ottocento aveva ceduto i terreni al finanziere che aveva poi ottenuto la nuova destinazione d’uso, e lo stadio venne costruito nel giro di pochi mesi, su progetto di Archibald Leitch, il padre di alcuni degli stadi più belli delle origini. L’ubicazione tradiva sì la fondazione del club, avvenuta dal lato opposto di Manchester, ma era molto interessante: Old Trafford infatti era, ed è, affacciato sul Bridgewater Canal, a poche centinaia di metri dal Manchester Ship Canal che, completato nel 1893, aveva permesso alla città di ricevere direttamente le merci per via fluviale accorciando tempi rispetto al precedente arrivo a Liverpool. Manchester del resto è, sorprendentemente per chi la visita per la prima volta, città d’acqua, e un canale, l’Ashton Canal, passa anche vicino al luogo in cui sorgeva il Bank Street Ground. Poche centinaia di metri più a sud, tra l’altro, sorge dal 1857 l’Old Trafford originale, ovvero l’Old Trafford Cricket Ground, che dal 1864 ospita il Lancashire County Cricket Club: da oltre un secolo a pochi metri dallo stadio del cricket si fermano i tram, modernizzati nel 1992, ed è spettacolo abbastanza abituale vedere turisti che, alla loro prima visita, si aggirano smarriti attorno all’impianto del cricket, chiedendosi come mai Old Trafford sia così piccolo, impressione data anche dal fatto che il campo sia lievemente più in basso rispetto al marciapiede. Anime pie, in genere, suggeriscono ai malcapitati che l’Old Trafford che cercano è più a nord, a circa dieci minuti di cammino, e tutto si risolve, ma questa curiosità chiarisce anche il motivo per cui Davies, nel 1909, scelse questa zona: anche se siamo fuori dai confini ufficiali di Manchester, già 115 anni fa dire ‘Old Trafford’ voleva dire sport, in città. Non tutto era perfetto: dietro uno dei lati dello stadio, qualche metro più in basso della sede stradale, passava una linea ferroviaria, una delle due che tuttora percorrono i treni da e per Liverpool, e al tempo della costruzione i dirigenti dello United cercarono anzi di convincere la compagnia che gestiva il deposito adiacente a contribuire alla costruzione di una delle tribune, l’unica coperta secondo il progetto, ma la loro intraprendenza non venne premiata e la costruzione dello stadio si fermò a ‘soli’ 80.000 posti rispetto ai 100.000 previsti. Ottantamila che però erano sufficienti a dare la spinta all’affermazione dello United, in un periodo in cui il calcio inglese era soggetto a trasformazioni potenzialmente decisive e anche in zona non c’era la certezza dello status quo: è vero che parliamo di centri urbani di dimensioni minori, ma nella zona di Manchester in quel periodo prosperavano, oltre al City , il Bury e lo Stockport County, esponente della cittadina appena a sud, mentre stavano emergendo Oldham Athletic e Rochdale. A un certo punto, verso fine Ottocento, il numero di club di dimensioni medio-grandi nella zona di Manchester era tale che venne creata una competizione, la Manchester Cup, che per qualche anno fu ritenuta più importante della Coppa d’Inghilterra stessa, per via dei minori costi di trasferta e dei costanti derby che il tabellone proponeva. Era dunque uno United con enormi ambizioni e grandi mezzi, pure troppi: nel segno di una mentalità mai sopita, nacque in quel periodo il soprannome di Moneybags United, dove ‘moneybags’ sta letteralmente per ‘sacchi pieni di soldi’. Ricchi e spreconi, anche se la storia dimostra che a più riprese ci furono notevoli problemi economici che misero a rischio l’esistenza del club. Old Trafford però era davvero magnifico, all’avanguardia per i tempi: sala massaggi, palestra, bagni con vasche di grandi dimensioni - all’epoca non esistevano le docce - e persino inservienti, come fa notare il più importante esperto di stadi, Simon Inglis, nel suo favoloso ‘The football grounds of Great Britain’, che accompagnavano al posto i tifosi direttamente dall’ampia sala da the. C’era ambizione e c’era grandeur, confermata dall’assegnazione, nel 1911 e 1915, della finale di Coppa d’Inghilterra, anche se nel primo caso si trattò della ripetizione della sfida tra Bradford City e Newcastle United, finita 1-1 al Crystal Palace. Lo stadio, però, era stato inaugurato nel 1910, esattamente il 19 febbraio, dunque 115 anni fa, tondi. Lo United aveva giocato la sua ultima partita al Bank Street Ground il 22 gennaio, battendo il Tottenham 5-0, e si era poi trasferito qualche chilometro più a sudovest, pronto al debutto che fu contro il Liverpool, rivale sul piano geografico e sempre più su quello agonistico, dato che i Reds avevano vinto il campionato nel 1901 e nel 1906 mentre lo United si era affermato nel 1908 e si sarebbe ripetuto nel 1910-11. Quel giorno, davanti a 50.000 spettatori, finì 4-3 per gli ospiti, destinati a un secondo posto a -5 dall’Aston Villa, ma lo stadio superò l’esame, a detta di tutti: piacquero subito gli spazi ampi - rispetto ai parametri dell’epoca - e la visibilità buona da ogni angolo, visibilità che è rimasta anche con i successivi ampliamenti. Le tradizioni, tutte, sono il frutto ultimo di innovazioni che poco alla volta si radicano, e oggi, a 115 anni di distanza, fa sorridere ricordare le polemiche che nel 1909 accompagnarono la fuga dello United dalla sua zona di origine e la sconvolgente scelta di andare a Trafford Park, che nell’immaginario collettivo è invece la culla del club. Ci sono poi casi in cui la storia gira su sé stessa e si ritrova al punto di partenza, e avviene per il Manchester City, che scegliendo nel 2003 di trasferirsi nello stadio costruito per i Giochi del Commonwealth, ora chiamato Etihad Stadium, non ha fatto altro che tornare alle origini, dopo il clamoroso trasferimento a sud, al Maine Road da 85.000 posti, del 1923. E la cosa curiosa, affascinante, intrigante, è che se si fanno due passi dal luogo della targa citata a inizio articolo e si sbircia oltre il capannone si vede proprio, a poche centinaia di metri di distanza, l’Etihad Stadium.

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Roberto Gotta